Concordato Preventivo Biennale: il Fisco accende i fari sui controlli

Con la Circolare 24.06.2025, n. 9/E, l’Agenzia delle Entrate fornisce importanti chiarimenti sulla disciplina del Concordato Preventivo Biennale (CPB) in seguito all’entrata in vigore del D.Lgs.  12 giugno 2025, n. 81 che ha corretto una serie di aspetti poco convincenti contenuti nella disciplina di riferimento (ex D.lgs. 13/2024) inerenti alle cause di esclusione, decadenza, cessazione e premialità.

Dopo aver illustrato i contenuti delle nuove disposizioni offrendo il proprio punto di vista, i tecnici del fisco si soffermano sull’attività di controllo che seguirà al termine della campagna di adesione per il biennio 2025 -2026 distinguendo i contribuenti che aderiscono da quelli che hanno ritenuto non ricevibile la proposta formulata dal fisco.

Nella Circolare, al paragrafo 2 dedicata ai controlli si legge che:

  1. nei confronti dei contribuenti che non aderiscono al concordato preventivo biennale, o che decadono dagli effetti dello stesso, sarà intensificata l’attività di controllo dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di finanza mediante la programmazione di maggiore capacità operativa. E questi ultimi, nell’esercizio dell’attività di controllo potranno utilizzare tutte le informazioni contenute nelle banche dati disponibili, anche tramite interconnessione tra loro e con quelle di archivi e registri pubblici, ivi incluse quelle contenute nell’Anagrafe dei conti finanziari. In pratica, nei riguardi di questi soggetti si potrà fare ampio uso delle banche dati a disposizione dell’amministrazione finanziaria, compresa la Superanagrafe dei conti correnti con le informazioni di sintesi sui dati dei rapporti finanziari (saldo a inizio anno, saldo a fine anno e giacenza media). A partire da queste informazioni, gli organi di controllo (Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza) potranno formulare analisi dei rischi selezionando i contribuenti da sottoporre ad approfondimenti. Sembra di capire che si tratterà sempre di una selezione mirata ai casi più gravi laddove gli indicatori facciano emergere elementi di pericolosità fiscale.
  2. Per i contribuenti che aderiscono al CPB. Invece, posto che il meccanismo di funzionamento si basa sui dati dichiarati dal contribuente, risulta evidente l’importanza del corretto adempimento degli obblighi dichiarativi e informativi affinché l’istituto possa correttamente trovare applicazione. Ne deriva che l’adesione al CPB dovrà presupporre una certa trasparenza con il Fisco in quanto sarà necessaria una “veritiera dichiarazione della sussistenza dei requisiti” previsti per accedere e “dell’insussistenza delle cause di esclusione” ma anche il rispetto degli obblighi a carattere dichiarativo e contabile. Di fatto, lo scudo dai controlli scatterà se saranno rispettati questi impegni e se non si incappa in una delle cause di decadenza che travolgono l’intera durata dell’intesa. E la circolare ricorda che l’esistenza di attività non dichiarate o l’inesistenza o l’indeducibilità di passività dichiarate, che – a seguito di attività di accertamento riferite ai periodi di imposta oggetto del concordato o in quello precedente – comportano la decadenza, devono risultare per un importo superiore al 30% dei ricavi dichiarati.

È da segnalare che il decreto omnibus (D.L. n. 113/2024) prevede l’inserimento all’art. 2 rubricato (Trattamento sanzionatorio per i soggetti che non aderiscono al concordato preventivo biennale o ne decadono) la riduzione della metà delle soglie che faranno scattare le sanzioni amministrative accessorie, che si applicherà anche quando si dovesse incorrere in una delle cause di decadenza dal concordato.

La sanzioni accessorie richiamate sono disciplinate all’art. 21, D. Lgs. 472/1997 rubricato “Sanzioni accessorie” e sono costituite da:

  • l’interdizione dalle cariche di amministratore, sindaco o revisore di società di capitali e di enti con personalità giuridica, pubblici o privati;
  • l’interdizione dalla partecipazione a gare per l’affidamento di pubblici appalti e forniture;
  • l’interdizione dal conseguimento di licenze, concessioni o autorizzazioni amministrative per l’esercizio di imprese o di attività di lavoro autonomo e la loro sospensione;
  • la sospensione dall’esercizio di attività di lavoro autonomo o di impresa.

Le soglie che vengono ridotte alla metà sono quelle previste dal comma 1, art. 12, D. Lgs. 471/1997 e si riferiscono all’ipotesi irrogazione di una sanzione amministrativa di importo superiore a euro 50.000, prevedendo altresì una durata delle sanzioni accessorie da uno a tre mesi. La durata delle sanzioni accessorie può’ essere elevata fino a sei mesi, se la sanzione irrogata è superiore a euro 100.000.

 

 

 

Nicolò Cipriani – Centro Studi CGN