IMU e agricoltura: terreni agricoli e fabbricati rurali

In questo articolo approfondiamo alcuni aspetti relativi alle disposizioni IMU in materia agricola, approfondendo, in via preliminare, le definizioni di coltivatore diretto e di imprenditore agricolo professionale e, successivamente, affrontando le questioni inerenti terreni agricoli e fabbricati rurali.

La definizione di coltivatore diretto e di imprenditore agricolo professionale

Il legislatore civilistico, nel tentativo di definire un quadro di riferimento del coltivatore diretto ricomprende tale figura nella categoria dei piccoli imprenditori di cui all’art. 2083, senza darne una definizione chiara e generale, salvo un riferimento operato dall’art. 1647 al soggetto che coltiva il fondo “col lavoro prevalentemente proprio o di persone della sua famiglia”.

Per ciò che riguarda, invece, la definizione di imprenditore agricolo professionale (IAP), iscritto nella previdenza agricola, le norme sull’IMU rinviano al disposto dell’art. 1 del D. Lgs. n. 99 del 2004, che individua tale soggetto in colui che dedica alle attività agricole di cui all’art. 2135 del codice civile, direttamente o in qualità di socio di società, almeno il 50% del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricava dalle attività medesime almeno il 50% del reddito globale da lavoro .

Stante il richiamo normativo di cui al paragrafo precedente, deve precisarsi che la qualifica di IAP può essere riconosciuta anche alle società di persone, cooperative e di capitale, anche a scopo consortile, qualora lo statuto preveda come oggetto sociale l’esercizio esclusivo delle attività agricole di cui all’articolo 2135 del codice civile e che siano in possesso dei seguenti requisiti:
•    “nel caso di società di persone qualora almeno un socio sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale. Per le società in accomandita la qualifica si riferisce ai soci accomandatari” (lettera a);
•    “nel caso di società di capitali o cooperative, quando almeno un amministratore che sia anche socio per le società cooperative sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale” (lettera c).

Condizione necessaria ai fini del riconoscimento alle società della qualifica di IAP, rinvenibile nell’art. 1, comma 5-bis, del D. Lgs. n. 99/2004, è costituita dal fatto che “l’imprenditore agricolo professionale persona fisica, anche ove socio di società di persone o cooperative, ovvero amministratore di società di capitali, deve iscriversi nella gestione previdenziale ed assistenziale per l’agricoltura. Ai soci lavoratori di cooperative si applica l’art. 1, comma 3, della legge 3 aprile 2001, n. 142”.

Terreni agricoli

L’art. 13, comma 5, del D.L. n. 201/2011 prevede un moltiplicatore ridotto, pari a 110, diverso da quello ordinario, pari a 135, “per i terreni agricoli, nonché per quelli non coltivati, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola”.
Tale moltiplicatore, peraltro, si intende applicabile anche ai terreni non coltivati dagli stessi stante la locuzione “nonché per quelli non coltivati”.

Per quanto riguarda le agevolazioni previste dalla disciplina dell’IMU per i coltivatori diretti e gli IAP, iscritti nella previdenza agricola, si devono ricordare le disposizioni contenute nell’art. 13 del D. L. n. 201 del 2011, secondo cui:
•    ai sensi del comma 2, art. 2 del D.Lgs. n.446/1997, non sono considerati fabbricabili i terreni posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli IAP, iscritti nella previdenza agricola, sui quali persiste l’utilizzazione agro-silvo-pastorale mediante l’esercizio di attività dirette alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, alla funghicoltura ed all’allevamento di animali;
•    ai sensi del comma 8-bis, i terreni agricoli posseduti da coltivatori diretti e IAP, iscritti nella previdenza agricola, purché dai medesimi condotti, sono soggetti all’imposta limitatamente alla parte di valore eccedente Euro 6.000 e con le seguenti riduzioni:
a)    del 70 per cento dell’imposta gravante sulla parte di valore eccedente i predetti euro 6.000 e fino a euro 15.500;
b)    del 50 per cento dell’imposta gravante sulla parte di valore eccedente euro 15.500 e fino a euro 25.500;
c)    del 25 per cento dell’imposta gravante sulla parte di valore eccedente euro 25.500 e fino a euro 32.000.

Fabbricati rurali

Preliminarmente, si deve osservare che sono considerati fabbricati rurali gli immobili in possesso dei requisiti previsti dall’art. 9, commi 3 e 3-bis del D.L. n. 557/1993, convertito con modificazioni dalla legge n. 133 del 26 febbraio 1994.

