Periodo di comporto per soggetti disabili

Il periodo di comporto è il periodo di conservazione del posto di lavoro cui ha diritto il lavoratore in caso di malattia.
La durata del periodo di comporto e il regime di calcolo sono determinati dalle previsioni del contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro.
Esistono, infatti, tre diverse tipologie di comporto:

  • comporto secco: computato come numero massimo di giorni consecutivi di assenza per malattia, con riferimento ad un unico evento;
  • comporto per sommatoria: computato come somma del numero massimo di giorni di assenza per malattia in un determinato arco di tempo, con riferimento quindi a più eventi di malattia in un arco temporale definito;
  • comporto misto: computato come numero di giorni consecutivi per un unico evento di malattia e come somma di più eventi di malattia considerati in un determinato periodo.

Superato il periodo di comporto, il datore di lavoro può decidere di licenziare il lavoratore.
Alcuni contratti collettivi prevedono la possibilità per il dipendente di chiedere, prima del termine del comporto o al termine dello stesso, un periodo di aspettativa non retribuita, oppure un periodo di ferie.
È necessario porre particolare attenzione alle ipotesi in cui il lavoratore assente per malattia, che abbia superato il periodo di comporto, presenti una disabilità.
Infatti, in tali casi, qualora il contratto collettivo non preveda una particolare disposizione per i lavoratori affetti da disabilità, il datore di lavoro potrebbe trovarsi in difficoltà nell’effettuare un licenziamento, con riferimento al profilo della sua legittimità o meno.
L’assenza per malattia del lavoratore potrebbe, infatti, essere riconducibile proprio alla disabilità del dipendente. Oltre alla legittimità o meno del licenziamento si pone anche la questione della conoscibilità da parte del datore di lavoro della causa dell’assenza del dipendente, dato di natura sensibile.

Con Ordinanza del 07 gennaio 2025, n. 170, la Corte di Cassazione ha affermato che la conoscenza dello stato di disabilità del dipendente da parte del datore di lavoro fa sorgere in capo a quest’ultimo l’onere di acquisire tutte le informazioni relative all’eventualità che le assenze siano legate allo stato di disabilità, prima di procedere con il suo licenziamento per superamento del periodo di comporto.
Nell’Ordinanza, la Cassazione rileva che l’applicazione dell’ordinario periodo di comporto previsto per il lavoratore non disabile al dipendente che si trovi in condizione di disabilità secondo il diritto dell’Unione Europea costituisce discriminazione indiretta.
La mancata considerazione dei rischi di maggiore fragilità dei lavoratori disabili rispetto ai colleghi non disabili trasforma il criterio del computo dello stesso periodo di comporto in una prassi discriminatoria nei confronti della particolare categoria protetta, in quanto in posizione svantaggiata.
La Cassazione aveva poi auspicato l’introduzione di una disciplina ad hoc in materia di comporto per lavoratori disabili, evitando, così, l’equiparazione del comporto di lavoratori portatori di handicap e non.

Anche la Corte di Giustizia Europea si è espressa recentemente in materia, con Sentenza dell’11 settembre 2025, C-5/24.
Tuttavia, nel caso in esame, la Corte di Giustizia ha ritenuto ammissibile e non discriminatoria la previsione di un contratto collettivo nazionale che prevede la conservazione del posto di lavoro per malattia per 180 giorni, a cui può aggiungersi – su richiesta del lavoratore – un periodo di aspettativa non rinnovabile di 120 giorni. La previsione si ritiene applicabile a tutti i lavoratori, ma la Corte si Giustizia europea sottolinea che ciò non può esimere il datore di lavoro dall’adottare soluzioni ragionevoli – senza che ciò costituisca un onere eccessivo per il datore – che consentano il mantenimento occupazionale del lavoratore con handicap.

Tale valutazione di congruità viene, dunque, rimessa al Giudice. Spetterà, pertanto, al Giudice stesso stabilire se, in mancanza di specifiche previsioni contrattuali, il datore di lavoro ha adottato i cosiddetti accomodamenti ragionevoli nei confronti di lavoratori affetti da disabilità ovvero se la mancata adozione di tali misure è giustificata dall’eccessivo o sproporzionato onere posto in capo al datore stesso, soggetto obbligato.
Infine, la Corte Europea chiarisce che la concessione dell’aspettativa non è accomodamento ragionevole se applicato indistintamente a tutti i lavoratori e, di conseguenza, a prescindere dalla condizione di disabilità.
L’applicazione di un periodo di comporto prolungato dovrà risultare da una valutazione specifica della disabilità da parte del datore di lavoro.

Riferimenti normativi e di prassi:

 

 

 

Francesco Geria – LaborTre Studio Associato