Operazioni straordinarie, il Fisco non vuole d..elusioni

Tradizionalmente vengono annoverate fra le operazioni straordinarie concernenti l’azienda la cessione, il conferimento, la trasformazione, la fusione, la scissione e la liquidazione, sebbene anche altri istituti intervengano sporadicamente al fine di ottimizzare gli equilibri gestionali.

Le prime cinque sono denominate “cessazioni relative”, poiché determinano la modifica del soggetto giuridico che regge l’impresa, del soggetto economico che la dirige, o di entrambi, senza compromettere la prosecuzione dell’attività economica esercitata.

La liquidazione o “cessazione assoluta”, nelle sue diverse forme, conduce invece all’estinzione dell’azienda, attraverso il dissolvimento del suo patrimonio.

Nel primo raggruppamento, in particolare, la cessione, il conferimento, la fusione e la scissione sono accomunate dall’alienazione dell’intero compendio aziendale, o di un suo ramo, mentre nella trasformazione si assiste alla scelta di un diverso contenitore giuridico, societario o comunque collettivo.

Le principali peculiarità fiscali, favorevoli, caratterizzano proprio alcune delle fattispecie miranti al trasferimento dell’impresa.

Nella liquidazione, infatti, i singoli atti di vendita, di incasso e di pagamento non hanno stimolato l’introduzione di significative agevolazioni, né d’altra parte sorprende la sostanziale neutralità impositiva della trasformazione, in cui come sottolineato il patrimonio non risulta coinvolto.

Concentriamo allora l’attenzione sulle operazioni di trasferimento d’azienda, osservando preliminarmente che solo nella cessione il corrispettivo è di norma in denaro, mentre nel conferimento, nella fusione e nella scissione è costituito da “carta”, ovvero partecipazioni (salvo un eventuale conguaglio in moneta).

Questo aspetto giustifica un trattamento fiscale della prima analogo a quello previsto per la compravendita ed il regime incentivante disposto, viceversa, per le seconde.

Infatti, nelle operazioni in questione può considerarsi prevalente il profilo della riorganizzazione societaria, modificando la veste giuridica e/o estendendo la compagine sociale, rispetto a quello dell’acquisizione dell’azienda, dato che il soggetto economico, in particolare, può rimanere invariato.

Nello specifico, si segnala innanzitutto la neutralità sancita dall’articolo 176 comma 1 del Tuir nell’ambito delle imposte dirette, che si manifesta con le seguenti modalità.

La società che riceve l’azienda o un suo ramo, quindi la conferitaria, la risultante dalla fusione o la incorporante, la beneficiaria in caso di scissione, possono conseguire un differenziale positivo costituito dalla differenza tra valore dei titoli emessi, o annullati se già detenuti, e il maggior importo dal patrimonio netto contabile acquisito.

In altre parole, si aumenta il capitale sociale al servizio dell’operazione per 100 e si accoglie un valore contabile netto dell’azienda pari a 120.

Nel caso opposto, si riceverebbe un capitale netto di 80 a fronte di quote o azioni di nuova emissione di 110.

Queste situazioni si spiegano con la necessaria valutazione economica del ramo o del complesso aziendale trasferito ai fini dell’ammontare del capitale sociale da emettere, che diverge frequentemente dal saldo del relativo patrimonio netto.

Anche in caso di annullamento di partecipazione preesistente, è probabile si verifichi analogo disallineamento.

Tutte queste differenze contabili delle operazioni in esame non producono materia imponibile, in nessuno dei soggetti coinvolti.

Anzi, il disavanzo da conferimento, fusione o scissione esemplificato nel secondo dei due casi proposti, iscrivibile nell’attivo di stato patrimoniale quale immobilizzazione materiale o immateriale, può essere riconosciuto fiscalmente mediante il pagamento di un’imposta sostitutiva graduata al 12%, 14% o 16%, a seconda che il valore complessivo affrancato risulti rispettivamente entro 5 milioni, 10 milioni o oltre (articolo 176 comma 2-ter del Tuir).

Altre chances di allineamento del disavanzo ai fini fiscali, purché relativo ad attività immateriali, è contemplato dall’articolo 15 comma 10 del D.L. 185/08, con aliquota del 16% e quota di ammortamento deducibile del plusvalore del 10%.

L’interpretazione quali modifiche di struttura societaria attribuita alle gestioni straordinarie relative in questione, più che di trasferimenti d’azienda, risulta evidente anche nell’imposizione indiretta, nella quale a fronte dell’esclusione ai fini IVA viene applicata l’imposta fissa di registro di 200, oltre che in analoga misura per le ipotecarie e catastali ove presenti immobili.

A rovinare parzialmente il quadro fiscale delineato giunge tuttavia il monito dell’articolo 37 bis del DPR 600/73, che consente all’amministrazione finanziaria di disapplicare perché elusive, ai fini delle imposte dirette, le operazioni:

1) prive di valide ragioni economiche;

2) dirette ad aggirare obblighi e divieti previsti dalla normativa fiscale;

3) finalizzate all’ottenimento di indebiti risparmi d’imposta.

Alessandro Tentoni