L’articolo 5 del Decreto Legislativo 27 dicembre 2023, n. 209, ha introdotto, a decorrere dal 29 dicembre 2023, un nuovo regime agevolativo in favore dei lavoratori impatriati, ovvero per i soggetti che trasferiscono la residenza fiscale in Italia a decorrere dal periodo d’imposta 2024. Cosa prevede la norma? E quali le novità che riguardano i lavoratori impatriati?
La norma stabilisce che i redditi di lavoro dipendente e i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, nonché i redditi di lavoro autonomo, prodotti in Italia da soggetti che trasferiscono la propria residenza nel Paese ai sensi dell’articolo 2 del Tuir, concorrono, entro il limite di 600.000 euro, alla formazione del reddito complessivo nella misura del 50 per cento del loro ammontare.
La percentuale si riduce ulteriormente, passando al 40 per cento, nei seguenti casi:
a) se il lavoratore si stabilisce in Italia con un figlio minore;
b) se, durante il periodo di validità dell’agevolazione, nasce un figlio o viene adottato un minore. In questa seconda ipotesi, la maggiore riduzione decorre dal periodo d’imposta in cui avviene la nascita o l’adozione e si applica per tutto il tempo residuo in cui il regime agevolato resta fruibile.
È fondamentale, tuttavia, che per tutta la durata del beneficio il figlio minorenne, naturale o adottivo, sia residente in Italia, in mancanza di questa condizione, la maggiore agevolazione non spetta.
Prima condizione per poter fruire del nuovo regime agevolativo è che il lavoratore non abbia risieduto fiscalmente in Italia nei tre periodi d’imposta precedenti all’anno del suo ritrasferimento.
L’agevolazione si applica nel periodo d’imposta in cui è avvenuto il trasferimento della residenza fiscale nel territorio dello Stato e nei quattro periodi d’imposta successivi.
Il regime dei lavoratori impatriati richiede che i lavoratori:
- si impegnino a risiedere fiscalmente in Italia per almeno quattro anni;
- non siano stati fiscalmente residenti in Italia nei tre periodi d’imposta precedenti il loro trasferimento;
- prestino l’attività lavorativa per la maggior parte del periodo d’imposta nel territorio dello Stato;
- siano in possesso dei requisiti di elevata qualificazione o specializzazione come definiti dal Decreto Legislativo 28 giugno 2012, n. 108 e dal Decreto Legislativo 9 novembre 2007, n. 206.
Il beneficio trova applicazione ordinaria direttamente tramite il datore di lavoro che interviene direttamente sulla busta paga del lavoratore dipendente. In alcuni casi, tuttavia, quando il datore di lavoro è impossibilitato ad applicare l’agevolazione, il lavoratore dipendente impatriato se vuole fruire dell’agevolazione dovrà intervenire nella propria dichiarazione dei redditi.
Nelle istruzioni per la compilazione del fascicolo 1 del Modello 730/2025, l’Agenzia delle Entrate chiarisce che il lavoratore impatriato che nel periodo 2024 ha prodotto redditi di lavoro dipendente o assimilati, fuori dai casi in cui il datore di lavoro gli abbia direttamente riconosciuto il beneficio, se intende fruirne, una volta che si assicura di possedere i requisiti di fruibilità prescritti dalla legge, deve compilare la casella “Casi particolari” di cui al Quadro RC Sezione I, del modello 730/2025.
Nel rigo C14 va indicato in Colonna 4 (Esenzione Impatriati) l’importo del punto 463 della Certificazione Unica se nel punto 462 è indicato il codice 4, 6, 8, 9, 13, 14, 16 o 17. Se si fruisce in dichiarazione dell’agevolazione prevista per gli impatriati, occorre riportare l’ammontare indicato nelle annotazioni alla Certificazione Unica con il codice BD o CQ o CR o CS o CT o CU o GA o GB.
Se nelle annotazioni alla Certificazione Unica 2025 non sono presenti tali informazioni occorre riportare la quota di reddito da lavoro dipendente che non è stata indicata nei righi da C1 a C3.
Antonino Salvaggio – Centro Studi CGN