Valutazione delle aziende, scelta dei tassi oculata

La Legge di stabilità 2013 (art.1 comma 473 della Legge n.228 del 24.12.2012) ha reintrodotto la possibilità di rivalutare il costo fiscale di acquisto delle partecipazioni societarie detenute da persone fisiche.  Ci sarà quindi tempo fino al primo luglio per asseverare la perizia di stima e versare l’imposta sostitutiva dovuta oppure la prima rata annuale. In vista di tale scadenza, assume quindi assoluto rilievo la scelta dei tassi  di interesse per la determinazione del valore economico di un’impresa.

Nella disamina dei vari metodi applicabili alla valutazione d’azienda si rinvengono tre diverse configurazioni di tassi d’interesse, ciascuna con un proprio significato economico e, di conseguenza, con una propria espressione quantitativa:

  • tasso di attualizzazione del reddito o del cash-flow prospettico;
  • tasso di rendimento figurativo del patrimonio netto atteso dai soci;
  • tasso di attualizzazione del profitto o del sovra-reddito operativo.

La prima si riferisce al coefficiente utilizzato nei criteri reddituali e finanziari, e nel metodo misto anglosassone EVA (Economic Value Added), per retrocedere alla data di riferimento della stima il flusso economico o monetario prospettico annuale, individuato in modo analitico per un certo numero di periodi futuri o con durata illimitata.

La modalità di calcolo prevede la considerazione di due addendi: il tasso di puro interesse, coincidente con quello accordato dal mercato per investimenti privi di rischio, ed uno spread  che esprima l’incertezza propria dell’attività d’impresa e, in definitiva, del conseguimento di quei rendimenti annui stimati.

A sua volta, il margine da aggiungere al tasso per impieghi di puro riposo deve contemperare tre livelli di rischio: quello economico generale, quello precipuo del settore in cui opera l’azienda e quello specifico della singola unità produttiva in esame.

La seconda trova applicazione nel metodo della stima del valore autonomo dell’avviamento e nel ricordato metodo EVA, allorché occorre confrontare il reddito netto od operativo after tax con il rendimento figurativo atteso dei mezzi propri, nel criterio anglosassone in modo ponderato con il costo dei debiti finanziari.

Anche in questo caso la stima deve comprendere i due elementi concernenti, rispettivamente, gli investimenti privi di rischio e l’alea gravante sulla gestione dell’impresa.

Questo secondo indicatore dovrebbe attestarsi, tuttavia, su valori inferiori rispetto alla prima configurazione, in quanto il reddito d’esercizio dovrebbe remunerare sia i costi espliciti che l’onere figurativo in oggetto, denotando così una difficoltà di conseguimento superiore.

La terza configurazione viene impiegata negli stessi due metodi misti sopra ricordati per attualizzare alla data di riferimento della stima l’eccedenza, positiva o negativa, del reddito netto e del risultato operativo after tax sul rendimento figurativo dei mezzi propri o, nel metodo EVA, sul costo ponderato delle fonti di finanziamento interne ed esterne.

Tale margine rappresenta il profitto, e la sua attualizzazione esprime l’avviamento positivo (goodwill) o, se inferiore a zero, l’avviamento negativo (badwill).

Ferme restando le componenti ideali, già accennate, in cui può scomporsi l’indicatore in oggetto, secondo una consolidata interpretazione dottrinaria dovrebbe assumere un livello superiore al primo sopra esaminato, poiché il profitto rappresenta un risultato gestionale ancor più aleatorio rispetto al reddito netto.

Come indicazioni pratiche, per confermare i ragionamenti alla base del calcolo, si possono confrontare i tassi utilizzati in valutazioni economiche precedenti della stessa azienda o di unità similari, ovvero se ritenuto opportuno il riferimento borsistico conseguente alla formula: utile per azione/prezzo di listino, attinente ad imprese dello stesso settore.

Occorre poi prestare attenzione alla coerenza dei tassi di attualizzazione con i flussi prospettici nei confronti dell’inflazione, individuando in entrambi i casi valori nominali alla data di riferimento della valutazione o, viceversa, reali in quanto depurati dall’effetto della perdita di potere d’acquisto.

Con apposite simulazioni si può peraltro riscontrare l’estrema sensibilità del valore aziendale da calcolare rispetto a pur lievi variazioni del parametro utilizzato per l’attualizzazione.

Alessandro Tentoni