Mancata consegna della busta paga ai lavoratori: è reato?

Che tipo di responsabilità ha il datore di lavoro se non consegna le buste paga ai lavoratori dipendenti? Vediamo quali sono gli ultimi orientamenti della giurisprudenza.

La Corte di Cassazione con la propria Sentenza del 17 novembre 2014, n. 47241, si è pronunciata in merito alla responsabilità, a carico del datore di lavoro, attinente il reato di cui all’art. 4 della legge n. 628 del 1961, a seguito della omissione nella consegna ai funzionari dell’Ispettorato del lavoro che le avevano richieste, delle copie delle buste paga relative ai lavoratori dipendenti.

Il datore di lavoro, impugnando le sentenze di primo e secondo grado, fondava le proprie ragioni sulla considerazione che la sua condotta non si era concretizzata in un vero e proprio impedimento alla attività di vigilanza svolta dall’Ispettorato, ma solo in un intralcio di questa, punito non con la sanzione penale ma con quella amministrativa.

Prima di riportare quanto espresso dalla Suprema Corte è utile richiamare alcuni concetti.

In primo luogo quello di retribuzione, che rappresenta il corrispettivo che spetta al lavoratore dipendente per l’attività lavorativa svolta.

Ai sensi dell’art. 2094 c.c., infatti, “È prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore”. Inoltre l’art. 2099 c.c. stabilisce che “La retribuzione del prestatore di lavoro può essere stabilita a tempo o a cottimo e deve essere corrisposta nella misura determinata, con le modalità e nei termini in uso nel luogo in cui il lavoro viene eseguito”.

La retribuzione pertanto costituisce la principale obbligazione in capo al datore di lavoro e connota il rapporto di lavoro come un contratto oneroso di scambio (o a prestazioni corrispettive).

Considerato quanto sopra, sorge per il datore di lavoro l’obbligo di consegnare allo stesso lavoratore un prospetto paga (o cedolino paga), ovvero un documento in grado di mettere il lavoratore in condizione di verificare come è stato determinato il proprio compenso.

L’obbligo di rilasciare al lavoratore subordinato un cedolino paga è stato introdotto dal legislatore nel lontano 1953, con la Legge 5 gennaio 1953, n. 4. Si tratta di un testo legislativo molto breve, composto di soli 6 articoli e con finalità di natura “pubblicistica”: fornire al lavoratore uno strumento di controllo sull’operato del datore di lavoro o, più semplicemente, metterlo in grado di capire le modalità di calcolo di quanto ricevuto.

La Legge 4/1953, entrata in vigore l’11 febbraio 1953, si compone, come visto, sopra di soli 6 articoli.

L’art. 1 prevede l’obbligo di consegna all’atto della corresponsione della retribuzione di un prospetto paga contenente una serie di dati :“È fatto obbligo ai datori di lavoro di consegnare, all’atto della corresponsione della retribuzione, ai lavoratori dipendenti, con esclusione dei dirigenti, un prospetto di paga in cui devono essere indicati il nome, cognome e qualifica professionale del lavoratore, il periodo cui la retribuzione si riferisce, gli assegni familiari e tutti gli altri elementi che, comunque, compongono detta retribuzione, nonché, distintamente, le singole trattenute. Tale prospetto paga deve portare la firma, sigla o timbro del datore di lavoro o di chi ne fa le veci. Le società cooperative sono tenute alla compilazione del prospetto di paga sia per gli operai ausiliari che per i propri soci dipendenti”.

L’art. 2, stabilisce che i dati del prospetto paga devono coincidere con quelli indicati con le registrazioni nei libri paga: “Le singole annotazioni sul prospetto di paga debbono corrispondere esattamente alle registrazioni eseguite sui libri di paga, o registri equipollenti, per lo stesso periodo di tempo”.

L’art. 3, rimarca nuovamente il concetto di momento della consegna del cedolino paga, ovvero “Il prospetto di paga deve essere consegnato al lavoratore nel momento stesso in cui gli viene consegnata la retribuzione”.

L’art. 4, prevede invece i casi di esonero dell’art. 1 ovvero, alle Amministrazioni dello Stato e alle relative Aziende autonome; alle Regioni, alle Province ed ai Comuni; alle aziende agricole che impiegano nell’annata agraria mano d’opera salariata per un numero di giornate lavorative non superiore a 3000; ai privati datori di lavoro per il personale addetto esclusivamente ai servizi familiari.

