Spese veterinarie: basta lo scontrino parlante per portarle in detrazione

È possibile detrarre le spese relative all’acquisto di farmaci veterinari anche senza la prescrizione medica, purché le stesse siano certificate da scontrino parlante. A chiarirlo è stata l’Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione n. 24 del 27 febbraio 2017.

Si ricorda che le spese veterinarie sostenute per l’acquisto di farmaci e per le cure dei propri animali domestici sono detraibili in dichiarazione dei redditi entro certi limiti e a certe condizioni. In particolare, danno diritto alla detrazione d’imposta del 19% (nel limite massimo di euro 387,34), le spese veterinarie sostenute per la cura di animali legalmente detenuti a scopo di compagnia o per pratica sportiva e la detrazione viene calcolata esclusivamente sulla parte che eccede l’importo di euro 129,11.

La Risoluzione n. 24 in commento é intervenuta specificando che non è necessario conservare la prescrizione medica ai fini della detrazione, essendo sufficiente lo scontrino “parlante”, riportante il codice fiscale del soggetto destinatario e la natura e la quantità dei medicinali acquistati. E non rileva neppure il luogo in cui sono stati acquistati i medicinali, essendo agevolabili anche quelli venduti da strutture diverse dalle farmacie, purché autorizzate dal Ministero della salute. Al fine di attestare la natura di farmaco, occorre fare riferimento al codice di autorizzazione in commercio (AIC) del farmaco stesso.

In sintesi, le spese veterinarie che danno diritto alla detrazione sono le seguenti:

  • le prestazioni professionali rese dal veterinario;
  • l’acquisto di medicinali veterinari prescritti dal veterinario;
  • le analisi di laboratorio e gli interventi presso le cliniche veterinarie.

Non spetta la detrazione per gli animali tenuti nell’esercizio di attività commerciali o agricole o destinati alla riproduzione o consumo alimentare e non sono inseribili in dichiarazione dei redditi le spese sostenute per i mangimi speciali per animali da compagnia, in quanto prodotti dell’area alimentare non considerabili farmaci.

Giovanni Fanni – Centro Studi CGN
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