Chiusa la partita IVA dopo 3 anni di inattività

Una delle novità principali contenute nel “pacchetto semplificazioni” inserito nel DDL di conversione del DL 193/2016 (disposizioni urgenti in materia fiscale) è la chiusura d’ufficio, dopo opportune verifiche, delle partite IVA per i soggetti che per 3 anni non hanno esercitato attività d’impresa, arte o professione (cosiddette partite IVA inattive). L’eventuale chiusura d’ufficio della partita IVA non porterebbe a sanzioni per omessa comunicazione di cessata novità.

Uno specifico provvedimento dell’Agenzia delle Entrate chiarirà i criteri e le modalità attuative della chiusura della partita IVA mentre il contribuente potrà far pervenire i chiarimenti necessari presso lo stesso Ente.

Così infatti dispone l’art. 7-quater comma 44 dello stesso DL: “L’Agenzia delle Entrate procede d’ufficio alla chiusura delle partite IVA dei soggetti che, sulla base dei dati e degli elementi in suo possesso, risultano non aver esercitato nelle 3 annualità precedenti attività di impresa ovvero attività artistiche o professionali. Sono fatti salvi i poteri di controllo e accertamento dell’amministrazione finanziaria. Con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate sono stabiliti i criteri e le modalità di applicazione del presente comma, prevedendo forme di comunicazione preventiva al contribuente”.

Si ricorda che la normativa in vigore prima delle modifiche introdotte dal DL 193/2016, rinvenibile nell’art.35 comma 5 – quinquies del DPR 633/72, prevedeva l’obbligo in capo al contribuente, in caso di cessazione dell’attività, di procedere tempestivamente a presentare la necessaria dichiarazione.

Se il contribuente non procedeva ad espletare l’adempimento, subentrava l’Agenzia delle Entrate che, individuate le partite IVA inattive sulla base dei dati e degli elementi contenuti nella banca dati tributaria, provvedeva ad inviare apposita comunicazione per informare che la chiusura della posizione IVA sarebbe avvenuta d’ufficio.

Al contempo, al contribuente veniva irrogata la sanzione per la mancata presentazione della dichiarazione di cessazione dell’attività, sanzione che poteva variare tra i 500 e i 2.000 euro.

Tuttavia, con l’invio della comunicazione di chiusura d’ufficio della partita IVA, l’Agenzia delle Entrate invitava il contribuente a regolarizzare la propria posizione pagando 1/3 della sanzione minima, ossia 167 euro, entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione.

Rispetto a quanto accadeva con la previgente normativa, essendo stata modificata la procedura per la chiusura delle partite IVA inattive, non sarà più inviata al contribuente la comunicazione preventiva. Questo si spiega con l’eliminazione delle sanzioni previste per la mancata presentazione della dichiarazione di cessazione attività ai sensi dell’articolo 5, comma 6, primo periodo, del D.Lgs. 471 del 1997 e dell’automatica iscrizione a ruolo della sanzione per omessa presentazione della dichiarazione di fine attività, restando tuttavia ferme le sanzioni conseguenti all’omessa presentazione delle dichiarazioni dei redditi e IVA, ove dovute, durante il periodo di inattività.

Rimane comunque la possibilità per il contribuente, di evitare la chiusura d’ufficio della partita IVA, rispondendo alla comunicazione ufficiale delle Entrate e comunicando eventuali errori o chiarimenti.

Se venisse confermata in sede di approvazione al Senato, questa norma ripristinerebbe a grandi linee la disciplina prevista dal DL 98/2011 cd. Manovra Correttiva.

Dopo aver chiuso la partita IVA, aver cessato la propria attività o essersi visti chiudere d’ufficio la partita IVA inattiva, l’ex titolare, ma in generale tutti i contribuenti, possono verificare l’avvenuta cessazione partita IVA tramite il servizio offerto dal portale telematico dell’Agenzia delle Entrate. Tale servizio permette, quindi, di verificare la validità di una partita IVA, lo stato di attività, la denominazione, i dati anagrafici del titolare o la sua chiusura.

Fabrizio Tortelotti