Manovra di Ferragosto: la stretta sulle società non operative

La Manovra di Ferragosto è intervenuta, con l’intento di incrementare le entrate fiscali, anche sulla disciplina delle società non operative, cd. società di comodo. Gli interventi del legislatore sono stati articolati in molteplici direzioni anche se , sotto il profilo soggettivo, le novità sono state limitate nei soli confronti dei soggetti Ires.   Le società di persone sono state dunque in grado di sottrarsi alla “stretta” anche se la disciplina delle società di comodo opera, in linea generale, anche nei loro confronti.

L’incremento dell’aliquota Ires

La prima modifica ha interessato la maggiorazione dell’Ires gravante sulle società non operative (di comodo) la cui misura è stata elevata dal 27,5 per cento al 38 per cento. Tuttavia l’ambito applicativo dell’aggravio non è stato esteso alle società di persone in realtà prive della soggettività ai fini tributari.

La novità si applica al periodo d’imposta successivo a quello di approvazione del decreto, quindi nella maggior parte dei casi nel 2012. Tuttavia nella determinazione degli acconti sarà necessario applicare anticipatamente la nuova disposizione.  Non è chiaro, però, se il maggior acconto richieda un calcolo solo per la seconda rata, ovvero richieda anche un conguaglio della prima rata. Sul punto sarà necessario un chiarimento dell’Agenzia delle entrate.

L’ampliamento della nozione di società di comodo

La seconda novità riguarda la previsione di una nuova fattispecie che determina l’acquisizione dello status di società non operativa.  La nuova ipotesi che determina l’applicazione della disciplina delle società di comodo si verifica quando una società ha conseguito per tre esercizi consecutivi una perdita fiscale.  In questo caso, a partire dall’esercizio successivo, deve essere considerata ad ogni effetto come una società di comodo.  Tuttavia il successivo comma 36 – undecies prevede che lo status di società non operativa si acquisisce anche se nel triennio precedente due periodi si sono chiusi in perdita (fiscale) e uno con un utile inferiore a quello che si sarebbe determinato applicando i coefficienti di cui all’art. 30 della legge n. 724/1994.

La decorrenza è stabilita dal successivo comma 36 – duodecime il quale fa riferimento al periodo d’imposta successivo a quello di approvazione del D.L. n. 138/2011, quindi dal 2012. Tuttavia dalla relazione tecnica si comprende che il primo periodo da monitorare è costituito dal triennio 2009 – 2011 e che a partire dal 2012 si potrebbe avere il primo periodo di non operatività conseguente al triennio delle perdite consecutive.

Occorre da ultimo osservare che il legislatore non ha previsto alcun meccanismo di “uscita” agevolata dei beni immobili appartenenti alle società di comodo. Conseguentemente le imprese che intendessero dismettere una parte delle immobilizzazioni per “recuperare” lo status di società operativa saranno sottoposte al prelievo secondo le modalità ordinarie.

Ulteriori riflessioni

In realtà l’ultimo intervento normativo non rappresenta una novità assoluta. Infatti, già  prima dell’approvazione della manovra di Ferragosto, secondo quanto previsto dal D.L. n. 78/2010 (art. 24) le società che per due esercizi consecutivi dichiaravano una perdita fiscale dovevano essere considerati soggetti “pericolosi fiscalmente”.  Conseguentemente in presenza delle predette condizioni la società poteva essere inclusa all’interno di una lista selettiva.

Tuttavia l’inclusione nella lista non rispondeva ad un automatismo.  Inoltre l’eventuale accertamento del Fisco rappresentava una mera eventualità senza conseguenze dirette ed immediate sul gettito.

Ora, invece, la disciplina è mutata radicalmente e al verificarsi delle suddette condizioni la società assumerà lo status di soggetto non operativo con conseguenze dirette sia sul reddito minmo oggetto di dichiarazione, ma anche sull’aliquota Ires applicabile incrementata, come già ricordato alla misura del 38 per cento.

Deve poi considerarsi che la disposizione di cui al citato D.L. n. 78/2010 prevedeva un esimente che consentiva al soggetto interessato di sottrarsi all’inclusione nella lista selettiva. L’esimente era costituita dall’avvenuto ripianamento delle perdite da parte dei soci, ovvero dalla valutazione del compenso erogato agli amministratori.

Ora, però, la ricapitalizzazione della società, come pure il compenso erogato agli amministratori non sono in grado di generare alcun effetto e la società “conserverà” lo status di soggetto non operativo.

Ulteriori effetti si verificano, come già previsto per il passato, sul credito Iva.  Infatti la società non operativa perderà definitivamente il diritto sull’eccedenza del tributo che non potrà più ne essere utilizzato in compensazione, né potrà essere chiesto a rimborso.  Inoltre la perdita del credito riguarderà non solo l’eccedenza maturata nel triennio, quindi durante l’arco temporale che ha visto evidenziare nel modello Unico le perdite fiscali, ma anche il credito che si è formato nei precedenti periodi d’imposta allorquando la società era pienamente operativa.