Case sfitte, il dilemma del proprietario

Locare o non locare? È il dubbio amletico che attanaglia i proprietari di seconde case non locate di fronte alle novità fiscali sui redditi fondiari in vigore per l’anno di imposta 2013. Ecco in breve gli aspetti salienti che sono alla base delle decisioni dei proprietari, con particolare riguardo agli effetti fiscali e alla compilazione dei modelli dichiarativi.

Il maggior carico fiscale per i redditi derivanti da case sfitte, la cedolare secca più appetibile, una disciplina fiscale sfavorevole e immutata rispetto ai canoni non riscossi, rendono le decisioni dei proprietari particolarmente attente in un momento storico di crisi con conseguenti aumenti di cause civili per l’ottenimento sia del provvedimento di convalida dello sfratto che la riscossione dei relativi canoni locativi.

La Legge di Stabilità (art. 1, comma 717, L. n. 147/2013) rivede la tassazione degli immobili non locati. È infatti stabilito che il reddito degli immobili:

  • ad uso abitativo
  • situati nello stesso comune dove si trova l’abitazione principale del contribuente
  • assoggettati all’imposta municipale propria

concorre alla formazione del reddito complessivo in ragione del 50%, e viene assoggettato a IRPEF e relative addizionali.

In pratica, a decorrere dal 2013, in sede di 730/2014 o Unico/2014, per le abitazioni sfitte, situate nello stesso Comune dove si trova l’abitazione principale, il relativo reddito fondiario sarà tassato al 50%, in deroga al principio di sostituzione IMU/IRPEF che prevedeva l’alternanza dell’IMU al posto dell’IRPEF e relative addizionali proprio in relazione agli immobili non locati.

In sintesi, per le seconde case a disposizione del contribuente, ubicate nello stesso Comune in cui si trova l’abitazione principale si dovrà versare:

  1. l’IMU, e al riguardo si segnala che gran parte dei comuni (circa il 90% stando alle statistiche) hanno deliberato l’aliquota massima;
  2. l’IRPEF e le relative addizionali, su una base imponibile ridotta del 50%;
  3. la TA.S.I. (tributo per i servizi indivisibili), che ha la stessa base imponibile dell’IMU, con un’aliquota che potrà arrivare fino al 2,5 per mille (o 3,3 secondo gli ultimi progetti legislativi in corso di approvazione).

Il modello 730/2014 prevede nella colonna 12, denominata casi particolari, il codice 3, previsto per gli  immobili ad uso abitativo non locati, assoggettati ad IMU, e situati nello stesso Comune nel quale si trova l’immobile adibito ad abitazione principale.

Tabella 1

A fronte della maggiore tassazione sulle case sfitte, il regime della cedolare secca diventa più conveniente. Due sono le novità legislative in vigore già per il 2013:

  1. la prima riguarda la riduzione della percentuale di abbattimento dei canoni di locazione in regime ordinario dal 15% al 5% (art. 4, D.L. 92/2012);
  2. la  seconda concerne la riduzione dell’aliquota dal 19% al 15% per i contratti a canone concordato (art. 4, D.L. 102/2013).

La maggiore convenienza fiscale dovrà fare i conti con la prudenza dei proprietari nel concedere in locazione gli immobili, per via del particolare momento di crisi che vede crescere in maniera esponenziale le situazioni di morosità in combinazione con una disciplina fiscale alquanto sfavorevole rimasta invariata.

Infatti, il proprietario, nonostante la morosità dell’inquilino, può trovarsi a dover versare le relative imposte anche sui canoni non effettivamente percepiti, posto che l’art. 26 del TUIR deroga al principio di cassa assoggettando ad imposizione i canoni a prescindere dall’incasso.

Il proprietario, per non versare imposte su canoni non riscossi, deve avviare il procedimento di convalida di sfratto per morosità, con i seguenti riflessi in sede di dichiarazione dei redditi:

  1. se il provvedimento di convalida viene emesso prima della scadenza della presentazione dei redditi, il proprietario può non considerare i relativi canoni quali componenti di reddito;
  2. in mancanza del provvedimento, il contribuente deve dichiarare i canoni non riscossi e versare le relative imposte;
  3. una volta ottenuto il provvedimento, al contribuente spetterà un credito d’imposta da calcolare determinando le imposte senza considerare tra i redditi i canoni non riscossi. Il credito d’imposta dovrà essere dichiarato nella prima dichiarazione utile successiva (quadro G del modello 730/2014 e quadro CR del modello Unico/2014) e potrà essere utilizzato in compensazione oppure richiesto a rimborso.

Tabella 2

Spesso accade che i canoni di locazione vengano successivamente riscossi. Tali canoni di locazione concorreranno a formare il reddito del contribuente nell’anno in cui vengono percepiti e verranno assoggettati a tassazione separata (trattandosi di componenti reddituali che si riferiscono ad annualità precedenti), oppure a tassazione ordinaria previa opzione da parte del contribuente.

Nicolò Cipriani – Centro Studi CGN