Quando il valore delle partecipazioni è nascosto

La data ravvicinata del prossimo 1 luglio entro cui procedere all’asseverazione delle perizie di rivalutazione delle quote o azioni societarie possedute da persone fisiche, ai sensi dell’articolo 1 comma 473 della legge n.228/2012, induce a qualche ulteriore riflessione sulla valutazione dell’impresa.

Peraltro, va precisato che tale tematica ricorre in una casistica piuttosto diversificata (ad esempio cessioni e conferimenti d’azienda o di partecipazioni, fusioni, scissioni, divisioni ereditarie, recesso o esclusione di un socio).

I metodi per la stima del capitale economico si fondano su ipotesi relative a grandezze espresse dallo stato patrimoniale, dal conto economico, dal rendiconto finanziario.

Si procede con l’attribuzione:

  • di un valore corrente ai singoli elementi del capitale suscettibili di utilità futura (criteri patrimoniali);
  • di un reddito prospettico (criteri reddituali);
  • di un flusso di cassa (criteri finanziari);
  • o combinando i diversi approcci (criteri misti).

Queste elaborazioni contengono già una certa dose di discrezionalità, peraltro fisiologica in considerazione del carattere probabilistico della gestione aziendale.

Dalla lettura anche di altri documenti quali nota integrativa, relazione sulla gestione, relazione del collegio sindacale, relazione del revisore legale, verbali degli organi societari, o da informazioni comunque assunte, può emergere l’esistenza di particolari aspetti da valorizzare.

Si tratta di chances o minacce insite in operazioni in corso, il cui esito è tuttavia incerto alla data di riferimento della stima.

Si pensi, nel primo caso, all’eventualità di intraprendere la costruzione di un importante complesso immobiliare, qualora si ricevano le necessarie autorizzazioni pubbliche.

Ovvero, nel secondo, alla possibilità di subire un contenzioso da terzi.

La migliore prassi professionale contempla due possibili soluzioni per accogliere i relativi profili economici nell’ambito della valutazione d’azienda:

  • previsione di un importo prestabilito immediato per acquisire il diritto ad avvantaggiarsi della situazione favorevole che dovesse verificarsi entro un certo numero di anni;
  • accordo per regolare a termine la differenza di valore, positiva o negativa, che dovesse manifestarsi entro un certo numero di anni.

Nella prima tipologia di accordi è il compratore (opzione call) o il venditore (opzione put) a riconoscere alla controparte un ammontare determinato, rispettivamente in aumento o in diminuzione del valore aziendale stimato.

In questo modo, la parte titolare dell’opportunità conseguirà gli eventuali benefici economici risultanti entro un arco temporale, ad esempio incassando un contributo a fondo perduto in istruttoria alla data di riferimento della perizia.

Ai fini della rivalutazione delle quote o azioni societarie di prossima scadenza, non basata su un’effettiva operazione di compravendita, il valore dell’impresa registra un incremento se si considera plausibile la possibilità di ottenere il riconoscimento di una teorica call.

Viceversa, subisce una diminuzione se le circostanze inducono a ritenere i cedenti favorevoli a sostenere una put.

La seconda modalità di affrontare la tematica dell’incertezza si basa su clausole di maggiorazione (earn out) o di riduzione (claw back) del valore aziendale, al verificarsi della fattispecie contraddistinta dall’incertezza.

Si pensi alla possibilità che una società di calcio consegua una promozione in serie A entro un certo periodo futuro o, viceversa, retroceda in una categoria inferiore.

Anche in questo caso, se si può ragionevolmente presumere la disponibilità del mercato ad accogliere una ipotetica proposta di earn out, o dei soci a riconoscere una claw back, il rispettivo valore economico ponderato per la probabilità di manifestazione dell’evento aleatorio può iscriversi in perizia.

Alessandro Tentoni