Antiriciclaggio: sanzioni ridotte sugli assegni non trasferibili

Grazie alla novità introdotta in sede di conversione del D.L. n. 119/2018, sarà possibile ottenere la riduzione della sanzione al minimo e cioè il 10% sull’importo trasferito in violazione dei limiti.

Il D.Lgs. n. 231/2007 (c.d. Antiriciclaggio) contiene anche le norme che limitano l’uso del contante e degli importi degli assegni emessi al portatore.

Specificatamente è l’art. 49 che se ne occupa e, nei commi 5 e seguenti, detta le condizioni per non incorrere in violazioni.

La regola generale vuole che gli assegni bancari o postali vengano emessi con l’indicazione del nome o ragione sociale del beneficiario e la clausola di non trasferibilità.

È possibile però rilasciare assegni anche “trasferibili”, ma a determinate condizioni.

A prescindere dal fatto che ogni assegno bancario o postale rilasciato in forma libera ha un costo a titolo di imposta di bollo di € 1,50 euro, il rilascio di assegni “trasferibili” è possibile solo per importi inferiori a € 1.000.

Questa regola prescinde dal motivo per il quale l’assegno è emesso e quindi la violazione si realizza anche se si tratta di una regalia o di motivi diversi da una transazione commerciale.

Ancora, si incorre in sanzioni anche se le parti sono parenti tra loro, in quanto la regola non contempla alcuna eccezione.

A partire dalla somma di € 1.000, tutti gli assegni devono portare la clausola di “non trasferibilità”.

La novità portata dall’art. 9-bis dalla Legge di conversione del D.L. n.119-2018 consiste in una forte riduzione della sanzione applicabile alle violazioni relative agli assegni emessi in violazione, per importi inferiori a € 30.000.

In questi casi, l’entità della sanzione minima è pari al 10% dell’importo trasferito in violazione.

Fin qui tutto bene, ma si deve tenere presente che la riduzione della sanzione si applica qualora ricorrano le circostanze di minore gravità della violazione, accertate ai sensi dell’articolo 67 del D.Lgs. n. 231-2007.

Quindi, la riduzione non opera automaticamente perchè il MEF, tenuto conto se il destinatario della sanzione è una persona fisica o giuridica, dovrà considerare:

a) la gravità e durata della violazione;

b) il grado di responsabilità della persona fisica o giuridica;

c) la capacità finanziaria della persona fisica o giuridica responsabile;

d) l’entità del vantaggio ottenuto o delle perdite evitate per effetto della violazione, nella misura in cui siano determinabili;

e) l’entità del pregiudizio cagionato a terzi per effetto della violazione, nella misura in cui sia determinabile;

f) il livello di cooperazione del soggetto, con le Autorità preposte (MEF-UIF-Nucleo speciale di Polizia valutaria – Guardia di Finanza);

g) l’adozione di adeguate procedure di valutazione e mitigazione del rischio di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo, commisurate alla natura dell’attività svolta e alle dimensioni dei soggetti obbligati alla normativa antiriciclaggio;

h) le precedenti violazioni delle disposizioni in materia nelle quali è eventualmente già incorso il soggetto.

Ecco pertanto che tutte le circostanze di cui sopra influiranno nella determinazione della mitigazione della sanzione amministrativa pecuniaria, che, lo ricordiamo, ai sensi dell’art.63 del D.Lgs. n. 231-2007 si applica nella misura “base” da € 3.000 a € 50.000.

Infine, è bene sapere che la disposizione dell’art. 9-bis citato, è applicabile a tutti i procedimenti amministrativi in corso alla data di entrata in vigore della disposizione normativa (19 dicembre 2018).

Dott. Rag. Giuseppina Spanò – Palermo