Seconde case sfitte tra IMU e IRPEF: casi e soluzioni

I contribuenti che mantengono la disponibilità di un immobile ad uso abitativo nello stesso Comune dove si trova l’abitazione principale devono assoggettare ad IRPEF e relative addizionali  il relativo reddito fondiario, che dovrà concorrere nella misura del 50% a formare il reddito complessivo. È quanto stabilito nel nuovo art. 9 del D.Lgs. 23/2011, come riformulato nella Legge di Stabilità, da cui conseguono una serie di casi particolari. Li trattiamo in questo articolo, tenendo conto anche delle possibili delibere comunali in tema di IMU in grado di moltiplicare ulteriormente le fattispecie possibili.

La regola generale (art. 8, D.Lgs. 23/2011) stabilisce il principio di sostituzione pieno IMU/IRPEF e relative addizionali sui redditi fondiari relativi agli immobili non locati, nel senso che laddove un immobile sconti l’IMU, tale immobile non deve restare inciso rispetto all’imposta personale. Tale principio subisce una deroga in virtù di quanto introdotto dalla Legge di Stabilità (art. 1, comma 717, D.L. 147/2013):

“Fermo restando quanto previsto dai periodi precedenti, il reddito degli immobili ad uso abitativo non locati situati nello stesso Comune nel quale si trova l’immobile adibito ad abitazione principale, assoggettati all’imposta municipale propria, concorre alla formazione della base imponibile dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e delle relative addizionali nella misura del 50 per cento.”

Dall’esame della norma si evince che sussistendo le seguenti condizioni:

  1. possesso di un immobile ad uso abitativo non locato,
  2. immobile assoggettato a IMU,
  3. ubicazione di tale immobile nel medesimo Comune in cui si trova l’abitazione principale,

il principio di sostituzione si attenua, nel senso che il reddito fondiario dell’immobile ad uso abitativo non locato concorre a formare il reddito complessivo nella misura del 50%.

Trattandosi di condizioni che devono coesistere, in concreto possono avverarsi i seguenti casi:

Tabella 1

 

Nei casi esaminati, la contestualità delle condizioni si verifica nel secondo caso (possesso abitazione principale nel Comune A e immobile a uso abitativo non locato, soggetto a IMU, sempre nello stesso Comune), e solo in tale ipotesi il contribuente dovrà assoggettare il reddito fondiario del secondo immobile a tassazione IRPEF.

È il caso di precisare che per immobile ad uso abitativo non locato si intende sia la seconda casa tenuta a disposizione per qualsiasi motivo (casa per le vacanze, immobile sfitto compresi quelli di difficile collocazione sul mercato), sia gli immobili concessi in comodato ad un familiare.

Esaminiamo le seguenti altre ipotesi:

Tabella 2

In entrambi i casi, il contribuente non possedendo l’abitazione principale nel medesimo Comune in cui possiede la seconda casa, evita di pagare l’IRPEF sul reddito fondiario dell’immobile a disposizione.

Se consideriamo anche la possibilità da parte dei Comuni di deliberare l’assimilazione ad abitazione principale dell’immobile concesso in comodato tra parenti in linea retta fino al 1° grado,  le situazioni potrebbero così essere rappresentate.

Tabella 3

In entrambi i casi, a prescindere dalla coesistenza delle due condizioni, per via della delibera del Comune che ha assimilato l’immobile concesso in comodato al figlio ad abitazione principale, il mancato assoggettamento all’IMU della seconda casa comporta l’applicazione dell’IRPEF sul 100% del reddito fondiario.

Approfondendo ancora le possibili fattispecie, possiamo imbatterci nei seguenti ulteriori casi:

Tabella 4

In queste ipotesi, a prescindere dal trattamento IMU, il contribuente non deve versare l’IRPEF sulla casa concessa in comodato al figlio. Infatti, ai fini IRPEF, si considera abitazione principale quella in cui il contribuente o i suoi familiari (coniuge, parenti entro il terzo grado e affini entro il secondo) dimorano abitualmente.

Nicolò Cipriani – Centro Studi CGN