Avvisi bonari impugnabili secondo la Cassazione

Iniziamo con la MASSIMA: Nonostante l’elencazione tassativa degli atti impugnati, contenuta nell’art. 19 del D.Lgs. 546/1992, il contribuente può impugnare anche atti diversi da quelli contenuti in detto elenco, purché espressione di una compiuta pretesa tributaria. Pertanto anche la comunicazione di irregolarità, ex art. 36 bis, comma 3, del D.P.R. che ha tali caratteristiche, (…) è immediatamente impugnabile (Cassazione, sentenza 7344/2012, depositata in data 11 maggio 2012).

La Corte di Cassazione, con una sentenza che non mancherà di far discutere, modificando i propri orientamenti, considera quindi impugnabile il cosiddetto avviso bonario.

I giudici del “palazzaccio”, rifacendosi a varie sentenze, relative perlopiù ad atti ritenuti impugnabili nell’ambito della fiscalità locale, hanno ritenuto possibile presentare il ricorso ogniqualvolta un atto porta nella sfera di conoscenza del contribuente una pretesa fiscale definita, “senza necessità che la stessa, ove non sia raggiunto lo scopo dello spontaneo adempimento cui è naturaliter preordinato, si vesta nella forma autoritativa di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili dall’art. 19 citato“.

Si manifesta, infatti, l’interesse alla tutela giurisdizionale nel momento in cui il contribuente ha notizia della pretesa, “dovendosi ritenere possibile una interpretazione non solo estensiva ed anche analogica delle categorie degli atti impugnabili previsti dall’art. 19 del D. lgs. 546/92“.

La posizione dell’Agenzia delle Entrate sull’argomento è contenuta nella risoluzione n. 110/E del 22 ottobre 2010.
Il documento di prassi aveva chiarito che gli avvisi bonari inviati ai contribuenti non contengono una pretesa tributaria definita, ma costituiscono un semplice invito a fornire in via preventiva, elementi chiarificatori delle anomalie riscontrate in sede di liquidazione automatizzata della dichiarazione e, dunque non producono effetti negativi immediati per il destinatario.
Si tratta di atti che, visti dal punto di vista dell’Amministrazione Finanziaria, manifestano una volontà impositiva ancora in itinere. La posizione ministeriale è in linea con le precedenti sentenze della Corte di Cassazione a sezioni unite(cfr. sentenze n. 16293 e 16428 del 2007).

Nella sentenza in esame, viene analizzato il rapporto tra avviso bonario e cartella di pagamento.
Infatti nella sentenza viene precisato (a parere di chi scrive in maniera poco chiara) che l’eventuale “emissione della cartella di pagamento integra una pretesa impositiva nuova rispetto a quella originaria che sostituisce l’atto precedente e ne provoca la caducazione d’ufficio, con la conseguente carenza di interesse delle parti nel giudizio avente per oggetto il relativo rapporto sostanziale, venendo meno l’interesse a una decisione relativa ad un atto – comunicazione di irregolarità – sulla cui base non possono essere avanzate pretese tributarie di alcun genere, dovendosi avere riguardo unicamente alla cartella di pagamento che lo ha sostituito integralmente“.

La sentenza degli ermellini non brilla per chiarezza rispetto all’impugnabilità della cartella laddove non sia stato impugnato l’avviso bonario. Sembrerebbe emergere dalla sentenza un principio in base al quale sulla medesima pretesa insistono due atti autonomi entrambi impugnabili.

La sentenza della Corte di Cassazione porta conseguenze da non sottovalutare non solo per i contribuenti e professionisti ma anche per l’amministrazione finanziaria.

La rilevanza dell’avviso quale atto che contiene “una pretesa impositiva compiuta” implica che entrambe le parti (Ufficio e contribuente) debbano muoversi secondo le regole previste in materia di contenzioso circa la presentazione del ricorso.

Al riguardo è il caso di sottolineare alcuni aspetti problematici.
1.    La data certa di ricezione dell’avviso bonario. Non sempre gli uffici spediscono l’avviso a mezzo raccomandata privilegiando la posta ordinaria. Se l’atto diventa impugnabile, l’Ufficio deve notificare la comunicazione di irregolarità per consentire al contribuente di rispettare il termine di 60 giorni dalla ricezione per presentare il reclamo/ricorso.

2.    Molto spesso gli avviso bonari contengono contestazioni relative a ravvedimenti non intercettati dal sistema informatico, codici tributo errati o casi che il contribuente riesce a risolvere non necessariamente nei 60 giorni. Il contribuente, a questo punto, dovrà cambiare strategia in quanto se in tempi brevi non riesce a far annullare l’atto, in via prudenziale, sarà costretto a presentare il reclamo/ricorso.

3.    Il rapporto tra avviso bonario e cartella di pagamento rischia di diventare un rompicapo. Se la cartella “…. costituisce ed integra una nuova pretesa tributaria …” vuol dire che la cartella non può essere considerata un atto conseguente la comunicazione (quindi da non impugnare perché è stata impugnata la comunicazione, se non vizi propri). L’effetto sarebbe di dover procedere ad impugnare entrambi gli atti con duplicazione di costi e oneri professionali.

4.    E’ il caso di ricordare che sarà necessario, a pena di inammissibilità del ricorso, avvalersi del nuovo istituto giuridico del reclamo per quelle comunicazioni di importo non superiore a euro 20.000 con conseguente intasamento della macchina del contenzioso tributario. Al riguardo è indispensabile conoscere il punto di vista dell’Agenzia delle entrate in quanto se l’Amministrazione non dovesse condividere i contenuti della sentenza de quo, il contribuente oltre a impugnare l’atto dovrà scontrarsi con l’Ufficio che riterrà la richiesta di reclamo inammissibile.

Come suggerito dai primi commentatori della sentenza in esame è opportuno che l’Agenzia intervenga in maniera tempestiva modificando il contenuto delle comunicazioni di irregolarità nel senso di richiedere al contribuente la verifica dei versamenti ex art. 36 bis, ovvero richiedere i documenti nell’ipotesi di cui all’art. 36 ter.
In questa maniera verrebbe meno la “pretesa impositiva compiuta” che secondo il dettato della Cassazione comporta l’impugnabilità dell’atto.

La Corte di Cassazione ha immaginato una sentenza volta a garantire una maggiore tutela del contribuente considerando la comunicazione di irregolarità un atto impositivo perfetto. Fate voi!
La generazione del ’68 che con Herbert Marcuse ha creduto nello slogan de “l’immaginazione al potere” ancora una volta viene sopraffatta da un pragmatico potere dell’immaginazione.

Autore: Nicolò Cipriani – Centro Studi CGN