Plusvalenze Patrimoniali: I recenti pronunciamenti dell’Agenzia sui beni immobili detenuti in leasing

Una prima precisazione di particolare importanza è quella espressa con la Risoluzione 17 dicembre 2007, n.379/E, con cui l’Agenzia prende posizione sulle modalità di verifica del triennio decorso il quale è possibile optare per la rateizzazione della plusvalenza.

In particolare, affrontando il caso di una cessione di un bene oggetto di riscatto anticipato, viene affermato che nel conteggio di detto triennio rileva non solo il periodo successivo al riscatto medesimo ma anche quello durante il quale il possesso derivava da un contratto di leasing. Anche tale documento di prassi, quindi, è coerente con l’orientamento, ormai consolidato, “di assicurare un trattamento coerente con il criterio di tendenziale equivalenza tra l’acquisizione del bene in proprio e quella effettuata con un contratto di locazione finanziaria”.
Un secondo documento ha fornito altri importanti chiarimenti: si tratta della Circolare 15 aprile 2008, n.39/E, in tema di estromissione degli immobili strumentali dall’impresa individuale. L’Agenzia, dopo aver ribadito che “il costo dei fabbricati, ai fini del calcolo delle quote di ammortamento deducibili, va assunto al netto del costo delle aree occupate dalla costruzione e di quelle che ne costituiscono pertinenza”, riconosce che “nella determinazione del valore fiscalmente riconosciuto degli stessi occorrerà tenere conto anche del valore attribuito alle aree occupate dalla costruzione in relazione alle quali non siano stati effettuati ammortamenti fiscalmente deducibili”. Tale interpretazione evita la formazione di una duplicazione di imposta sulla stessa materia imponibile, rappresentata in primo luogo dalle quote di ammortamento relative all’area e riprese a tassazione e in un secondo momento dalla plusvalenza in occasione della cessione del bene.

Viene, così, confermato quanto già espresso nella Circolare 16 febbraio 2007, n.11/E, recante “Profili interpretativi emersi nel corso di incontri con la stampa specializzata tenuti nel mese di Gennaio 2007”, nella quale, per quanto qui di interesse, l’Agenzia delle Entrate aveva precisato (punto 9.5) che “la cessione dell’area comprensiva di fabbricato genera un’unica plusvalenza (ovvero minusvalenza) pari alla differenza tra il corrispettivo pagato e il costo fiscalmente riconosciuto dell’area (non ammortizzabile) comprensiva di fabbricato”; la disciplina introdotta dall’articolo 36 del D.l. n. 223 del 2006, infatti, prevede “la necessità di effettuare lo scorporo tra il valore del terreno e quello del fabbricato solo ai fini della determinazione della quota (riferibile al fabbricato) che può essere ammortizzata e non anche ai fini della relativa plusvalenza (ovvero minusvalenza) di cessione”.
I due ultimi documenti di prassi citati portano a ritenere che, in caso di cessione di un bene immobile strumentale precedentemente detenuto in forza di un contratto di leasing, ai fini del calcolo della plusvalenza, il costo fiscalmente riconosciuto del bene sia pari alla somma delle quote capitale dei canoni non ancora scaduti, del prezzo di riscatto e delle quote dei canoni non dedotte in quanto riferite al terreno sottostante.

Le considerazioni evidenziate nella citata Circolare n.11/E/2007, da ultimo, sono state espressamente richiamate dalla Risoluzione 25 agosto 2009, n.237/E in tema di lease back. In tale documento, infatti, si afferma che, anche cedendo il bene nell’ambito di un simile contratto, si realizza “una plusvalenza fiscalmente rilevante che concorre integralmente alla formazione del reddito imponibile secondo i criteri stabiliti dall’articolo 86, comma 4, del TUIR, ossia nell’esercizio in cui è realizzata ovvero in quote costanti nell’esercizio stesso e nei successivi ma non oltre il quarto”.

Autore: Mauro Daniotti – Centro Studi CGN