ACE per i soggetti IRPEF: un esempio pratico

L’articolo 8 del D.M. 14 marzo 2012 che attua le disposizioni sull’Ace (Aiuto alla Crescita Economica – art. 1, D.L. 201/2011) estende il regime premiale anche alle persone fisiche e alle società in nome collettivo e in accomandita semplice in regime di contabilità ordinaria. L’obiettivo è quello di incentivare la capitalizzazione delle imprese. L’agevolazione consiste nel ridurre il reddito d’impresa di un importo idealmente corrispondente al rendimento nozionale del capitale proprio investito nell’impresa.

Per i soggetti Irpef è il caso di precisare che:

  • è l’intero patrimonio netto risultante al termine dell’anno che assume natura di entità agevolabile ai fini dell’applicazione dell’Ace, a prescindere da quale sia la variazione in aumento del capitale investito e quindi dal fatto che il patrimonio al 31 dicembre 2011 sia di vecchia ovvero di nuova formazione;
  • il riferimento operato dall’articolo 8 del decreto attuativo al “patrimonio netto risultante dal bilancio al termine di ciascun esercizio” lascia intendere che per determinare la base Ace dei soggetti in questione possa rilevare, oltre ai conferimenti e all’utile di esercizio, tutte le riserve di utili, a prescindere da questioni connesse alla “indisponibilità” delle stesse.

Rispetto alle modalità di utilizzo dell’agevolazione, la dottrina tributaria è unanime nel ritenere che la logica sottostante (che è quella di premiare le capitalizzazioni dirette e indirette delle imprese) conduca a ritenere che la deduzione spettante possa essere utilizzata solo per ridurre il reddito d’impresa imputabile alla persona fisica. Le stesse istruzioni, al riguardo, sebbene facciano riferimento in alcuni passaggi alla deducibilità dal reddito complessivo (quadro RN), affermano espressamente che l’agevolazione utilizzabile non possa essere superiore al minore importo tra il reddito complessivo e la somma dei redditi d’impresa di spettanza dell’imprenditore. L’importo del rendimento nozionale eccedente può essere riportato in avanti illimitatamente, e computato in aumento dell’importo deducibile Ace per i periodi d’imposta successivi.

Si propone un esempio.

Imprenditore individuale in contabilità ordinaria con patrimonio netto al 31.11.2011 composto dalle seguenti voci:

  • Capitale proprio:                          €           50.000
  • Riserve di utili:                              €          400.000
  • Utile d’esercizio ’11:                    €          40.000
  • Totale Patrimonio netto: €          490.000
  • Prelevamento c/utile:                €          30.000
  • Valore di riferimento:         €          460.000

L’agevolazione sarà conteggiata come segue: € 460.000 x 3% = € 13.800. Il reddito d’impresa 2011 da sottoporre a tassazione sarà decurtato della citata somma di € 13.800 da indicare nel rigo RS37, col. 10. Nell’ipotesi di un’aliquota marginale IRPEF del 38%, il risparmio d’imposta sarà pari a € 5.244 (38% di € 13.800).

Il decreto stabilisce che:

  • la quota Ace concorre alla formazione del reddito complessivo;
  • rileva ai fini della determinazione delle aliquote per gli scaglioni di reddito;
  • rileva per la determinazione delle detrazioni, per carichi di famiglia, di lavoro, per oneri e canoni di locazione.

Tale disposizione rende in buona sostanza rilevante la quota Ace ai fini della individuazione delle aliquote per scaglioni di reddito di cui all’articolo 11 del Tuir. In presenza di altri redditi imponibili, pertanto, il reddito agevolabile concorre alla formazione del primo scaglione e dei successivi fino a concorrenza del suo intero ammontare. Gli eventuali altri redditi, rispetto a quello agevolato, si aggiungono a quello agevolato ai fini della formazione degli scaglioni successivi. Parimenti, ai fini della determinazione delle detrazioni per carichi di famiglia, da lavoro, per oneri e per canoni di locazione, la quota Ace concorre alla formazione del reddito complessivo, rilevando in tutti i casi in cui la misura di tali detrazioni è correlata all’importo dei tale reddito.

Per le imprese familiari e le aziende coniugali l’importo corrispondente al rendimento nozionale che supera il reddito d’impresa è attribuito all’imprenditore e ai collaboratori familiari, ovvero al coniuge dell’azienda coniugale, in proporzione alle rispettive quote di partecipazione al reddito.

Infine, il caso dei soggetti trasparenti (snc e sas). L’importo corrispondente al rendimento nozionale della società che supera il reddito complessivo netto dichiarato è attribuito a ciascun socio in misura proporzionale alla quota di partecipazione agli utili.

I singoli soci, i collaboratori familiari e il coniuge potranno dedurre l’eccedenza ACE dai propri redditi d’impresa.

Autore:   Dott. Nicolò Cipriani – Centro Studi CGN