Evasometro: ecco come cambiano i controlli

Con l’obiettivo di rendere più efficienti i controlli contro l’evasione è stato introdotto l’evasometro, un meccanismo pensato per individuare i casi più gravi e mirati di incongruenza tra redditi dichiarati e spese sostenute, che sostituisce il vecchio redditometro, uno strumento che molti ricordano come invasivo e spesso percepito come punitivo verso i contribuenti. Come cambiano dunque i controlli contro l’evasione?

Il redditometro, abolito dal decreto legislativo 108/2024, basava le proprie verifiche su un’analisi piuttosto ampia delle spese sostenute dalle famiglie rispetto al reddito dichiarato. Questo portava spesso a contestazioni anche nei confronti di contribuenti che non erano evasori, ma che magari avevano utilizzato risparmi pregressi, eredità o aiuti familiari.

Con l’evasometro, invece, l’approccio è diverso: l’attenzione si concentra su scostamenti rilevanti e sistematici tra quanto un cittadino dichiara e quanto effettivamente spende o movimenta. Non si tratta quindi di guardare ogni singola uscita, ma di intercettare situazioni macroscopiche non occasionali ma continuative, che presentano notevoli scostamenti.

La differenza sostanziale è che il nuovo strumento non colpisce i piccoli scostamenti, ma agisce con maggiore selettività.

L’evasometro può contare su un enorme patrimonio informativo: l’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza hanno a disposizione banche dati sempre più ricche e integrate. Tra le principali fonti utilizzate ci sono infatti: movimenti bancari e finanziari: versamenti e prelievi, bonifici, carte di credito e di debito; spese immobiliari: acquisto o affitto di abitazioni, ristrutturazioni, le dichiarazioni fiscali, i dati trasmessi dagli intermediari finanziari e i dati rilevati dalle banche dati patrimoniali internazionali.

Tutti questi dati, presi singolarmente, non significano necessariamente evasione. Tuttavia, quando vengono messi insieme e analizzati da algoritmi predittivi, permettono di individuare anomalie difficilmente giustificabili.

L’evasometro non si attiva automaticamente per ogni contribuente. Entrano in gioco solo alcune condizioni, come ad esempio una differenza significativa tra il reddito dichiarato e quello stimato in base ai consumi oppure ancora uno scostamento che deve superare una certa soglia percentuale. Inoltre, la situazione deve presentarsi in modo non occasionale, ma con una certa continuità.

Questo significa che un regalo di famiglia, un prestito temporaneo o l’utilizzo di risparmi accumulati non fanno scattare automaticamente un campanello d’allarme. L’obiettivo non è colpire il cittadino medio, ma i casi più evidenti e ripetuti di incoerenza tra entrate e uscite.

Il bersaglio principale dell’evasometro sono i contribuenti cosiddetti “ad alto rischio”, ossia coloro che mostrano spese e investimenti sproporzionati rispetto ai redditi ufficialmente dichiarati.

Ma come funziona in pratica? Se l’evasometro rileva un’anomalia, il contribuente riceverà una comunicazione preventiva da parte dell’Agenzia delle Entrate. Non si tratta di un accertamento immediato, ma di un invito a fornire chiarimenti.

In questa fase il cittadino può difendersi documentando la provenienza lecita delle somme spese, ad esempio attraverso: estratti conto che dimostrino la presenza di risparmi accumulati negli anni; certificazioni di redditi esenti (come alcune borse di studio o indennità); atti di donazione o eredità; documentazione relativa a prestiti bancari.

Solo se le spiegazioni fornite non risultano convincenti, l’Agenzia procede con un vero e proprio accertamento. È quindi fondamentale conservare ricevute, contratti, quietanze e ogni elemento utile a dimostrare la coerenza tra entrate e uscite.

Rispetto al passato, il nuovo strumento presente numerosi vantaggi: maggiore selettività, uso delle tecnologie, riduzione della pressione sui cittadini onesti, maggiore trasparenza internazionale.

In sintesi, l’evasometro rappresenta un equilibrio tra giustizia fiscale e tutela del contribuente, mirando a colpire chi evade in modo sistematico e consistente, senza disturbare chi è in regola.

L’obiettivo dichiarato è chiaro: concentrare le risorse investigative sui veri evasori, riducendo il peso burocratico per tutti gli altri. Se questo equilibrio sarà mantenuto, l’evasometro potrà davvero rappresentare una nuova frontiera nei controlli fiscali italiani.

 

 

 

Antonino Salvaggio – Centro Studi CGN

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