Tassazione dei proventi da forex

Il forex (Foreign Exchange) è un mercato in cui ogni giorno si scambiano valute in termini di altre valute, con l’obiettivo di ottenere profitti. È un mercato aperto in cui tutti possono fare trading, anche i principianti. Ma come vengono tassate le rendite provenienti da forex?

Innanzitutto va precisato che i proventi da forex si qualificano come reddito, con tutte le conseguenze che ciò comporta. Un primo riferimento lo troviamo nell’art. 67 Tuir che disciplina i cd. redditi diversi, ovvero tutti quei redditi che non trovano collocazione naturale nelle prime cinque categorie di reddito disciplinate dal Tuir (redditi da lavoro dipendente, autonomi, di impresa, di capitale e agrari). Nello specifico, la lettera n), comma 1-ter Tuir afferma che “sono redditi diversi se non costituiscono redditi di capitale ovvero se non sono conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandata semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di valute estere […]”.

L’Agenzia delle Entrate, tramite la Risoluzione n.67/E del 2010 chiarisce che le rendite derivanti dalle operazioni di compravendita di valute sul mercato forex ricadono nella fattispecie delle plusvalenze di natura finanziaria.

Tuttavia, nonostante questa specifica, l’Agenzia ritiene che la tassazione debba essere applicata solamente nel rispetto delle condizioni:

  • oggettiva, ossia transazioni unitarie superiori a 51.645,69 euro e
  • temporale, ossia valute detenute per almeno 7 giorni lavorativi.

Tenendo conto di tali requisiti, però, difficilmente i proventi da forex vengono assoggettati a tassazione, considerata l’elevata volatilità nonché velocità intrinseca di tali investimenti (generalmente le operazioni si aprono e chiudono nella stessa giornata, se non in lassi temporali di poche ore) e visto che i privati investitori calati nelle vesti di trader di borsa difficilmente potevano raggiungere e superare gli importi previsti per le transazioni unitarie.

Nel 2011, quindi, l’Agenzia modifica la disciplina, attraverso la risoluzione n. 102/E, nella quale si fa riferimento all’articolo 1 comma 4 del Testo Unico della Finanza così come modificato dal D.L. n. 141/2010, dove specifica che “[…] sono strumenti finanziari, ed in particolare contratti finanziari differenziali, i contratti di acquisto e di vendita di valuta […]”. Di conseguenza si rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 67, comma 1 lettera c-quater) Tuir, che prevede l’assoggettamento ad imposta sostitutiva a norma dell’articolo 5 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461.

Ma qual è la base per il calcolo dell’imposta? La risposta è la plusvalenza, guadagno che viene generato dalla compravendita di tali valute, ossia dalla somma algebrica dei differenziali positivi o negativi nonché degli altri proventi od oneri, percepiti o sostenuti, in relazione a ciascuno dei rapporti.

E come si provvede materialmente alla tassazione di tale reddito? È doveroso qui effettuare una distinzione in merito al regime di fiscale sugli investimenti in essere con il proprio istituto di credito. Tralasciando il risparmio gestito, quello nel quale il contribuente delega l’intermediario finanziario sia nella gestione patrimoniale/finanziaria del portafoglio che nella gestione degli adempimenti tributari, più interessanti sono i regimi di risparmio dichiarativo e amministrato. Quali sono le differenze?

Nel regime di risparmio dichiarativo, sarà il contribuente a gestire l’intero processo della tassazione della plusvalenza e della gestione dell’eventuale minusvalenza, minusvalenza che potrà essere utilizzata in deduzione delle eventuali plusvalenze realizzate nei quattro periodi successivi. Materialmente, nel regime dichiarativo, il contribuente dovrà compilare il quadro RT del modello Redditi PF indicando la plusvalenza ottenuta dalla sua attività di trading. Il quadro RT è uno dei quadri del modello Redditi PF che può essere collegato con il modello 730. Cosa significa? Significa che il contribuente invierà il modello 730 ordinario e successivamente, entro il 30/9, invierà il frontespizio e il quadro RT del modello Redditi PF e sarà poi l’Agenzia che “unificherà” tali due dichiarativi.

Se invece si rientra nell’ambito del regime di risparmio amministrato, regime disciplinato dall’art. 6 del D.Lgs. n. 461/1997, si delegano gli adempimenti fiscali al proprio intermediario finanziario (che svolge il ruolo di sostituto di imposta), ma si resta sempre in controllo della decisione relativa all’investimento. Ovviamente questo avviene nel caso in cui l’intermediario finanziario sia un soggetto italiano che possa fungere da sostituto, in quanto se tale caratteristica non fosse presente, ossia il contribuente utilizzasse un intermediario estero, non sarà possibile delegare a tale intermediario estero l’adempimento fiscale e quindi il contribuente ricadrebbe nell’ambito del “regime dichiarativo”.

Marco Beacco – Centro Studi CGN