Dichiarazioni tardive, omesse e infedeli: il quadro delle sanzioni

Al termine della stagione dei dichiarativi per l’anno d’imposta 2024 si pone la questione dei rimedi in caso di tardività, omissione e infedeltà. Il tema è particolarmente interessante alla luce della riforma (ex D. Lgs. 87/2024) che ha modificato il quadro delle sanzioni tributarie a partire dal 1° settembre 2024 rendendole meno onerose.

Con riferimento ai modelli Redditi, Irap e sostituti d’imposta, la dichiarazione deve essere presentata entro il 31 ottobre dell’anno successivo al periodo di imposta oggetto di dichiarazione. In caso di dimenticanza, è possibile rimediare entro 90 giorni dalla scadenza (29.01.2026) con applicazione di una sanzione fissa, che può essere oggetto di ravvedimento operoso.

La dichiarazione presentata entro 90 giorni, infatti, è considerata tardiva ma valida a tutti gli effetti. Le sanzioni sono così commisurate:

  • sanzione fissa pari a € 250,00 (ex Circolare Agenzia delle Entrate n.42/E/2016);
  • con applicazione del ravvedimento operoso con riduzione a 1/10 (art. 13, comma 1, lett. c) D. Lgs. 471/1997) della sanzione che diventa € 25,00;
  • le imposte eventualmente dovute sono considerate quali omessi versamenti e la sanzione è commisurata al 25% con possibilità di ridurre l’importo con applicazione del ravvedimento in ragione del termine di pagamento rispetto a quello originario.

La dichiarazione presentata oltre i 90 giorni è considerata omessa rappresentando titolo per la riscossione. In ragione della circostanza che le imposte siano dovute o meno, le sanzioni da applicare sono le seguenti:

  • se le imposte sono state pagate nei termini oppure entro i 90 giorni dal termine di presentazione della dichiarazione, la sanzione è quella fissa da 250,00 a 1.000,00 euro;
  • se la dichiarazione è presentata entro i termini di decadenza ma prima di un controllo fiscale, le sanzioni sono del 75%, riducibili a 1/4 diventando pari al 18,75% quando le imposte sono state pagate in un momento successivo allo spirare dei 90 giorni dal termine per la dichiarazione;
  • se le imposte non sono state pagate e la dichiarazione non viene presentata, la sanzione è pari al 120% delle imposte dovute.

La dichiarazione infedele è forse la violazione che viene commessa più frequentemente dai contribuenti.

Si verifica, infatti, ogniqualvolta viene trasmessa una dichiarazione con un’imposta o un ammontare di ritenute inferiore al dovuto e può, di conseguenza, concretizzarsi in una serie indefinita di situazioni:

  • reddito o valore della produzione imponibile inferiore all’accertato;
  • credito utilizzato superiore a quello spettante;
  • indebite detrazioni d’imposta o deduzioni dall’imponibile, anche se sono state attribuite in sede di ritenuta alla fonte.

Sono così suscettibili di integrare la violazione in esame:

  • il disconoscimento di costi indeducibili o la ripresa a tassazione delle quote di ammortamento;
  • il disconoscimento di particolari regimi tributari;
  • gli accertamenti con cui il reddito viene determinato in base a metodi presuntivi o induttivi, come nelle percentuali di ricarico;
  • le rettifiche di riqualificazione dei redditi dichiarati.

Per quanto riguarda il modello 770, si può trattare di mancata indicazione di ritenute o di ritenute eseguite su una base imponibile minore.

A livello generale, la dichiarazione infedele è punita con una sanzione proporzionale del 70% delle imposte dovute con un minimo di 150,00 euro (il minimo è di 250,00 euro per la dichiarazione del sostituto di imposta).

In tema di infedeltà, si segnalano le seguenti situazioni particolari:

  • la sanzione per dichiarazione infedele, se dovuta a condotte fraudolente, simulate o mediante utilizzo di documentazione falsa, “è aumentata dalla metà al doppio” quindi sarà dal 105% al 140% delle imposte dovute.
  • la sanzione è ridotta di un terzo risultando pari al 46,67%quando la maggiore imposta o il minore credito accertati sono complessivamente inferiori al tre per cento dell’imposta e del credito dichiarati e comunque complessivamente inferiori a euro 30.000” (ex art. 1 comma. 4 primo periodo del D. Lgs. 471/1997). Rispetto a tale disposizione persistono i dubbi applicativi di come computare la riduzione: in base all’interpretazione letterale della norma l’unico limite pare essere l’evasione inferiore a 30.000,00 euro; la prassi, di contro, ritiene che entrambi i limiti non debbano essere superati (sia il limite del 3% che i 30.000,00 euro).
  • altra fattispecie degna di nota è rappresentata all’art. 1 comma 2-bis del D. Lgs. 471/1997 post Lgs. 14.6.2024 n. 87 secondo cui, se la infedeltà “emerge dalla presentazione di una dichiarazione integrativa non oltre i termini stabiliti dall’art. 43 del DPR 600/1973 e, comunque, prima che il contribuente abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo, si applica sull’ammontare delle imposte dovute la sanzione prevista dall’articolo 13, comma 1, aumentata al doppio. Se non sono dovute imposte si applica la misura minima di cui al comma 2, primo periodo“.

In quest’ultimo caso, il legislatore ha inteso premiare la condotta collaborativa del contribuente che evidenzia l’errore mediante una dichiarazione integrativa presentata prima di un controllo: In questo caso, si applica la sanzione per gli omessi versamenti del 25% di cui all’art. 13 del D. Lgs. 471/97 raddoppiata, quindi del 50%. Si ritiene che la fattispecie sia indipendente dal ravvedimento operoso. Pertanto, se ci si ravvede prima dell’inizio di un controllo le riduzioni dell’art. 13 del D. Lgs. 472/97 vanno calcolate sul 50%.

 

 

 

Nicolò Cipriani – Centro Studi CGN