Comunicazione beni ai soci

Analizziamo il nuovo adempimento introdotto con dalla c.d. Manovra di Ferragosto del 2011 (DL 138/11 – art. 2, commi da 36-terdecies a 36-duodevicies): la Comunicazione all’Agenzia delle Entrate dei dati anagrafici dei soci o dei familiari che hanno ricevuto in godimento i beni dell’impresa.

La disposizione ha trovato applicazione con l’emanazione del Provvedimento attuativo del 16-11-2011 con il quale sono state definite le modalità ed i termini per l’invio della comunicazione all’Anagrafe Tributaria. Ulteriori chiarimenti sono stati forniti dall’Agenzia delle Entrate in occasione di incontri con la stampa specializzata e nella circolare n. 27/2012 dell’Istituto di Ricerca dell’Ordine dei Commercialisti.

La finalità dell’intervento è duplice, da un lato contrastare il diffuso fenomeno dell’interposizione fittizia di beni posti di fatto nella disponibilità dei soci con utilizzo dello schermo societario e dall’altro potenziare l’accertamento sintetico nei confronti dei soggetti utilizzatori di detti beni.
L’uso di intestare in capo a un’impresa beni destinati all’uso personale dei soci è spesso utilizzato per cercare di eludere l’applicazione del redditometro.

Soggetti interessati sono le imprese individuali e le società commerciali (indipendentemente che siano di comodo) ad esclusione delle società semplici, enti non commerciali ed imprese agricole.
La normativa si applica anche alle società formalmente domiciliate all’estero ma considerate residenti in Italia ai sensi della norma sulle società ‘esterovestite’ mentre sono escluse le società estere e tale circostanza potrebbe generare una disparità di trattamento tra i soci residenti di queste ultime e i soci residenti di società italiane che sono invece interessati dalla norma.

Soggetti beneficiari sono i soci delle società ed anche i familiari dei soci (di cui alla definizione dell’art. 433 del c.c.) che detengono in godimento i beni direttamente o indirettamente per il tramite di società controllate del gruppo.

I beni concessi in godimento sono ricompresi tra quelli d’impresa come i beni strumentali, i beni-merce o i beni-patrimonio e gli stessi possono essere posseduti dalla società o impresa concedente anche a titolo di diritto reale di godimento o detenuti in locazione finanziaria o noleggio.

I beni sono stati suddivisi in 6 categorie (autovetture, altri veicoli, unità da diporto, aeromobili, immobili ed altri) con esclusione dall’obbligo di comunicazione per quelli di valore inferiore ad euro 3.000 al netto dell’IVA, in coerenza con il valore limite previsto per lo spesometro.

La comunicazione deve essere inviata anche per ogni finanziamento o capitalizzazione realizzati nel periodo in corso al 17/11/2011 così come per i finanziamenti già in corso nello stesso periodo.
La norma ha previsto per tali intestazioni fittizie effetti penalizzanti sia in capo ai soggetti beneficiari che alle imprese concedenti.

Nel caso in cui la società o l’impresa individuale conceda ai soci o familiari beni ad un corrispettivo inferiore al valore normale del bene si genera una nuova fattispecie di reddito diverso di cui all’art. 67, 1° c., lett. h-ter) del Tuir.

Il socio o familiare vedrà appunto tassato come reddito diverso la differenza tra corrispettivo e valore di mercato del bene in godimento. Il concetto di valore di mercato è definito dall’art. 9 del Tuir e per la sua determinazione si dovrà fare riferimento ad esempio in caso di cessione in uso di autovetture alle vigenti tariffe ACI mentre per la cessione di immobili ai dati dell’osservatorio immobiliare.
Al verificarsi di tale conseguenza l’impresa non potrà portarsi in deduzione tutti i costi relativi ai beni concessi in godimento (ammortamenti, spese di manutenzione ecc.) e ciò per altro nel rispetto del principio di inerenza in quanto se un bene è utilizzato dai soci/familiari i costi non sono deducibili. La norma letteralmente prevedrebbe l’integrale indeducibilità dei costi nel caso in cui il corrispettivo pattuito sia inferiore al valore normale tuttavia sembra ragionevole ritenere che i costi siano indeducibili per la parte che corrisponde al rapporto tra valore normale eccedente il corrispettivo e il valore normale del bene in godimento.

Al fine di determinare il reddito diverso la norma parla di confronto tra il corrispettivo annuo ed il valore normale e pertanto si dovrà anche far riferimento al periodo di godimento del bene indicando nel modulo di comunicazione le date di inizio o fine del periodo di godimento.

