Riforma sanzioni amministrative: ecco una sintesi

La revisione del sistema sanzionatorio amministrativo modifica radicalmente il quadro applicativo delle sanzioni riguardanti l’omessa e l’infedele dichiarazione dei redditi, IRAP e IVA, in ragione del principio di proporzionalità che si declina a seconda del tipo di violazione dichiarativa commessa. Analizziamo le principali novità che entreranno in vigore con ogni probabilità dal 1° gennaio 2016.

Per violazione a bassa pericolosità le sanzioni risultano ridotte rispetto al sistema previgente, mentre, laddove dovesse riscontrarsi una condotta fraudolenta, il sistema sanzionatorio reagisce aumentando le penalità.

Viene confermata la “sanzione base” prevista per l’omessa dichiarazione, dal 120% al 240% delle imposte dovute, specificando espressamente che ciò vale pure ai fini IRAP, con un minimo di 250,00 euro. Se non sono dovute imposte, la sanzione continua ad essere fissa, da 250,00 euro a 1.000,00 euro.

La presentazione della dichiarazione entro il termine per l’invio di quella per l’anno successivo e comunque prima dell’inizio di un controllo fiscale prevede il dimezzamento della sanzione (dal 60% al 120%) delle imposte dovute, con un minimo di 200,00 euro. In assenza di imposte dovute la sanzione è fissa da 150,00 euro a 500,00 euro.

Le sanzioni applicabili quando non sono dovute imposte possono essere aumentate sino al doppio nei confronti dei soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili.

Rimane l’aumento di un terzo per l’omessa indicazione dei redditi prodotti all’estero, con riferimento alle imposte o alle maggiori imposte relative a tali redditi.

Le medesime considerazioni, a livello generale, valgono per l’IVA, con la differenza che, da un lato, la sanzione per omessa dichiarazione dalla quale non emergono imposte va da 250,00 euro a 2.000,00 euro, e dall’altro, non è previsto il raddoppio per i contribuenti obbligati alla tenuta delle scritture contabili.

Viene ridotta la sanzione base contemplata per la dichiarazione infedele (indicazione, ai fini delle singole imposte, di un minor reddito, di un’imposta inferiore o di un credito superiore a quello spettante). Essa diviene dal 90% al 180% della maggiore imposta dovuta o della differenza del credito utilizzato, in luogo di quella dal 100% al 200% della maggiore imposta o della differenza di credito.

La sanzione da dichiarazione infedele è aumentata della metà “quando la violazione è realizzata mediante l’utilizzo di documentazione falsa o per operazioni inesistenti, mediante artifici o raggiri, condotte simulatorie o fraudolente”.

Fuori dalle ipotesi appena menzionate, la sanzione è ridotta di un terzo quando la maggiore imposta o il minor credito sono complessivamente inferiori al 3% dell’imposta e del credito dichiarati, e comunque complessivamente inferiori a 30.000,00 euro. Il riferimento al valore assoluto di 30.000 euro va inteso nel senso di evitare che l’applicazione dell’aliquota percentuale del 3% possa rappresentare una franchigia consistente per i soggetti di maggiori dimensioni. Si tratta, quindi, di un limite massimo che troverà applicazione soprattutto per i soggetti di una certa dimensione, superando tale limite non si potrà beneficiare della riduzione.

Del pari, permane l’aumento di un terzo per l’omessa indicazione dei redditi prodotti all’estero, con rife­rimento alle imposte o alle maggiori imposte relative a tali redditi.

La sanzione sull’errata documentazione/registrazione delle operazioni imponibili si riduce passando dal 100% al 200% dell’imposta relativa all’imponibile non correttamente documentato/registrato nel corso dell’anno, dal 90% al 180%, in combinazione con la misura minima della sanzione pari a 500,00 euro.

A seguire viene previsto che “la sanzione è dovuta nella misura da euro 250 a euro 2.000 quando la violazione non ha inciso sulla corretta liquidazione del tributo”.

Viene prevista la diminuzione della sanzione per l’indebita detrazione IVA (per esempio detrazione IVA su costi non inerenti) che passa dal 100% dell’imposta al 90% della stessa (si pensi al contribuente che detrae l’IVA sui costi non inerenti).

Nicolò Cipriani – Centro Studi CGN