Come redigo l’inventario? Note pratiche facili e veloci

Fra gli obblighi che devono essere assolti entro la fine dell’esercizio rientra certamente la redazione dell’inventario la cui elaborazione, scarsamente supportata da elementi normativi, viene spesso lasciata alla consuetudine, oltre che alla diligenza e alla professionalità del contribuente e del consulente, e ad una buona dose di “buon senso”.

Infatti è opportuno evidenziare che:

– non è previsto un formato standardizzato e univoco.

Si consiglia, come base di partenza, di “esplodere” fino al livello dei singoli sottoconti una situazione contabile predisposta in forma scalare, ovviamente limitata alle sole componenti patrimoniali. Probabilmente, l’indicazione aggiuntiva del codice del sottoconto stesso può essere considerata opportuna in quanto può agevolare la consultazione del libro giornale o delle schede conto;

– non viene specificato il livello di dettaglio minimo delle attività e della passività.

Appare certamente opportuno analizzare, anche avvalendosi di una semplice tabella, incorporata nella struttura dell’inventario, con formato “Descrizione” e “Importo”, quantomeno le voci residuali, tipo “Altri crediti diversi” o “Altri debiti finanziari”, che generalmente sono quelle all’interno delle quali si possono celare registrazioni contabili relative a fattispecie potenzialmente “ambigue” e su cui, pertanto, si può concentrare l’attenzione di un verificatore;

– non è chiaro, specie con riferimento ad alcune voci, se sia necessaria l’indicazione dell’esatta composizione del saldo di fine anno o se sia invece più opportuna l’evidenza delle movimentazioni intervenute nel corso dell’esercizio.

Si pensi all’esempio del fondo TFR: si ritiene, in questo caso, che il dettaglio dell’elenco dei dipendenti, con l’indicazione per ognuno della propria parte di liquidazione maturata, sia maggiormente significativo rispetto all’indicazione, pur nella prassi molto utilizzata, dei movimenti sintetici sul fondo stesso (saldo iniziale, decrementi per dimissioni, incrementi per accantonamenti, saldo finale), in quanto tale indicazione è già stata fornita in nota integrativa in ossequio al disposto dell’art. 2427 C.C., numero 4);

– nulla viene specificato dalla norma con riferimento alle voci che, nella prassi di studio, appaiono come le più critiche nella redazione dell’inventario, ovvero il dettaglio dei beni strumentali e del magazzino.

Con riferimento ai cespiti, un comportamento ampiamente diffuso consiste nel dare evidenza delle movimentazioni intervenute nell’esercizio (saldo iniziale, incrementi per acquisti, decrementi per cessioni, saldo finale). Riscontriamo, altresì, che in molti casi viene indicato un semplice rimando (con una dicitura del tipo “Vedi registro beni strumentali”), per evitare una inutile duplicazione di informazioni. Appare invece molto poco frequente l’indicazione di dettaglio dei singoli cespiti in possesso alla data di chiusura dell’esercizio.

Per quanto riguarda l’inventario di magazzino, generalmente si tratta di un allegato redatto direttamente dall’imprenditore e conservato presso lo stesso, e che quindi non viene inglobato nella struttura dell’inventario. In ogni caso, nella redazione di tale allegato appare opportuno evidenziare, per ogni articolo, la descrizione, l’unità di misura, la quantità, il costo unitario e quindi il costo complessivo, oltre all’indicazione del criterio utilizzato nella valutazione delle rimanenze. Si ricorda, infatti, che la mancanza di tale dato (in inventario o nella nota integrativa) costituisce una grave irregolarità che comporta l’inattendibilità della contabilità ordinaria (art.1, lett. d), DPR 570/1996.

L’unico aspetto formale disciplinato normativamente è l’inclusione del bilancio, completo di nota integrativa ed eventuale relazione sulla gestione o dei soggetti incaricati alla revisione legale e al controllo contabile. Per i soggetti che non sono tenuti al deposito del bilancio, è necessaria quindi la redazione di un rendiconto, che ricalca completamente, nella struttura e nelle valutazioni, il bilancio delle società di capitali, evidentemente con solo riferimento al prospetto contabile.

Mauro Daniotti – Centro Studi CGN