Si ricorda, peraltro, che tali requisiti sono stati modificati dapprima a seguito dell’approvazione del D.L. n. 262/2006 che, al riguardo, aveva stabilito l’obbligo di iscrizione nel registro delle imprese da parte dei possessori del terreno o di coloro che ad altro titolo conducevano il fondo, nella qualità di imprenditori agricoli e, in seguito del D.L. n. 159 del 1° ottobre 2007.

In particolare, secondo, l’art. 42-bis del suddetto decreto n. 159, il legislatore ha previsto:
•    la rimozione del requisito del possesso del immobile, previsto dal precetto normativo di cui alla lett. a), comma 3, D.L. n. 557/1993, per l’individuazione del fabbricato da destinare a uso abitativo;
•    l’allargamento della ruralità dei fabbricati se utilizzati dai soci o dagli amministratori di società agricole di cui all’art. 2 del D.Lgs. n. 99/2004, aventi la qualifica di imprenditore agricolo professionale;
•    il mutamento della definizione di fabbricato rurale a uso strumentale, stabilendo che l’attività a cui è destinato il fabbricato in esame debba rientrare in una di quelle previste dall’art. 2135 del codice civile e non in quella prevista dall’art. 32 del D.P.R. n. 917/1986, (impresa agricola fiscale, produttrice di reddito agrario). Ne consegue che, ad esempio, rientrano tra i fabbricati rurali strumentali anche quelli asserviti all’attività di allevamento svolta senza terra. In tal caso, infatti, venendo a mancare il rapporto tra l’attività di allevamento e il fondo, secondo il disposto dell’art. 32 del D.P.R. n. 917/1986, non ci sarebbe esercizio di attività agricola sul terreno come richiesto. L’art. 32 sopra citato, infatti, prevede che i prodotti impiegati per alimentare gli animali provengano per almeno un quarto del fondo cui è asservito il fabbricato.
•    l’inserimento nella categoria dei fabbricati strumentali e non più in quella a uso abitativo delle unità immobiliari utilizzate come abitazione da parte dei dipendenti che esercitano l’attività agricola per conto dell’azienda a tempo indeterminato o a tempo determinato per un numero annuo di giornate lavorative superiore a cento, ovvero da persone addette all’alpeggio in zona di montagna;
•    l’inserimento nella categoria dei fabbricati strumentali delle unità immobiliari destinate a ufficio dell’azienda agricola;
•    l’assimilazione alla categoria dei fabbricati strumentali delle unità immobiliari posseduti dalle cooperative di cui all’art. 1, comma 2, D.Lgs. n. 228 del 18 maggio 2001 destinati allo svolgimento delle attività connesse a quella agricola, a condizione utilizzino per lo svolgimento delle attività di cui all’articolo 2135 del codice civile prevalentemente prodotti dei soci, ovvero forniscono prevalentemente ai soci beni e servizi diretti alla cura ed allo sviluppo del ciclo biologico.

In merito all’ICI, contrariamente all’orientamento dell’Amministrazione finanziaria, la Corte di cassazione  ha ripetutamente sostenuto l’assoggettamento a imposizione dei fabbricati iscritti al Catasto con attribuzione di rendita sulla base del precetto normativo dell’art. 1, comma 2, D.Lgs. n. 504/1992, secondo cui l’iscrizione o la necessità dell’iscrizione di un fabbricato al catasto fabbricati sono il presupposto necessario e sufficiente per l’assoggettamento ad imposta dell’immobile. Nella sentenza n. 15321 del 2008, infatti, la Suprema corte ha stabilito che “il riconoscimento del carattere della ruralità alle costruzione strumentali alle attività agricole operato dal D.P.R. n. 139/1998 non ha operato alcuna esclusione dall’ICI”.
Inoltre, viene anche stabilito che “è irrilevante la ruralità di un fabbricato iscritto in catasto in assenza di una specifica disposizioni in materia di ICI: quando l’art. 3 D.L. 559/93 parla di <<agli effetti>> o <<ai fini>> fiscali sono solo quelli di una specifica disposizione in materia assente nell’ICI”. Da ultimo, gli Ermellini sancirono che “la ruralità produce effetti solo ai fini antecedenti dell’accatastamento e dell’attribuzione di rendita”.

Il legislatore, quindi, considerata la mancanza di una specifica norma che enunciasse l’esenzione dall’ICI dei fabbricati rurali (come aveva precisato la Corte di cassazione), approvò l’art. 23, comma 1-bis, del D.Lgs. n. 207 del 30 dicembre 2008 (una norma di carattere interpretativo e, quindi, retroattiva ) secondo cui, “non si considerano fabbricati le unità immobiliari, anche iscritte o iscrivibili nel catasto fabbricati, per le quali ricorrono i requisiti di ruralità di cui all’articolo 9 del decreto legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133, e successive modificazioni”.

