IRAP e autonoma organizzazione: le sentenze della Cassazione

Con l’avvicinarsi delle scadenze fiscali si ripresenta anche quest’anno la questione del pagamento dell’IRAP per i lavoratori autonomi dovuta in base alle risultanze dei modelli dichiarativi. Si tratta di un argomento dibattuto sin dall’introduzione dell’IRAP, soprattutto per via della fumosa definizione del presupposto dell’autonoma organizzazione. In alcuni casi la giurisprudenza della Cassazione si è divisa rendendo necessario l’intervento delle Sezioni Unite per definire alcune questioni, che ripercorriamo in questo articolo.

Il professionista con un dipendente che svolge mansioni meramente esecutive o di segreteria non deve pagare l’IRAP. È la sentenza n. 9451 del 10 maggio 2016 delle Sezioni Unite dalla Cassazione a escludere l’automatismo “dipendente-soggezione a IRAP”, superando quanto sostenuto più volte dalla stessa Cassazione (in particolare la sezione V) con riguardo ad avvocati, commercialisti, ragionieri, ingegneri, medici etc. (si veda per tutte Cass.  Sez. 5^ sent. n. 7609 e n. 19072/2014).

Per le Sezioni Unite, l’impiego non occasionale di lavoro altrui non può considerarsi di per sé integrativo del requisito dell’autonoma organizzazione, dovendosi indagare, nel singolo caso, se è presente quel qualcosa in più che concretizza l’elemento organizzativo consentendo al contribuente di accrescere il proprio reddito. Si conferma il principio già in uso per i beni strumentali per cui è necessario indagare il minimo indispensabile per l’attività in assenza di organizzazione. Lo stesso principio deve valere in presenza del fattore lavoro “la cui soglia minimale si arresta all’impiego di un collaboratore”.

Con la sentenza n. 7371 del 14 aprile 2016 la Corte di Cassazione a Sezioni Unite si è pronunciata sull’esercizio in forma associata di un’attività professionale riconoscendo che tale modalità di svolgimento dell’attività costituisce di per sé presupposto dell’imposta regionale sulle attività produttive, a prescindere, quindi, dal requisito dell’autonoma organizzazione. In tale occasione i giudici delle Sezioni Unite hanno affrontato la questione relativa all’applicazione dell’IRAP derivante dallo svolgimento di attività professionale espletata nella veste giuridica societaria, in particolare di società semplice, anche quando il giudice valuti non sussistente una “autonoma organizzazione” dei fattori produttivi.

Il cuore della sentenza 7371/2016 è costituito dall’affermazione secondo cui l’oggetto della convergente attività dei soci deve essere costituito dall’esercizio in comune di un’arte e di una professione. Perciò l’IRAP appare, in forza della legge, applicabile alle “società fra professionisti” di cui all’art. 10 della legge 12 novembre 2011, n. 183 (c.d. “legge di stabilità 2012”) e al D.M. 8 febbraio 2013, n. 34 (regolamento in materia di società per l’esercizio di attività professionali regolamentate nel sistema ordinistico, ai sensi dell’articolo 10, comma 10, della legge 12 novembre 2011, n. 183). Infatti, tali società, che ben possono essere costituite nella forma della società semplice, hanno appunto come obiettivo “l’esercizio in via esclusiva dell’attività professionale da parte dei soci”. E sono soggette ad IRAP anche le società di fatto che abbiano le caratteristiche sostanziali delle “società fra professionisti”, ancorché non siano regolarmente costituite e iscritte nella “sezione speciale degli albi o dei registri tenuti presso l’ordine o il collegio professionale di appartenenza dei soci professionisti” (di cui all’art 8 del D.M. 34/2013).

Alla luce di questo principio di diritto si è risolto in senso favorevole all’Agenzia delle Entrate il giudizio riguardante il rigetto dell’istanza di rimborso presentata dai due soci di una società semplice, svolgente attività di amministratori condominiali.

Altra questione molto dibattuta a livello giurisprudenziale è la soggezione all’IRAP dei professionisti organizzati secondo il modello della medicina di gruppo. La sentenza 13 aprile 2016, n. 7291, delle Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione ha escluso che l’attività di medicina di gruppo “sia assimilabile all’associazione fra professionisti” riconducibile ad uno dei tipi di società o enti di cui agli artt. 2 e 3 del D.Lgs. 447/97 e che quindi costituisca ex lege presupposto d’imposta. Secondo la sentenza in esame le spese per il personale di segreteria o infermieristico comune non rendono assoggettabile all’IRAP il medico aderente alla medicina di gruppo. La vicenda trae origine da una sentenza della CTR del Veneto che aveva escluso l’assoggettabilità a IRAP di un medico convenzionato con il SSN in relazione al reddito conseguito per l’attività di medicina di gruppo. I giudici della commissione regionale fondavano i loro ragionamenti sul fatto che le spese per le collaborazioni di terzi erano modeste, evidenziando i tratti organizzativi della medicina di gruppo che, a differenza di quanto accade per le associazioni professionali, comportano che le sole spese comuni siano ripartite, mentre spese e compensi inerenti a ciascuna attività ambulatoriale sono per intero rispettivamente sostenute ad attribuite al rispettivo titolare. Le Sezioni Unite hanno condiviso le motivazioni della sentenza impugnata e hanno ribadito che è da escludere che l’attività di medicina di gruppo sia riconducibile ad uno dei tipi di società o enti di cui all’agli articoli 2 e 3 della legge istitutiva dell’IRAP, e che quindi costituisca ex lege presupposto d’imposta. La CTR del Veneto ha richiamato, in termini generali, gli obblighi della convenzione che lega il medico di base al Servizio sanitario nazionale e ha accertato che la spesa per la collaborazione di terzi era nella specie modesta, e che quindi non valeva a caratterizzare l’autonoma organizzazione postulata dalla norma impositiva. Piuttosto le spese in contestazione erano indispensabili ad assicurare un servizio di segreteria telefonica e alcune prestazioni infermieristiche.

Nicolò Cipriani – Centro Studi CGN