Locazioni brevi: gli aspetti principali e i casi dubbi

Cedolare secca del 21 per cento sulle locazioni brevi, nomina di un rappresentante fiscale per Booking.com e Airbnb in mancanza di stabile organizzazione in Italia, modifica della disciplina della riscossione della tassa di soggiorno. Vediamo le principali novità e gli aspetti peculiari che la legge di conversione del D.L. n. 50/2017 ha apportato alla disciplina delle locazioni brevi.

Attività imprenditoriale/non imprenditoriale

L’art. 4, comma 1, D.L. n. 50/2017 ricomprende nella locazione breve i contratti di locazione di immobili a uso abitativo “inclusi quelli che prevedono la prestazione dei servizi di fornitura di biancheria e di pulizia dei locali”.

In altri termini, in base al suddetto comma 1, il contratto che, oltre alla mera locazione dei locali, preveda in favore del conduttore servizi di pulizia o di fornitura di biancheria, potrà comunque essere annoverato tra quelli di locazione (quindi, non di servizi). Il novellato orientamento, tuttavia, non spiega:

  • se possa essere ricompreso nell’alveo della mera locazione quel contratto che preveda anche la fornitura di altri servizi come il vitto, il trasporto da e per l’aeroporto, etc. considerato che tali prestazioni (al pari di pulizia e biancheria) si configurano come servizi aggiuntivi. In merito, si ricorda che, con la risoluzione ministeriale n. 9/1916 del 31 dicembre 1986, il Ministero aveva individuato nella fornitura di servizi accessori il criterio adatto a qualificare la natura commerciale (o meno) dell’attività in esame. Nella risoluzione, infatti viene precisato che “la fornitura, anche abituale, di appartamenti ammobiliati verso un determinato corrispettivo, non accompagnata dalla prestazione di servizi accessori, non è idonea a integrare gli estremi necessari per la configurabilità di un’attività imprenditoriale”. In pratica, secondo l’Amministrazione finanziaria, nel caso in cui vengano erogati servizi che esulano dalla mera locazione (quali ad esempio la consegna e il rinnovo della biancheria o il riassetto del locale), l’attività in essere sarà produttiva di redditi d’impresa (ai sensi dell’art. 55 del TUIR) se svolta in modo abituale o di redditi diversi (disciplinati dall’art. 67, comma 1, lett. i) del TUIR) se svolta in maniera occasionale. In senso conforme all’orientamento sopra descritto si ricorda anche la sentenza del 11/01/2005 n. 212 della Com. Trib. Reg. per la Sardegna secondo la cui massima “Sono soggetti ad IVA i corrispettivi dei residence vacanze, in quanto la loro attività è inquadrabile come turistico alberghiera sostanziandosi nella prestazione di una molteplicità di servizi a favore della clientela (pulizia dei locali, fornitura della biancheria, energia elettrica senza limiti di consumo, servizio di portierato ecc.) ed esulando, in tal modo, dal semplice rapporto di locazione di immobili, seppure arredati”;
  • se e in che misura tali servizi siano idonei a qualificare o meno un’attività imprenditoriale. In altri termini, non è chiaro se e al raggiungimento di quale importo le prestazioni aggiuntive possano essere considerate preponderanti rispetto alla mera locazione, tali da farle rientrare nella casistica dei contratti stipulati nell’esercizio d’impresa.

In merito alle due controverse questioni sopra esposte, ai fini dell’applicazione del nuovo regime fiscale delle locazioni brevi, in sede di conversione del decreto, è stato introdotto il comma 3-bis che demanda a un regolamento del Ministero dell’economia e delle finanze la possibilità di circoscrivere, “i criteri in base ai quali l’attività di locazione (oggetto dello speciale regime) si presume svolta in forma imprenditoriale”, in coerenza con le disposizioni previste dall’art. 2082 del codice civile (che definisce la nozione di imprenditore) e di quelle che rilevano ai fini dell’applicazione delle imposte sui redditi di cui al D.P.R. n. 917/1986, (TUIR), anche con riguardo al numero degli immobili locati e alla durata delle locazioni nell’anno solare.

Sublocazione

L’art. 4, comma 3 del D.L. n. 50/2017 prevede l’applicazione del regime opzionale della cedolare secca “anche ai corrispettivi lordi derivanti dai contratti di sublocazione e dai contratti a titolo oneroso conclusi dal comodatario aventi ad oggetto il godimento dell’immobile a favore di terzi, stipulati alle condizioni di cui al comma 1”.

Il dettato letterale della disciplina in esame lascia due perplessità: innanzitutto, la locuzione “corrispettivi lordi” sembra includere nei redditi derivanti da sublocazione e da contratto del comodatario anche i rimborsi delle spese sostenute dal locatore; si evidenzia che, nelle locazioni tipiche, la base imponibile non comprende il rimborso documentato delle citate spese e, pertanto, è necessario un chiarimento in merito.

Da ultimo, va detto che l’applicazione della cedolare alla sublocazione presenta quantomeno il carattere dell’originalità rispetto alla consolidata normativa; non si può non ricordare, infatti, che i redditi derivanti da tali tipologie di contratti rientrano nei redditi diversi e sono pertanto esclusi dall’applicabilità del regime della cedolare secca.

Momento di effettuazione della ritenuta

La legge di conversione del decreto in esame, modificando la disposizione contenuta nel comma 5, ha previsto che i soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, anche attraverso la gestione di portali on line, qualora intervengano nel pagamento dei canoni o corrispettivi, operano la ritenuta del 21 per cento non più, come nel testo del decreto-legge, “all’atto dell’incasso” ma all’atto del pagamento del beneficiario.

Stabile organizzazione in Italia

In merito al tema della stabile organizzazione in Italia, la legge di conversione del decreto n. 50/2017 al comma 5-bis prevede che gli intermediari non residenti in possesso di una stabile organizzazione in Italia adempiono all’obbligo di ritenuta d’acconto tramite la stabile organizzazione.

Pertanto, i soggetti privi di stabile organizzazione in Italia, dovendo comunque assolvere all’adempimento del suddetto obbligo, possono nominare un rappresentante fiscale tra i soggetti che operano la ritenuta sui redditi di lavoro dipendente, ai sensi dell’articolo 23 del D.P.R. n. 600 del 1973.

Imposta di soggiorno

Il comma 5-ter, inoltre, stabilisce che il soggetto che incassa il canone ovvero che interviene nel suo pagamento è responsabile del pagamento dell’imposta di soggiorno e del contributo di soggiorno, nonché degli ulteriori adempimenti previsti dalla legge e dal regolamento comunale.

Ai fini di cui sopra, inoltre, va ricordato che il comma 7 del decreto in esame, dal 2017, autorizza i comuni a “istituire o rimodulare l’imposta di soggiorno e del contributo di soggiorno”, in deroga alla disposizione prevista dalla legge di stabilità 2016 (articolo 1, comma 26 della legge n. 208 del 2015) che sospendeva, per gli anni 2016 e 2017, l’efficacia delle deliberazioni comunali dirette ad aumentare i tributi e le addizionali locali, rispetto ai livelli di aliquote o tariffe applicabili per l’anno 2015.

Massimo D’Amico – Centro Studi CGN