Il collegio sindacale è l’organo di controllo delle società il cui ruolo è finalizzato alla vigilanza sul rispetto della legge e dello statuto, nonché sull’adeguatezza, buon funzionamento dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile e sulla gestione degli amministratori. Ciò quanto previsto dall’art. 2403 del Codice civile sui doveri del collegio sindacale.
Inoltre, lo stesso fa menzione dell’art. 2409-bis, terzo comma, ove viene anche previsto il controllo contabile.
In tal senso, la Cassazione, con l’ordinanza n.24004/2025, alla luce delle indicazioni fornite dal CNDEC in merito alle norme di comportamento, ha determinato che i sindaci, con riguardo ad un’analisi limitata del dato contabile e formale, sono solidalmente responsabili con l’organo amministrativo qualora non verifichino in merito ad una complessa operazione di versamento per quanto concerne un aumento di capitale sociale, in seguito rivelatasi fittizia, la documentazione sottostante. Ecco il verificarsi del mancato obbligo previsto dal citato articolo 2403 del Codice civile, in merito alla vigilanza dell’operato degli amministratori.
La Legge n. 35 del 14.3.2025 interviene in tema di responsabilità dei sindaci e oltre a menzionare la professionalità e la diligenza con la quale devono operare, determina il limite della responsabilità, salvo che gli stessi abbiano agito con dolo. Testualmente l’art. 1 va a ridisegnare l’art. 2407: “Al di fuori delle ipotesi in cui hanno agito con dolo, anche nei casi in cui la revisione legale è esercitata dal collegio sindacale a norma dell’articolo 2409-bis, secondo comma, i sindaci che violano i propri doveri sono responsabili per i danni cagionati alla società che ha conferito l’incarico, ai suoi soci, ai creditori e ai terzi nei limiti di un multiplo del compenso annuo percepito, secondo i seguenti scaglioni: per i compensi fino a 10.000 euro, quindici volte il compenso; per i compensi da 10.000 a 50.000 euro, dodici volte il compenso; per i compensi maggiori di 50.000 euro, dieci volte il compenso.” In sintesi, il nuovo regime prevede un tetto massimo al risarcimento dei danni, calcolato in base a tre scaglioni:
- fino a 15 volte il compenso annuo per importi fino a 10.000 euro;
- 12 volte per compensi tra 10.000 e 50.000 euro;
- 10 volte per compensi superiori a tale soglia.
Dunque, la Cassazione, non considera tale dettato normativo in vigore dal 12 aprile 2025 (la sentenza è del mese di giugno, dunque no retroattività) identificandone la responsabilità perimetrata in base ai compensi percepiti, poiché ne dà sentenza con una somma pari ad 1.040.000 di cui i sindaci ne sono solidalmente responsabili con gli amministratori. Il principio è proprio a riguardo della corretta amministrazione e della responsabilità e diligenza professionale degli stessi sindaci (ex art. 1176 c.c.). L’interesse non è solo verso la società, ma anche verso gli interessi stakeholders in quanto la corretta amministrazione garantisce l’integrità del patrimonio sociale.
In merito alla retroattività vi sono discordanti pareri. Il Tribunale di Bari, con l’ordinanza del 24 aprile 2025, ha affermato che i nuovi limiti risarcitori possono essere applicati anche ai fatti anteriori all’entrata in vigore della legge. Il Tribunale di Roma che, con ordinanza del 19 giugno 2025, ha negato qualsiasi efficacia retroattiva, rilevando come il nuovo comma 2 dell’art. 2407 del Codice civile incida direttamente sulla portata del diritto al risarcimento e debba quindi essere considerato norma di diritto sostanziale.
Le recenti sentenze del Tribunale di Venezia (n. R.G. 3405/2022) e del Tribunale di Palermo (n. R.G. 4431/2025) hanno posto l’accento sulla responsabilità dei Sindaci in caso di omessa vigilanza, configurandosi come punti di riferimento di un orientamento giurisprudenziale in fase di consolidamento. Queste decisioni si distinguono per una struttura argomentativa più articolata e per un contenuto precettivo più incisivo rispetto a precedenti pronunce più prudenti, come ad esempio quella citata del Tribunale di Bari (sentenza n. 1981/2025).
Secondo Assonime, intervenuta con la circolare n. 18 del 24 luglio 2025, il quadro normativo rappresenta una rottura rispetto alla tradizionale impostazione della responsabilità civile, basata sul principio del risarcimento integrale del danno. Il limite al risarcimento non è più legato al danno effettivamente subito, ma al compenso percepito dal professionista. Questo, secondo l’Associazione, è in contrasto con i principi generali dell’ordinamento giuridico. La circolare mette inoltre in evidenza alcune incoerenze sistemiche introdotte dalla riforma.
Il nuovo articolo 2407 del Codice civile si applica esclusivamente ai sindaci nel modello di governance tradizionale, lasciando invariato il regime di responsabilità per altri soggetti che svolgono funzioni analoghe di controllo, come i revisori legali, gli amministratori non esecutivi, i membri del consiglio di sorveglianza nel sistema dualistico e i componenti del comitato per il controllo sulla gestione nel sistema monistico.
Questa frammentazione normativa, secondo Assonime, rischia di generare distorsioni concorrenziali e di incentivare scelte organizzative dettate non da esigenze gestionali, ma da considerazioni di mera “convenienza normativa”.
Giuseppe De Biasio – Centro Studi CGN
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RELATORI: Dott.ssa Roberta Provasi e Dott. Luciano De Angelis
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