L’art. 5 si occupa di reprimere eventuali comportamenti in violazione della legge, stabilendo il regime sanzionatorio: “In caso di mancata o ritardata consegna al lavoratore del prospetto di paga, di omissione o di inesattezza nelle registrazioni apposte su detto prospetto paga, sarà applicata al datore di lavoro l’ammenda da euro 125 a euro 770 per ogni lavoratore cui la contravvenzione si riferisce”.

L’art. 6 infine delega la vigilanza per l’applicazione della presente legge all’Ispettorato del Lavoro.

Stante l’interpretazione letterale della norma sembra si possa sostenere che l’obbligo di consegna del cedolino paga decorra solo al “momento della corresponsione della retribuzione intendendo, come corresponsione il momento del versamento della retribuzione e quindi l’effettivo pagamento al lavoratore.

Le normative in materia entrate in vigore nel corso degli ultimi anni non hanno risolto la questione.

L’art. 39, comma 5 del Decreto legge 25 giugno 2008, n.112 (convertito nella Legge 6 agosto 2008 n.133), introduttivo del Libro Unico del Lavoro, sostanzialmente ha previsto che “con la consegna al lavoratore di copia delle scritturazioni effettuate nel libro unico del lavoro il datore di lavoro adempie agli obblighi di cui alla legge 5 gennaio 1953, n. 4.

Il datore di lavoro ha quindi la facoltà di continuare a consegnare al lavoratore un documento autonomo rispetto al LUL (cedolino paga) o di consegnare una copia delle scritture del libro unico. Nulla si precisa in merito al versamento o meno della retribuzione e al relativo obbligo di consegna, sia del cedolino paga vero e proprio che di copia delle scritture del LUL.

Sull’argomento è intervenuto il Ministero del Lavoro con la risposta di interpello del Ministero del Lavoro dell’11 febbraio 2008, n. 1 chiarendo che “il quesito posto risulta pertinente e di particolare attualità. In linea di principio non si ravvisano motivi ostativi all’invio del prospetto di paga con posta elettronica, se si considera la prassi generalizzata dell’accredito diretto dello stipendio in conto corrente bancario e la notevole diffusione delle conoscenze informatiche, purché vi sia la prova legale dell’effettiva consegna prospetto di paga al lavoratore alla scadenza prevista per il pagamento della retribuzione.”

Lo stesso Ministero è intervenuto nuovamente nel 2011 (Circolare n.23 del 30 agosto 2011) in materia di elaborazione e consegna del prospetto paga di cui alla L. 4/1953 ribadendo l’applicabilità del regime sanzionatorio sia nell’ipotesi in cui il datore di lavoro utilizzi il LUL per adempiere agli obblighi di cui alla L. 4/1953, sia quando ciò non avvenga.

Tenuto conto delle considerazioni sopra esposte, la Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile.

Difatti, nel rigetto dell’istanza veniva specificato che la legge n. 628 del 1961 all’ultimo comma del suo art. 4, punisce “coloro che, legalmente richiesti dall’Ispettorato di fornire notizie a norma del presente articolo, non le forniscano o le diano scientemente errate od incomplete“.

Si tratta – secondo quanto chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte – delle richieste di notizie concernenti violazioni delle leggi sui rapporti di lavoro, sulle assicurazioni sociali, sulla prevenzione e l’igiene del lavoro, che assumono valore strumentale rispetto alla funzione istituzionale di controllo esercitata dall’Ispettorato del lavoro.

Trattandosi di reato formale, che si può realizzare sia in forma omissiva attraverso la sola mancata risposta alla richiesta dell’ispettorato del lavoro di fornire le informazioni in questione, sia in forma commissiva fornendole in maniera consapevole false o incomplete, non può trovare alcun sostegno la tesi affermata dal ricorrente secondo la quale dovrebbe distinguersi fra mero intralcio all’operato dell’Ispettorato, sanzionato solo amministrativamente, ed impedimento di tale operato, a seguito del quale scatterebbe la rilevanza penale della condotta.

Francesco Geria – Centro Studi CGN