La Cassazione detta le regole per la ritrattabilità della dichiarazione

La questione

Il problema esaminato dai giudici della Corte di Cassazione trova origine in un ricorso presentato dal contribuente nel 2006 che, a seguito di un accertamento fondato sull’applicazione dei parametri si era visto, con riferimento al periodo di imposta 1996, rideterminato il proprio reddito ai fini IRPEF con un maggior reddito di impresa.
In particolare il contribuente chiedeva di cassare la sentenza del 2004 della Commissione Tributaria Regionale che aveva accolto il ricorso dell’Amministrazione finanziaria. La Commissione Tributaria Provinciale, infatti, aveva a sua volta parzialmente accolto il ricorso riducendo i ricavi accertati in base all’applicazione dei parametri.

L’operato dei giudici e in particolare la ritrattabilità della dichiarazione

Le argomentazioni fornite dal contribuente a sostegno del proprio assunto sono molteplici, ma la circostanza non è stata sufficiente per ottenere un esito favorevole e i giudici della Suprema Corte hanno respinto il ricorso.

Preliminarmente deve essere osservato come la procedura di accertamento standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata in relazione ai soli standard in sé considerati, ma nasce procedimentalmente in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, “esito che, essendo alla fine di un percorso di adeguamento della elaborazione statistica degli standard alla concreta realtà economica del contribuente, deve far parte (e condiziona la congruità) della motivazione dell’accertamento, nella quale vanno esposte le ragioni per le quali i rilievi del destinatario dell’attività accertativa siano disattese”.
Un altro aspetto da prendere in esame riguarda due errori commessi dal contribuente nella compilazione del modello di dichiarazione. In particolare, sono stati erroneamente indicati alcuni beni strumentali utilizzati nella propria attività agricola e anche gli interessi passivi maturati sul finanziamento effettuato per l’acquisto di taluni cespiti.

Per i giudici della Cassazione devono essere ricordati i principi secondo i quali “l’emendabilità, in via generale, di qualsiasi errore, di fatto e di diritto, anche se non direttamente rilevabile dalla stessa dichiarazione, si fonda sulla impossibilità di assoggettare il dichiarante a oneri diversi e più gravosi di quelli che, per legge, devono restare a suo carico, in conformità con i principi costituzionali della capacità contributiva (art. 53 Cost.) e della oggettiva correttezza dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.) ” e “la possibilità di rettifica” non “incontra limiti nella natura della dichiarazione” perché questa “non si configura quale atto negoziale e dispositivo, ma reca una mera esternazione di scienza o di giudizio, modificabile in ragione dell’acquisizione di nuovi elementi di conoscenza e di valutazione sui dati riferiti, e costituisce un momento dell’iter procedimentale volto all’accertamento dell’obbligazione tributaria”.
Per i giudici della Corte di Cassazione la facoltà di ritrattare e di modificare la dichiarazione produce effetti diversi a seconda che:

  • la modifica abbia luogo prima della notificazione dell’avviso di liquidazione della maggiore imposta;
  • ovvero successivamente alla stessa.

Nel primo caso, infatti, l’ufficio è tenuto a rispettare le risultanze della correzione, fermo restando l’esercizio dei suoi poteri in ordine ai valori emendati, ma con onere della prova a suo carico; nella seconda ipotesi, invece, pur non potendo considerarsi precluso l’esercizio della facoltà di correzione, quest’ultima, venendo necessariamente a operare in sede contenziosa, pone a carico del contribuente “tutti gli oneri di dimostrazione sulla correttezza della rettifica proposta”.

Gli errori commessi dal contribuente nella compilazione della dichiarazione La ritrattibilità secondo la Corte di Cassazione
Sono stati erroneamente indicati 

  • alcuni beni strumentali utilizzati nella propria attività agricola;
  • gli interessi passivi maturati sul finanziamento effettuato per l’acquisto di taluni cespiti.
Per i giudici della Corte di Cassazione la facoltà di ritrattare e di modificare la dichiarazione produce effetti diversi a seconda che: 

  • la modifica abbia luogo prima della notificazione dell’avviso di liquidazione della maggiore imposta. In questo caso l’ufficio è tenuto a rispettare le risultanze della correzione, fermo restando l’esercizio dei suoi poteri in ordine ai valori emendati, ma con onere della prova a suo carico;
  • ovvero successivamente alla stessa, quindi anche in sede contenziosa. In questo caso pur non potendo considerarsi precluso l’esercizio della facoltà di correzione, quest’ultima, venendo necessariamente a operare in sede contenziosa, pone a carico del contribuente “tutti gli oneri di dimostrazione sulla correttezza della rettifica proposta”.

Autore: Nicola Forte – Centro Studi CGN