Nessun diritto di rivalsa per i contributi agricoli

A luglio 2019, l’Agenzia delle entrate ha risposto ad un interpello, il n.248 del 16/07/2019, nel quale ha esplicitato quali sono i soggetti che hanno diritto all’esercizio delle rivalsa dei contributi previdenziali.

Partiamo dal presupposto che l’art.10, c.1, lett. e) del TUIR annovera come interamente deducibili dal reddito imponibile «i contributi previdenziali ed assistenziali versati in ottemperanza a disposizioni di legge, nonché quelli versati facoltativamente alla gestione della forma pensionistica obbligatoria di appartenenza, ivi compresi quelli per la ricongiunzione di periodi assicurativi […]».

Rientrano, tra l’altro, in questa categoria i contributi versati da commercianti, artigiani, coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali (IAP) iscritti all’apposita gestione previdenziale INPS, per i quali si ritiene importante fornire alcune precisazioni.

La Legge n.233 del 02/08/1990, all’art.2, c.2, impone al titolare dell’impresa artigiana o commerciale il versamento, in quattro rate a scadenza trimestrale, dei contributi per la propria posizione previdenziale e per quella dei propri collaboratori/coadiuvanti.

L’art.2, c.1, invece, dispone, per le categorie di cui sopra, il diritto di rivalsa, ossia l’istituto grazie al quale il titolare dell’impresa ha la facoltà di richiedere al collaboratore la somma corrispondente alla quota di contributi versata a suo favore.

La disciplina di riferimento cita, tra gli aventi diritto a tale istituto, unicamente i titolari di imprese artigiane o commerciali. Si denota pertanto un’esplicita esclusione dei coltivatori diretti e degli IAP, ovverosia di tutta la categoria di lavoratori del settore agricolo.

È sulla base di tale dettato normativo che si fonda la risposta all’interpello n.248/2019, frutto della richiesta di un collaboratore familiare di impresa agricola che ha interrogato l’Agenzia delle entrate in merito alla deducibilità dei contributi versati dal proprio titolare e rimborsati dal collaboratore istante.

Dal momento che la disciplina della rivalsa non trova applicazione nella contribuzione previdenziale agricola, l’Amministrazione finanziaria ha confermato che il collaboratore familiare non ha la facoltà di dedurre tali contributi.

I contributi agricoli quindi sono considerati sempre indeducibili?

La risposta è no. È doveroso distinguere le diverse situazioni prospettabili nel contesto di un’azienda agricola:

  • il titolare dell’impresa che versa esclusivamente i contributi per se stesso ha pieno diritto alla deduzione dell’intera somma versata;
  • il titolare dell’impresa che versa i contributi previdenziali anche per i propri collaboratori/coadiuvanti fiscalmente a carico, avrà diritto alla deduzione sia della propria quota che di quella versata per i propri familiari, come disposto dall’art.10, c.2, del TUIR, secondo il quale «le spese di cui alla lettera b) del comma 1 sono deducibili anche se sono state sostenute per le persone indicate nell’articolo 433 del codice civile. Tale disposizione si applica altresì per gli oneri di cui alla lettera e) del comma 1 relativamente alle persone indicate nel medesimo articolo 433 del codice civile se fiscalmente a carico»;
  • il titolare dell’impresa che versa i contributi per sé e per i propri collaboratori/coadiuvanti non fiscalmente a carico, avrà diritto esclusivamente alla deduzione della propria quota. Poiché non vige il diritto di rivalsa, nessuno potrà beneficiare della deduzione sulla quota di contributi versati per il collaboratore familiare.

Facciamo un esempio:

Pietro, titolare dell’impresa agricola a gestione familiare, ha tra i suoi collaboratori Francesca, sua figlia, sposata con Marco e a carico del coniuge, in quanto ha un reddito complessivo non superiore ai 2.840,51 €. Pietro, che versa i contributi sia per se stesso che per Francesca, potrà dedurre la propria quota, mentre nessuno potrà inserire al rigo E21 del Modello 730 (RP21 del Modello Redditi PF) la quota relativa ai contributi in favore di Francesca, in quanto:

  1. Francesca non è fiscalmente a carico di Pietro, pertanto quest’ultimo non può dedurre i contributi della figlia;
  2. Pietro non ha diritto di rivalersi sulla figlia per i contributi previdenziali versati a suo favore, pertanto Marco, pur avendo Francesca tra i familiari a carico, non potrà portare in deduzione dal proprio reddito i contributi a favore della moglie.

L’interpello a cui ha risposto l’Agenzia delle entrate ha quindi voluto sottolineare la scelta del Legislatore, che nel 1990 ha precluso ai coltivatori diretti e gli IAP il diritto di rivalersi sui propri collaboratori familiari o coadiuvanti, relativamente al versamento dei contributi previdenziali e ha negato a queste categorie il beneficio fiscale.

Alessandra Bortolin – Centro Studi CGN