La Suprema corte, con riferimento al nuovo precetto normativo introdotto con il suddetto art. 23, concluse, però, che il riferimento alla ruralità dei fabbricati riguardava il riconoscimento degli stessi ai fini catastali e concluse che ai fini dell’ICI si intendevano rurali soltanto le unità immobiliari iscritte nelle categorie catastali A/6 e D/10.

A mettere (per poco tempo) la parola fine alla vicenda dei fabbricati rurali, il legislatore, con l’approvazione dell’art. 7, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater del D.L. n. 70/2011,cosiddetto decreto sviluppo, stabilì che entro il 30 settembre 2011 i titolari di fabbricati in possesso dei requisiti di ruralità, ma iscritti in categorie catastali diverse dalla A/6, abitazioni a uso rurale e dalla D/10, per quelli strumentali dovessero presentare un’istanza di variazione della categoria catastale, al fine di ottenere l’iscrizione nelle summenzionate categorie. In base al tenore letterale della norma, quindi, il legislatore accoglieva l’orientamento della Corte di cassazione riconoscendo rilevanza fiscale solamente ai fabbricati catastalmente classificati come rurali.

Tuttavia, la disciplina approvata con il decreto sviluppo è stata modificata dal D.L. n. 201/2011 e dal D.L. n. 216/2011. I
n particolare, a seguito dell’approvazione del comma 14, art. 13 del D.L. n. 201/2011, sono stati abrogati i commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, art. 7 del D.L. n. 70/2011 e fatte salve le domande presentate, anche successivamente alla scadenza originaria del 30 settembre 2011, purché entro il 20 giugno 2012
Ai fini dell’IMU sperimentale, tuttavia, dobbiamo ricordare che, essendo venuta meno la norma che non considerava fabbricato (presupposto perché possa applicarsi l’IMU) gli immobili per i quali ricorrono i requisiti di ruralità, ne consegue che detti fabbricati, ancorché rurali, a decorrere dal 1° gennaio 2012, scontano l’imposta in esame.

Da ultimo, si ricorda che l’assoggettamento dei fabbricati rurali all’IMU, se da un lato non pone particolari problemi per le unità immobiliari censite al catasto dei fabbricati, dall’altro ha reso necessario imporre l’iscrizione di quelli non ancora censiti.
Infatti, il D.L. n. 557/1993 prevedeva la realizzazione di un inventario del patrimonio edilizio con lo spostamento nel catasto dei fabbricati di tutti i fabbricati rurali che, nel frattempo, avevano perso i requisiti di ruralità. Anche il D.P.R. n. 139/1998 prevedeva l’obbligo di iscrizione nel catasto dei fabbricati, ma soltanto in presenza di variazioni di titolarità o strutturali dell’immobile .

Al fine di scongiurare un’arbitraria differenziazione tra i fabbricati rurali censiti al catasto dei terreni e quelli iscritti al catasto fabbricati, entro il 30 novembre 2012, con le modalità previste dal D.M. n. 701/1994  è fatto obbligo di iscrizione dei primi al catasto dei fabbricati.
Con particolare riferimento alle agevolazioni previste dal precetto normativo in materia di IMU, è necessario osservare quelle che riguardano l’esenzione prevista dal comma 8 dell’art. 9, del D. Lgs. n. 23 del 2011, per i fabbricati rurali ad uso strumentale di cui all’art. 9, comma 3-bis, del D.L. n. 557 del 1993, ubicati nei comuni classificati montani o parzialmente montani di cui all’elenco dei comuni italiani predisposto dall’ISTAT e rinvenibile al seguente indirizzo: http://www.istat.it/it/archivio/6789.

Per ciò che attiene alle modalità di pagamento del tributo, infine, è stabilito che:
•    per i fabbricati rurali a uso strumentale, l’acconto di giugno dovrà essere corrisposto nella misura del 30 per cento. La seconda rata, ammontante al 70 per cento, sarà versata a saldo dell’imposta complessivamente dovuta per l’intero anno con conguaglio sulla prima rata con il saldo di dicembre;
•    per quanto concerne i fabbricati rurali destinati a uso abitativo o strumentale, iscritti al catasto terreni, e che, in base alle disposizioni previste dal decreto Salva Italia, dovranno essere censiti in quello urbano, il pagamento dell’imposta dovrà essere effettuato in un’unica soluzione a dicembre 2012, successivamente all’aggiornamento catastale.

Autore: Massimo D’Amico – Centro Studi CGN