Prestazioni professionali gratuite? Tutto da provare

La Cassazione ribadisce che la gratuità di una prestazione d’opera deve essere provata dal committente che vuole farla valere.

Nell’Ordinanza n. 13211/2025 la Cassazione si pronuncia su una questione riguardante compensi per l’attività di consulenza contabile svolta per tredici anni.

La chiara previsione dell’onerosità della prestazione d’opera contenuta nell’art. 2222 del Codice civile è stata presa a riferimento, ancora una volta, dalla Corte di Cassazione che ha ribadito l’orientamento già espresso in passato (Cassazione 23893/2016, 28226/2021, 27624/2024).

Nonostante nel tempo la Cassazione si sia pronunciata nel senso che è onere del committente dimostrare l’eventuale accordo sulla gratuità della prestazione, la questione evidentemente tende a riproporsi nonostante la circostanza che l’esecuzione gratuita riveste carattere eccezionale.

Tra le circostanze esaminate per giungere alla decisione che si tratta, oltre i rapporti di amicizia e la reciprocità delle prestazioni tra le parti (asserzioni attenuate da un esame attento dei fatti) picca l’assenza di richieste di pagamento per lungo tempo, argomento portato dal committente a supporto dell’asserita gratuità.

Orbene, nell’Ordinanza in esame, la Cassazione ritiene che proprio i rapporti di amicizia e la reciprocità delle prestazioni giustifichino l’assenza di richieste di compensi nel tempo, ma ciò non esclude che si possa provvedere successivamente.

Per seguire il filo logico che guida l’orientamento della Cassazione, è ovvio che i presupposti del conferimento d’incarico e della realizzazione della prestazione professionale si devono essere verificati (nel caso in esame il cliente aveva chiesto al professionista di quantificare le sue spettanze e provveduto al ritiro dei documenti, senza alcuna contestazione relativa alle prestazioni).

Quindi, pur essendo possibile in astratto derogare all’onerosità di una eseguita prestazione professionale, in concreto essa costituisce una situazione eccezionale e, come tale, il committente che vuole farla valere, deve adeguatamente comprovare l’accordo tra le parti.

Diversamente vigerà il principio “naturale” dell’onerosità della prestazione d’opera professionale.

Nella pratica però, accertato che la prestazione professionale non può considerarsi gratuita bensì a titolo oneroso, si apre lo scenario dei termini di prescrizione da applicare a somme richieste a distanza di molto tempo (per esempio, nel caso in esame, i compensi per l’attività di consulenza contabile ricoprivano un arco temporale superiore al decennio).

Ma questa è un’altra storia.

 

 

 

Giuseppina Spanò – Centro Studi CGN