L’Ispettorato Nazionale del Lavoro in una recente Nota ha chiarito che l’erogazione mensile del rateo di TFR (trattamento di fine rapporto) non è ammessa, in quanto in tale ipotesi la somma anticipata si configura quale integrazione della retribuzione.
In particolare, a seguito della richiesta di parere da parte dell’Ispettorato d’Area Metropolitana di Milano, l’INL si è pronunciato con Nota del 3 aprile 2025, n. 616 in merito alla legittimità della prassi, riscontrata dal personale ispettivo, di anticipo mensile del TFR in busta paga e alle conseguenze derivanti dall’eventuale disconoscimento delle somme erogate quali ratei di TFR.
Il trattamento di fine rapporto (TFR) rappresenta una somma di denaro che viene maturata dal lavoratore e accumulata mensilmente dal datore di lavoro, per conto del dipendente, allo scopo di assicurare un supporto economico al termine del rapporto di lavoro.
L’istituto è regolamentato dall’articolo 2120 c.c. in cui vengono disciplinati non solo i criteri di calcolo del TFR ma anche le condizioni in presenza delle quali il lavoratore può richiederne un’anticipazione.
Per previsione di legge, infatti, il prestatore di lavoro, con almeno otto anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro, può chiedere, in costanza di rapporto di lavoro, un’anticipazione non superiore al 70% sul trattamento cui avrebbe diritto nel caso di cessazione del rapporto alla data della richiesta.
La richiesta deve essere giustificata dalla necessità di:
- eventuali spese sanitarie per terapie o interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche;
- acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli, documentato con atto notarile.
L’anticipazione può essere ottenuta una sola volta nel corso del rapporto di lavoro e viene detratta, a tutti gli effetti, dal trattamento di fine rapporto.
L’ultimo comma dell’articolo 2120 c.c. prevede espressamente che “condizioni di miglior favore possono essere previste dai contratti collettivi o da patti individuali. I contratti collettivi possono altresì stabilire criteri di priorità per l’accoglimento delle richieste di anticipazione”.
Pertanto, l’anticipazione del trattamento di fine rapporto può essere richiesta dal lavoratore anche al di fuori delle ipotesi previste per legge – per esempio qualora il dipendente abbia un’anzianità di servizio inferiore agli 8 anni o per spese legate alla ristrutturazione dell’abitazione – purché vi sia una previsione in tal senso da parte della contrattazione collettiva ovvero in caso di accordo tra le parti.
In mancanza di una previsione contrattuale o di un accordo tra le parti, l’INL specifica che “l’erogazione monetaria non può che qualificarsi quale maggiore retribuzione assoggettata all’obbligazione contributiva, come chiarito dalla Corte di Cassazione nell’Ordinanza n. 4670 del 22 febbraio 2021”.
Inoltre, l’Ispettorato ritiene che la pattuizione collettiva o individuale possa avere ad oggetto una anticipazione dell’accantonamento maturato al momento della pattuizione e non un mero automatico trasferimento in busta paga del rateo mensile, quale è l’erogazione mensile del TFR.
Quest’ultimo costituirebbe, infatti, una mera integrazione retributiva con conseguenti ricadute sul piano contributivo e fiscale (soggetta a contribuzione e tassazione ordinaria).
In aggiunta, tale prassi sembrerebbe contrastare con la ratio dell’istituto che, come già sopra descritto, è quella di assicurare al lavoratore un supporto economico alla cessazione del rapporto di lavoro.
Di conseguenza, ove il personale ispettivo riscontri l’indebita erogazione “mensilizzata” del rateo di TFR al lavoratore, dovrà, attraverso il provvedimento di disposizione di cui all’articolo 14 del D.Lgs. n. 124/2004 (diffida), intimare al datore di lavoro l’accantonamento delle quote di TFR illegittimamente anticipate.
L’INL pone poi la questione legata all’indisponibilità delle quote di TFR maturate dal lavoratore, in particolare di quelle versate al Fondo di Tesoreria.
Si ricorda, infatti, che, dal 1° gennaio 2007, il datore di lavoro con almeno 50 dipendenti è obbligato al versamento della quota di TFR al Fondo Tesoreria Inps.
Tale versamento assume la natura di contribuzione previdenziale, stante l’equiparazione del Fondo ad una gestione previdenziale obbligatoria, con applicazione dei principi di ripartizione e dell’automaticità delle prestazioni di cui all’art. 2116 c.c., con la conseguenza che le quote di TFR versate al Fondo rispondono al regime di indisponibilità proprio della contribuzione previdenziale, ferme restando le ipotesi di pagamento anticipato del TFR nei casi e nei limiti normativamente previsti.
Francesca Baciliero – LaborTre Studio Associato