Agenti e rappresentanti: quando possono chiedere il rimborso IRAP?

La pratica professionale prende spunto dalle situazioni reali della clientela per creare occasioni di reciproco interesse: da un lato gli agenti e i rappresenti di commercio che pagano l’IRAP e dall’altro i professionisti che potrebbero curarne la richiesta di rimborso.

Sono passati ormai tanti anni da quando fu istituita l’IRAP (D.Lgs. 15.12.1997 n. 446), l’imposta il cui presupposto consiste “nell’esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata, diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi” ( art. 2 ).

Il punto sul quale si è discusso per molto tempo è stato quello relativo ai caratteri distintivi dell’autonoma organizzazione.

Essa si individua in un’attività svolta con un complesso coordinato di capitale, beni strumentali materiali e/o immateriali e lavoro altrui di carattere non occasionale, suscettibile di conferire al soggetto passivo dell’IRAP un cosiddetto “quid pluris”.

È quindi la capacità aggiuntiva della combinazione dei fattori sopra indicati a determinare l’assoggettamento del reddito all’IRAP.

Nel 2001, la nota sentenza della Corte Costituzionale n. 156 nel § 9.2 affermò in sostanza che l’elemento organizzativo è connaturato alla nozione stessa di impresa, per cui l’impresa (anche minima) sarebbe organizzata “per definizione”.

Gli agenti e i rappresentanti di commercio, svolgendo un’attività di impresa ai sensi dell’art. 2195 del codice civile, si trovarono dunque ad avere ben poche possibilità di spuntare positivamente un contenzioso.

Ma nel tempo si è giunti ad orientamenti differenti: infatti la sentenza a SS.UU. n. 12108 del 26/05/2009 della Corte di Cassazione (richiamata nella Circolare n. 28-E /2010 dell’Agenzia delle Entrate), ha affermato che l’esercizio dell’attività di agente di commercio di cui all’art. 1 della L. n. 204-1985 è escluso dall’applicazione dell’IRAP qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata, perché “non è la oggettiva natura dell’attività svolta ad essere alla base dell’imposta, ma il modo – autonoma organizzazione – in cui la stessa è svolta, ad essere la razionale giustificazione di una imposizione sul valore aggiunto prodotto”.

Infine, analoghe motivazioni hanno trovato espresso richiamo nelle Sentenze della Corte di Cassazione del 13.10.2010 n. 21122 – 21123 – 21124, che quindi hanno sancito definitivamente l’orientamento espresso nel 2009.

Concludendo, il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento caso per caso spetta al giudice di merito, ricorre quando il contribuente:

a)    sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse;

b)    impieghi beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui.

Costituisce onere del contribuente che chiede il rimborso dell’IRAP dare la prova che nel proprio caso non ricorrono le predette condizioni.

Dott. Rag. Giuseppina Spanò – Palermo