Con riferimento al criterio di imputazione temporale del reddito non rileva l’aspetto del pagamento ma il corrispettivo concorre comunque a formare il reddito per l’impresa secondo il principio di competenza indipendentemente dal pagamento da parte dell’utilizzatore.
La nuova norma potrebbe inoltre sovrapporsi con altre del TUIR che già prevedono in taluni casi una totale indeducibilità o una deducibilità forfetaria dei costi relativi a determinati beni.

A tal proposito si possono distinguere 3 casistiche:

  • beni concessi a soci e familiari per uso esclusivamente personale e senza corrispettivo: i costi sono tutti indeducibili in quanto non inerenti;
  • beni concessi ai soci in uso esclusivo a fronte di un corrispettivo: i costi sono indeducibili in quanto correlati a proventi imponibili ma se il corrispettivo è inferiore al valore di mercato allora opera l’indeducibilità nella misura proporzionale sopra indicata;
  • beni concessi a soci e familiari in uso promiscuo sia per l’attività d’impresa che personale: in questo caso va verificata l’esistenza di norme di forfetizzazione dell’inerenza previste dall’ordinamento (es. art. 164 Tuir o art. 90 Tuir).

Quest’ultimo aspetto riguarda il casi molto diffuso in cui il socio riveste la qualifica di amministratore oppure il dipendente è anche socio della società.
Si ritiene che dovrebbero continuare ad applicarsi le norme sui fringe benefits e pertanto la norma che prevede l’indeducibilità dei costi in capo all’impresa concedente non possa esse applicata in quanto potrebbero determinarsi situazioni di doppia imposizione eccessivamente penalizzanti per l’impresa.

Nel Provvedimento di attuazione è previsto che sia specificato se l’utilizzo è esclusivo o meno e la data del subentro mentre è stato precisato che la comunicazione debba essere effettuata in ogni caso quando un bene appartenente all’impresa é assegnato ad un socio senza limitare l’adempimento al fatto che il corrispettivo sia inferiore al valore di mercato.
La norma prevede inoltre che debbano essere comunicati anche i finanziamenti e le capitalizzazioni effettuate a favore della società e questa richiesta è finalizzata ad acquisire informazioni utili per l’applicazione del redditometro.

L’Agenzia ha avuto modo di puntualizzare negli incontri con la stampa che vadano comunicati sia i finanziamenti verso la società ma anche i versamenti ricevuti dai soci per qualsiasi ammontare ed indipendentemente che siano finalizzati ad acquistare beni strumentali da concedere a soci e familiari.

Tale ampliamento dell’obbligo di comunicazione è giustificato dalla generica formulazione della norma che fa riferimento a qualsiasi forma di finanziamento o capitalizzazione effettuata nei confronti della società. Si evidenzia soltanto che i dati relativi agli aumenti e costituzione di capitali sono già in possesso dell’amministrazione in quanto atti soggetti a registrazione ed un’ulteriore comunicazione sarebbe in contrasto con i principi dello statuto del contribuente.
Le norme si applicano a decorrere dall’anno successivo alla loro entrata in vigore (17/11/11) e quindi dal 2012.
Per quanto riguarda l’obbligo di comunicazione questo è previsto entro il 31 marzo di ogni anno mentre per il primo anno di applicazione è stato prorogato al 15 ottobre prossimo.

La comunicazione potrà essere trasmessa alternativamente dalla società/impresa o dal socio e familiare.

La norma prevede infine che nel periodo di prima applicazione debbano essere rideterminati gli acconti sia da parte del socio/familiare che della società/impresa assumendo quale imposta presa a base di calcolo quella che si sarebbe determinata rispettivamente facendo concorrere la differenza tra valore di mercato e corrispettivo annuo al reddito della persona fisica ovvero non deducendo i costi del bene concesso in godimento dal reddito della società o dell’imprenditore.

Infine l’infedele od omessa comunicazione in presenza di un reddito diverso per il soggetto utilizzatore comporta una sanzione in solido tra le parti pari al 30% della differenza tra corrispettivo e valore normale. In caso invece di omessa comunicazione pur in assenza di reddito diverso è prevista una sanzione fissa da euro 258 a 2.065.

Riassumendo il nuovo adempimento può effettivamente disincentivare l’intestazione di beni utilizzati da soci in capo alla società oltre a comportare un obbligo di comunicazione ogni qual si concedano beni aziendali a soci e familiari e per ogni forma di finanziamento e versamento intercorso tra soci e società al fine della ricostruzione del reddito dei contribuenti persone fisiche attraverso lo strumento dell’accertamento sintetico.

Autore: Gianluigi Degan – Centro Studi CGN