La revisione legale nelle reti commerciali, in particolare nel franchising, continua a essere al centro di un crescente interesse normativo e operativo. Le recenti disposizioni legislative non solo rafforzano il ruolo degli organi di controllo societari, ma impongono una riflessione più ampia sull’efficacia del monitoraggio e degli audit come strumenti di prevenzione e gestione della crisi d’impresa.
In questo contesto, il controllo e la vigilanza nelle reti di franchising si configurano sempre più come leve strategiche, in equilibrio tra obbligo normativo e utilità aziendale. Prosegue quindi il nostro percorso in cinque tappe: siamo alla seconda.
La seconda (più o meno recente) novità
Con la pubblicazione del D.Lgs.136/2024 è entrato in vigore dal 28.09.2024 un ulteriore correttivo (ter) del Codice della Crisi d’impresa e dell’Insolvenza (CCII, D.Lgs.14/2019).
Tra le novità (modifica all’art.25-octies), è stato rafforzato il ruolo proattivo dell’organo di controllo estendendolo ai soggetti preposti alla revisione legale. In sintesi, ove presenti, (1) l’organo di controllo societario (sindaco unico, se monocratico, collegio sindacale, se collegiale) nello svolgimento delle funzioni di vigilanza (art.2403, c.c.) e/o (2) il preposto alla revisione legale (revisore legale o società di revisione) nella sua funzione (D.Lgs.39/2010 e Principi di Revisione Isa-Italia), notificano all’organo amministrativo la sussistenza dei presupposti per l’emersione anticipata della crisi e dell’insolvenza invitandolo ad intraprendere eventuali azioni correttive e fornendo dei tempi per rispondere a tali segnalazioni. L’eventuale inerzia dell’organo amministrativo è presupposto per la presentazione dell’istanza di accesso alla composizione negoziata.
Tutto quanto riportato sopra, oltre ad essere in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa, è anche indirizzato ad evitare la perdita della continuità aziendale che rappresenta un pilastro fondamentale per la stabilità e la sostenibilità di qualsiasi impresa.
Una valutazione accurata di questa capacità è vitale non solo per esigenze di trasparenza e affidabilità delle informazioni finanziarie, ma anche per conservare e rafforzare la fiducia di tutti gli stakeholder.
Il concetto di continuità aziendale lo ricaviamo:
- dall’art.2423 bis, c.1, del C.C.: “la valutazione delle voci di bilancio deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva della continuazione dell’attività”;
- dal Principio Contabile OIC 11, p.22: “Nella fase di preparazione del bilancio, la direzione aziendale deve effettuare una valutazione prospettica della capacità dell’azienda di continuare a costituire un complesso economico funzionante destinato (…)” a produrre reddito per almeno un anno dalla data del bilancio;
- alla produzione di reddito per un prevedibile arco temporale futuro, relativo a un periodo di almeno dodici mesi dalla data di riferimento del bilancio;
- dal Principio Contabile ISA 570, p.2: “In base al presupposto della continuità aziendale, il bilancio è redatto assumendo che l’impresa operi e continui ad operare nel prevedibile futuro come un’entità in funzionamento”, analizzando la responsabilità del revisore legale in merito alla sua attività di verifica.
In estrema sintesi, al fine di verificare quanto sopra e identificare potenziali rischi per la continuità aziendale, sono resi disponibili una serie di indicatori, suddivisi in (1) finanziari, (2) gestionali e (3) altri.
Tra questi, per la trattazione del tema di questo intervento, ma senza poter essere esaustivi nella segnalazione di altri importanti indicatori, sono direttamente attinenti almeno i seguenti:
- cessazione del sostegno finanziario da parte dei creditori anche per impossibilità o difficoltà ad incassare i crediti per rischio insolvenza di clienti;
- perdita di mercati fondamentali, di clienti chiave, di contratti di distribuzione, di concessioni o di fornitori importanti;
- comparsa di concorrenti di grande successo;
- procedimenti legali o regolamentari in corso che, in caso di soccombenza, possono comportare richieste di risarcimento cui l’impresa probabilmente non è in grado di far fronte;
- modifiche di leggi o regolamenti o delle politiche governative che si presume possano influenzare negativamente l’impresa.
Occorre anche dire che “le dimensioni di un’impresa possono influire sulla sua capacità di resistere a condizioni avverse. Le imprese di dimensioni minori possono essere in grado di reagire rapidamente in modo da sfruttare le opportunità ma possono mancare di fondi per sostenere le attività” ed è per questo motivo che occorre sempre prestare particolare attenzione alle caratteristiche tipiche dell’impresa interessata e della tipologia, nonché, della dimensione, dell’attività svolta.
Mirco Comparini – Centro Studi CGN
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Relatore: Mirco Comparini
Accreditamento: 2 CFP per DCEC