Fisco e privacy: un equilibrio possibile tra controlli e diritti

Nel contesto della riforma fiscale avviata con il d.lgs. n. 13/2024, torna in primo piano il tema dell’equilibrio tra l’efficienza dei controlli fiscali e la tutela dei diritti fondamentali dei contribuenti, in particolare del diritto alla privacy e alla protezione dei dati personali. Si tratta di un nodo centrale in un sistema tributario sempre più orientato alla digitalizzazione, che punta a contrastare in modo più efficace l’evasione e l’elusione, ma che non può rinunciare ai principi di trasparenza, proporzionalità e correttezza nel trattamento delle informazioni.

La narrazione che contrappone fisco e privacy come ambiti inconciliabili è ormai superata. Al contrario, l’integrazione di strumenti tecnologici avanzati può rafforzare tanto l’efficacia dell’azione amministrativa quanto le garanzie per i cittadini, purché venga governata nel rispetto dei principi del GDPR e con adeguate cautele.

Il Garante per la protezione dei dati personali, attraverso diversi pareri e provvedimenti, ha contribuito a definire un modello di gestione dei dati fiscali che valorizzi la qualità delle informazioni, limiti gli abusi e garantisca una supervisione umana nei processi automatizzati. Il principio guida è chiaro: non serve accumulare grandi quantità di dati, ma selezionare quelli realmente utili, aggiornati e affidabili, in modo da fondare gli accertamenti su basi solide e ridurre al minimo il rischio di errori e distorsioni. Significative, in tal senso, sono le valutazioni relative all’uso dell’intelligenza artificiale e del machine learning per l’analisi del rischio fiscale. Il Garante ha autorizzato l’impiego di questi strumenti solo subordinatamente all’adozione di precisi accorgimenti, come la tracciabilità delle fonti informative, l’accuratezza dei dataset e la prevenzione di effetti discriminatori. La qualità dei dati assume qui un ruolo strategico: dataset inesatti o non rappresentativi possono generare esiti errati, talvolta irreparabili, con impatti significativi sulla vita delle persone. È per questo che l’Autorità insiste sulla necessità di evitare l’uso di dati raccolti in modo indiscriminato, come quelli ottenuti tramite web scraping. Il tentativo di autorizzare, in sede normativa, l’uso di “informazioni pubblicamente disponibili” ai fini dell’analisi del rischio fiscale è stato fermamente contrastato, portando alla rimozione di tale riferimento dal testo definitivo del decreto. Fonti come i social network, se non vagliate e contestualizzate, rischiano infatti di introdurre elementi inattendibili e di violare i principi di proporzionalità e minimizzazione sanciti dal GDPR.

Un ulteriore elemento critico è rappresentato dal quadro regolatorio europeo. L’Ai Act, recentemente approvato, non classifica l’utilizzo dell’intelligenza artificiale a fini fiscali come “ad alto rischio”, escludendo quindi l’applicazione delle tutele rafforzate previste per altri ambiti. Questo vuoto normativo lascia il campo fiscale privo di alcuni presìdi fondamentali, come l’obbligo di supervisione umana o la convalida preventiva dei sistemi. In questo scenario, il ruolo del Garante nazionale assume un’importanza ancora maggiore: è l’unico presidio a garanzia che l’uso delle tecnologie non degeneri in automatismi non controllati o in pratiche discriminatorie. La riforma fiscale ha comunque recepito molte delle indicazioni fornite dall’Autorità, prevedendo espressamente la necessità che le attività fondate sui dati siano conformi alla disciplina sulla protezione dei dati personali e introducendo limiti chiari all’utilizzabilità di determinate informazioni. È stata inoltre confermata la piena tutela del diritto di rettifica, fondamentale non solo per la difesa del contribuente, ma anche per garantire l’accuratezza delle basi informative su cui si fondano gli accertamenti.

Tutto ciò dimostra come sia possibile, e auspicabile, un approccio all’azione fiscale che sia al tempo stesso innovativo e rispettoso dei diritti. La tecnologia, se utilizzata con intelligenza e senso del limite, può contribuire a rafforzare l’equità e l’efficacia del sistema tributario, rafforzando al contempo la fiducia dei cittadini. Per questo, la combinazione tra strumenti digitali e fattore umano, tra innovazione e garanzie, rappresenta non un ostacolo, ma una risorsa per un’amministrazione più trasparente, legittimata e orientata al rispetto dello stato di diritto.

 

 

 

Alice Colussi – Centro Studi CGN