I piani individuali di risparmio e la loro tassazione

L’ultima legge di stabilità ha introdotto i piani individuali di risparmio, forme di investimento a medio termine, che hanno l’obiettivo di indirizzare i risparmi delle famiglie verso le imprese italiane. Come funzionano? E qual è la loro tassazione?

Cosa sono i piani individuali di risparmio?

Il piano individuale di risparmio non è altro che un contenitore di strumenti finanziari che permette al sottoscrittore del piano di essere esentato dalla tassazione sui capital gain, a condizione che l’investimento abbia una durata minima di cinque anni e non superi l’importo di 30 mila euro annui per un investimento totale massimo di 150 mila euro.

Caratteristica principale di un piano individuale di risparmio è l’obbligo di investire almeno il 70% del capitale in aziende italiane o in imprese domiciliate all’interno dello spazio economico europeo che abbiano stabile organizzazione nel nostro Paese.

Il 30% di questo 70% (e cioè il 21% del totale) deve invece essere investito in strumenti finanziari emessi da imprese non appartenenti all’indice Ftse Mib della Borsa Italiana o indici equivalenti degli altri Paesi.

Se la società in cui si è investito trasferisce la sua sede sociale (o la sua stabile organizzazione) fuori dall’Italia, l’agevolazione fiscale non si perde. In questa fattispecie, infatti, vale il principio secondo cui il requisito territoriale va considerato nel momento in cui il PIR viene sottoscritto.

A chi sono rivolti i piani individuali di risparmio?

I piani individuali di risparmio sono rivolti esclusivamente alle persone fisiche (un PIR non può essere sottoscritto da un’azienda). Inoltre, i PIR non possono essere cointestati e si può sottoscrivere un solo PIR a testa nella vita.

Quali sono i vantaggi fiscali del piano individuale di risparmio?

I redditi da capitale e i rendimenti saranno esentati da imposte qualora l’investimento nel piano individuale di risparmio venga mantenuto per più di 5 anni, con la possibilità di continuare a investire anche oltre questo orizzonte temporale. In caso di ritiro del capitale entro il quinquennio, il PIR sconterebbe la normale aliquota del 26% sulle plusvalenze.

In caso di trasferimento mortis causa degli strumenti finanziari detenuti nel piano individuale di risparmio, è previsto anche un altro grande vantaggio fiscale: la totale esenzione dall’imposta di successione.

Quale convenienza?

Quando si sottoscrive un piano individuale di risparmio, occorre prestare particolare attenzione alle commissioni e ai costi di gestione. Gli oneri bancari e i diritti fissi per la gestione di un PIR possono arrivare anche al 4% annuo, con la conseguenza che per rendere, un PIR dovrebbe garantire un guadagno di almeno un 5% annuo per essere davvero conveniente.

Inoltre, il vincolo dei cinque anni rende i piani individuali di risparmio adatti solo a chi può contare su altre risorse liquide in caso di necessità. Solo i risparmiatori con una buona disponibilità liquida potrebbero permettersi di investire nei PIR.

In alternativa, anziché sottoscrivere un PIR già “confezionato” da una società di gestione del risparmio, è possibile farsi da soli il proprio piano individuale di risparmio. La normativa infatti consente di aprire un conto PIR direttamente con il deposito titoli della propria banca (il dossier che il proprio istituto bancario o l’intermediario mette a disposizione per gli investimenti) senza la necessità di rivolgersi ad un intermediario finanziario.

Antonino Salvaggio – Centro Studi CGN

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