Profilo fiscale e contabile dei buoni pasto

In questo articolo esaminiamo il trattamento contabile e fiscale dei buoni pasto e passiamo in rassegna i principali vantaggi sia dal punto di vista del dipendente che ne gode sia dal punto di vista dell’azienda che ne sostiene il costo.

Con il termine “buoni pasto” si intendono quei documenti, emessi in forma cartacea o elettronica, che danno al loro possessore il diritto di ottenere dagli esercizi convenzionati con la società di emissione dei buoni stessi la somministrazione di alimenti e bevande e la cessione di prodotti di gastronomia pronti per il consumo, escludendo ogni prestazione in denaro.

I buoni pasto permettono all’utilizzatore di ricevere un servizio sostitutivo di mensa aziendale di importo corrispondente al valore facciale del buono pasto.

Così come stabilito dalla Circolare Ministeriale n. 326/E del 23 dicembre 1997, i buoni pasto non sono cedibili, commercializzabili, cumulabili o convertibili in denaro. Recentemente l’Agenzia delle Entrate con la Risoluzione n. 26/E del 29 marzo 2010 ha ritenuto i buoni pasto equiparabili a compensi in denaro e non in natura come fatto in precedenti interventi (non possono comunque essere convertiti in denaro).

Profilo fiscale dei buoni pasto

Dal punto di vista del dipendente

Per il dipendente, i buoni pasto non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente. L’articolo 51 del T.U.I.R. 2º Comma recita infatti che  “Non concorrono a formare il reddito (di lavoro dipendente) (omissis) lett. C:  le somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro, nonché quelle in mense organizzate direttamente dal datore di lavoro o gestite da terzi, o, fino all’importo complessivo giornaliero di € 5.29, le prestazioni  e le indennità sostitutive corrisposte agli addetti ai cantieri edili, ed altre strutture lavorative a carattere temporaneo o ad unità produttive ubicate in zone dove manchino strutture o servizi di ristorazione“.

I buoni pasto sono esenti da tassazione fino all’importo giornaliero di € 5,29 e ciò anche in presenza di personale assunto a tempo parziale e anche quando l’orario lavorativo non prevede il diritto alla pausa pranzo.

Ciò significa che viene tassata solo l’eccedenza rispetto a tale cifra, intesa al netto della quota a carico del dipendente. Inoltre i buoni pasto, sempre fino all’importo giornaliero complessivo di €  5,29, non concorrono a determinare il reddito da lavoro dipendente ai fini del calcolo dei contributi previdenziali.

Buoni pasto ai dipendenti part-time

La Risoluzione Ministeriale n. 118/E del 30 ottobre 2006 ha stabilito che anche i lavoratori subordinati a tempo parziale, la cui articolazione dell’orario di lavoro non preveda il diritto alla pausa pranzo, ove fruiscano di buoni pasto, sono ammessi a beneficiare della previsione agevolativa di cui all’art. 51, comma 2, lettera c), Tuir.

Le motivazioni che rendono non tassabile come reddito di lavoro dipendente le prestazioni di mensa o le prestazioni sostitutive sono da ricercare nel fatto che la somma riconosciuta al lavoratore è data dal datore di lavoro prevalentemente nel suo interesse poiché, la mancanza di una mensa o di prestazioni sostitutive, produrrebbe una minore produttività del lavoratore costretto ad allontanarsi dal luogo di lavoro per consumare il pasto.

Dal punto di vista dell’azienda

Analizziamo il profilo contabile e fiscale da tre differenti punti di vista: quello dell’azienda datore di lavoro, quello del pubblico esercizio convenzionato e quello della società di gestione emittente i buoni pasto.

Per l’azienda-datore di lavoro, i costi dei buoni pasto sono in sempre costi deducibili per competenza. Questo significa che il costo va dedotto in riferimento alla data in cui il dipendente ha usufruito del servizio buono pasto. Il costo dei buoni pasto distribuiti ai dipendenti va riclassificato in bilancio alla voce B.7 del conto economico, poichè non sono costi del personale ma costi per prestazioni di servizi riguardanti il personale in forza.

Dal 1° settembre 2008 l’Iva applicata ai buoni pasto è il 4% ed è detraibile. Prima di tale data l’Iva era indetraibile ma la Legge del 6 agosto 2008 n. 133 ha di fatto modificato l’articolo 19/bis 1 del DPR 633/72 a decorrere dal 1° settembre 2008.

Il pubblico esercizio convenzionato fornisce il pasto e ritira il buono, emettendo una ricevuta fiscale con l’indicazione “corrispettivo non pagato” come stabilito dalla Circolare Ministeriale n. 97 del 1997. Il pubblico esercizio fatturerà successivamente alla società che ha emesso il buono un importo pari al controvalore del buono al netto dello sconto riconosciuto come corrispettivo del servizio.

L’Iva applicata dal pubblico esercizio convenzionato alla società emittente i buoni pasti è pari al 10%, ed è detraibile per la società emittente. La base imponibile è determinata applicando al valore del buono pasto l’eventuale sconto previsto contrattualmente e scorporando l’imposta in esso compresa. La fatturazione da parte dell’esercizio convenzionato determina il momento in cui il ricavo si considera conseguito.

La società di gestione-emittente i buoni pasto emette fattura nei confronti del datore di lavoro e poichè la prestazione non viene ultimata fino al momento della somministrazione, rinvierà la rilevazione a conto economico dei buoni venduti e non utilizzati entro la fine dell’esercizio. I buoni venduti e mai utilizzati per smarrimenti o altre cause potranno essere rilevati come componenti di reddito solo dopo la decorrenza del termine legale di prescrizione dei diritti incorporati nei buoni stessi.

Per concludere, sebbene i buoni pasto sono regolati da diverse disposizioni di leggi e circolari, alcune delle quali contrastanti tra di loro, il vantaggio fiscale dei buoni pasto è una certezza ed il loro uso è particolarmente vantaggioso soprattutto per le aziende-datori di lavoro, rispetto ad un’equivalente cifra netta versata in busta paga come ad esempio a titolo di indennità di mensa.

Per i dipendenti, il buono pasto è percepito come un servizio utile, ma anche come mezzo per salvaguardare il proprio potere d’acquisto mentre per i pubblici esercizi convenzionati, i “clienti” con i buoni pasto rappresentano una clientela sicura e fidelizzata.

Autore: Antonino Salvaggio – Centro Studi CGN

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