Valore delle partecipazioni: i suggerimenti dell’EVA

Il valore economico di un’azienda e quindi anche delle partecipazioni societarie che la rappresentano, ai fini fra l’altro della rivalutazione fiscale del costo d’acquisto da perfezionare entro il prossimo 1 luglio, può essere ricostruito attraverso l’applicazione del metodo di origine anglosassone denominato E.V.A. (Economic Value Added). Quali sono le sue principali caratteristiche? Come viene calcolato? Ecco la risposta.

Il metodo E.V.A. è un criterio di valutazione di tipo unlevered,  che mira ad assegnare un valore all’intero complesso dei beni aziendali (firm value), al lordo pertanto (“sopra la linea”) del valore dei debiti finanziari.

La valutazione del capitale economico di proprietà (equity value) si ottiene poi dalla sottrazione: firm value – debiti finanziari.

Si tratta di un metodo misto, in quanto stima il valore lordo aziendale considerando sia la consistenza patrimoniale che le prospettive reddituali.

La prima viene rappresentata dal capitale investito (CI), apportando agli elementi contabili delle attività e delle passività non finanziarie (ad esempio debiti verso fornitori, fondo t.f.r., ratei e risconti passivi) le rettifiche necessarie ad esprimere il valore corrente.

Fra le più ricorrenti ricordiamo la rivalutazione o la svalutazione di immobili, il cui valore contabile diverge da quello di mercato; la capitalizzazione di costi d’esercizio che rivestono utilità pluriennale; l’aumento delle rimanenze di magazzino che risultino valutate in bilancio a costi storici non aggiornati, o la loro diminuzione per obsolescenza dei prodotti in giacenza; l’appostazione dell’effettivo fondo svalutazione crediti, spesso allineato agli importi fiscalmente deducibili.

L’aspetto reddituale del metodo in esame si manifesta invece attualizzando per un certo numero di anni (di solito non superiore a cinque) una sorta di avviamento lordo del complesso aziendale, in coerenza con l’impostazione unlevered.

Questi economic value annuali, da aggiungere o sottrarre al capitale investito, derivano dalla differenza tra il reddito operativo al netto delle imposte dirette, nopat (net operating profit after tax), ed il rendimento del capitale investito atteso dai finanziatori interni ed esterni, wacc (weighted average cost of capital), ponderato nel rispetto delle percentuali di incidenza di mezzi propri e di terzi.

Il reddito operativo netto considera le rettifiche apportate al capitale investito (ad esempio, storno dei costi d’esercizio capitalizzati in quanto di utilità pluriennale).

Per il calcolo del wacc, da applicare al capitale investito, il rendimento atteso dai soci viene determinato aggiungendo al tasso di puro riposo ottenibile in investimenti privi di rischio uno spread espressivo dell’aleatorietà insita nella gestione della specifica unità aziendale, mentre quello dei finanziatori esterni è normalmente esplicito.

Questo stesso parametro dell’onerosità delle fonti di finanziamento aziendali, figurativa per il capitale di proprietà ed effettiva per quello di terzi, viene utilizzato per attualizzare alla data della valutazione (ad esempio il 1/1/2013) i singoli economic value added annuali calcolati.

Infine, dopo la stima analitica per un certo numero di periodi, si esprime una misura media dell’economic value added a durata indefinita, vagliato da un fattore g di crescita costante, che rappresenta una sorta di valore terminale (terminal value) dell’azienda a conclusione dell’orizzonte temporale delle previsioni puntuali, retrocesso mediante il wacc alla data della valutazione.

Riportiamo in allegato la formula complessiva del metodo in oggetto, ipotizzando un periodo triennale di determinazione analitica degli economic value added.

Alessandro Tentoni