Vietato dire “pagare le tasse”

Quale linguaggio dovrebbero usare coloro che offrono assistenza fiscale nei confronti dei loro utenti? Quali termini vergono compresi e quali invece sono quelli da evitare? Quali sono i canali più adatti ai diversi target? A queste e altre domande ha risposto una recente ricerca svolta dall’Università Cattolica del Sacro Cuore per conto della Consulta Nazionale dei Caf che ha evidenziato anche come i Centri di Assistenza Fiscale abbiano saputo conquistare negli anni la fiducia degli italiani.

“Il Linguaggio delle Tasse”, così s’intitola la ricerca, ha indagato su base nazionale sul rapporto tra gli operatori che offrono servizi di assistenza fiscale e i contribuenti e ha evidenziato, in particolare, come vengano percepiti alcuni termini che fanno parte del lessico quotidiano di questo rapporto. Per cui ora sappiamo che parole come “bonus”, “celerità” e “accesso alle prestazioni sociali” sono termini comprensibili e connotati positivamente ma da utilizzare con prudenza per non generare false aspettative.

Se invece parlate di “legalità”, “IRPEF”, “equità” e “visto di conformità” sappiate che i vostri utenti li percepiscono come termini astratti e li vivono in modo problematico. Potete invece utilizzare serenamente “rimborsi” (ndr, vorrei ben vedere!), “CAF”, “ISEE” e “dichiarazione dei redditi”: sono ormai termini di dominio pubblico e hanno una connotazione positiva. Così come piace al contribuente un Caf che offre “competenza”, “vicinanza” e “assistenza”, ed evidentemente lo dice. Ma, cosa fondamentale, sappiate che nel parlare di tasse ci sono anche dei tabù, o meglio dei termini che sono ancora oggi poco comprensibili o percepiti molto negativamente, tra questi: “semplificazione”, “sussidiarietà”, “entrate dello Stato”…e ovviamente “pagare le tasse”!

È sempre la ricerca dell’OssCom della Cattolica a dirci inoltre che gli utenti fanno riferimento ad un’ampia serie di fonti d’informazione prima di rivolgersi ai Caf e queste fonti sono diverse per tipologia di utente. I pensionati ad esempio, affezionati a televisione, radio e stampa, hanno una certa dipendenza dall’agenda dei media più che da quella del fisco; il web viene navigato soprattutto dai “giovani anziani” del Nord che hanno disponibilità di tempo ma non sempre le competenze digitali adeguate. I giovani e i lavoratori dipendenti sfruttano Google e i siti istituzionali e si rivolgono al Caf fondamentalmente per la verifica delle informazioni. Gli stranieri invece si affidano al passaparola tra connazionali e questo crea gran parte degli equivoci di cui gli operatori sono spettatori quotidianamente.

Se internet e social network sono sempre più necessari e funzionali ad informare preventivamente il pubblico orientandolo, la comunicazione diretta di lettere, email ed sms viene utilizzata sia in fase preliminare per le scadenze sia in fase successiva per fidelizzarlo; il materiale stampa (brochure e volantini) viene utilizzato prevalentemente in sede/studio e quindi con la funzione di orientare ai vari servizi Caf e non per conquistare nuovo pubblico. Il passaparola rimane ancora il canale più efficace quindi è bene tenerne conto perché saranno i contribuenti soddisfatti per il servizio avuto ad innalzare la reputazione e la fiducia nei confronti di quel Caf.

La buona notizia quindi per tutti coloro che offrono assistenza fiscale è che gli italiani conoscono, apprezzano e si fidano dei CAF perché ricevono competenza, assistenza, tutela e sono vicini ai cittadini

Tutto ciò, però, a patto che non gli diciate di “pagare le tasse”!

Valentina Cigolot – Responsabile relazioni esterne CAF CGN