La fiscalità immobiliare non evolve solo attraverso riforme normative, ma anche e soprattutto per effetto di nuovi ruoli professionali che vanno delineandosi all’interno del mercato.
Il property manager corrisponde ad una di queste figure innovative: gestisce patrimoni immobiliari, applicando competenze pratiche, amministrative e fiscali – soprattutto nel contesto delle locazioni brevi. La prassi operativa ne ha anticipato l’affermazione, ma è il diritto tributario che oggi è chiamato a inquadrarne natura, obblighi e redditi.
Inquadramento giuridico e fiscale della figura
Il property manager opera solitamente in forza di un contratto di mandato, che può essere con o senza rappresentanza. Quando agisce con rappresentanza, tale professionista compie gli atti (ad esempio, la stipula di un contratto di locazione) in nome e per conto del proprietario.
Qualora, invece, il mandato sia senza rappresentanza, il property manager opera in nome proprio, ma per conto altrui. Questa distinzione genera conseguenze rilevanti sia sotto il profilo civilistico che fiscale, specialmente in relazione all’obbligo di ritenuta sui canoni e alla trasparenza nei rapporti con l’Agenzia delle Entrate.
Chiaramente, l’inquadramento del reddito dipende dalla forma giuridica adottata e dal modo in cui l’attività viene strutturata.
Se l’attività è effettuata da una persona fisica in forma individuale, senza una particolare organizzazione, il reddito sarà qualificato come lavoro autonomo. Dal punto di vista dell’attività posta in essere, il property manager è tipicamente definito come un professionista che esercita un’attività economica in maniera abituale e professionale, e pertanto è tenuto ad aprire una partita IVA.
Quando, invece, sussiste una struttura organizzata – con riferimento alla quale è possibile individuare personale, mezzi e, soprattutto, l’attività continuativa imprenditoriale – il reddito sarà da considerarsi d’impresa.
Regime forfetario e regime ordinario: quale tassazione?
Il professionista che struttura l’attività di property manager, se in possesso dei requisiti previsti, può scegliere il c. d. regime forfetario. Tale regime agevolato consente di calcolare un’imposta sostitutiva pari al 15%, ridotta al 5% per i primi cinque anni di attività (al verificarsi di determinate casistiche). Il reddito imponibile non è calcolato in base al risultato economico effettivo, bensì applicando un coefficiente di redditività (stabilito in base al codice attività, nella maggior parte dei casi pari al 78%) ai ricavi percepiti.
Un regime che prevede semplificazioni importanti anche sotto il profilo IVA e in termini di tenuta dei registri contabili, ma, al contempo, che non consente la deduzione analitica dei costi, salvo i contributi previdenziali obbligatori.
In alternativa, se il property manager non potesse o non volesse accedere al regime forfetario, si vedrà applicato il regime ordinario IRPEF – che, classicamente, corrisponde alla tassazione progressiva in base agli scaglioni di reddito.
In questo caso, l’imponibile è definito come differenza tra i compensi percepiti e i costi deducibili sostenuti per l’attività. Il regime ordinario prevede anche l’applicazione dell’IVA e l’obbligo di tenuta della contabilità.
Risulterà evidente come la scelta tra i due regimi richieda un’attenta valutazione, tenendo conto del volume d’affari, dei costi sostenuti e della prospettiva di sviluppo dell’attività.
Incasso dei canoni e ritenuta del 21%
Una tematica particolarmente rilevante – sotto il profilo della fiscalità – per i property manager coincide la gestione dei canoni derivanti da locazioni brevi – contratti di durata non superiore a 30 giorni.
Se il property manager incassa direttamente i canoni per conto del proprietario, operando quindi con rappresentanza, la normativa di riferimento impone l’obbligo di versare una ritenuta del 21% calcolata sull’ammontare lordo dei canoni corrisposti. Tale ritenuta ha natura diversa a seconda del regime fiscale adottato dal locatore. Se questi ha optato per la cedolare secca, la ritenuta si considera a titolo d’imposta, in caso contrario, è a titolo di acconto.
Tuttavia, si ritiene molto importante rimarcare che, secondo quanto chiarito dall’Agenzia delle Entrate con la circolare 10/E del 2024, in presenza di più immobili locati da uno stesso soggetto, la ritenuta debba essere sempre considerata a titolo di acconto, anche nell’eventualità in cui sia stata esercitata l’opzione per la cedolare secca.
Si tratta di un’interpretazione elaborata per evitare un utilizzo strumentale dell’agevolazione e, al contempo, per garantire un controllo più puntuale sui redditi.
Adempimenti del property manager come sostituto d’imposta
Il property manager assume il ruolo di sostituto d’imposta qualora debba applicare la ritenuta del 21%. Infatti, da tale calcolo derivano alcuni obblighi precisi:
- entro il 16 marzo dell’anno successivo deve rilasciare al proprietario la Certificazione Unica attestante le somme corrisposte e le ritenute operate;
- entro il 31 ottobre deve trasmettere il modello 770 all’Agenzia delle Entrate;
- entro il giorno 16 del mese successivo deve versare all’erario la ritenuta applicata.
Inoltre, qualora il professionista intervenga nella stipula dei contratti in qualità di intermediario, dovrà procedere con la comunicazione telematica all’Agenzia delle Entrate, come disposto dalla normativa vigente in tema di locazioni brevi.
Si tratta di adempimenti che comportano responsabilità non trascurabili, la cui omissione può comportare sanzioni sia per l’intermediario sia per il locatore. Pertanto, è essenziale che il property manager strutturi in maniera corretta e specificamente documentata ogni fase della propria attività, avvalendosi eventualmente di professionisti della fiscalità.
Dichiarazione dei redditi: modelli e quadri di riferimento
Per ciò che concerne il profilo dichiarativo, il property manager deve, ovviamente, indicare i redditi percepiti nella dichiarazione propria annuale, secondo la forma giuridica adottata.
Le persone fisiche in regime forfetario compileranno il quadro LM del modello Redditi Persone Fisiche. Chi opera in regime ordinario compilerà il quadro RE se si tratta di lavoro autonomo, o il quadro RG se si tratta di attività d’impresa. Le società utilizzeranno invece il modello Redditi SC o SP, a seconda del tipo societario.
Nel caso in cui vengano anche applicate le ritenute per conto dei locatori, si renderà necessario compilare il quadro SY del modello 770 e trasmettere le relative certificazioni, come accennato.
Dunque, risulterà evidente come l’attività del property manager, per quanto dinamica e snella possa apparire, comporti una gestione fiscale articolata, che richiede attenzione e competenza.
La figura del property manager rappresenta un elemento sempre più strategico nella valorizzazione del patrimonio immobiliare, soprattutto in un contesto di mercato che premia – e necessità – flessibilità ed efficienza di gestione.
Tuttavia, alla centralità del ruolo corrisponde una complessità fiscale che non può essere trascurata. La corretta qualificazione del reddito, la scelta del regime più adatto, la gestione delle ritenute e degli adempimenti dichiarativi costituiscono aspetti che debbono essere affrontati con competenza approfondita.
Solo così è possibile esercitare questa professione in modo sostenibile, trasparente e conforme alla regolamentazione.
Anita Raggiotto – Centro Studi CGN