Reati tributari e sanzioni: breve vademecum

Quali sono gli illeciti a cui il contribuente o il fiscalista può andare incontro nei rapporti con l’Amministrazione finanziaria e nell’adempimento degli obblighi dichiarativi dalla stessa imposti? Come comportarsi per evitare di incorrere nelle aspre sanzioni previste dal sistema penale tributario?

L’impianto sanzionatorio di riferimento risulta delineato dal D.lgs. 74/2000 recentemente sottoposto ad un’importante revisione tramite l’attuazione della delega fiscale (L. 23/2014) ad opera del D.lgs. 24 settembre 2015 n. 158.

In particolare, il provvedimento citato ha inteso introdurre nuove fattispecie di reato, da un lato, e, dall’altro, inasprire o attenuare le previgenti sanzioni a seconda del disvalore giuridico del comportamento messo in atto da parte del reo.

Le fattispecie ora vigenti e le relative sanzioni sono le seguenti:

  • Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2 D.Lgs. 74/2000).

Tale ipotesi delittuosa ricorre tutte le volte in cui la dichiarazione, oltre ad essere non veritiera, risulti “insidiosa”, ossia sorretta da un impianto contabile o documentale di comodo in grado di sviare o intralciare la successiva attività di accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria. È il delitto ontologicamente più grave. Prevede infatti, la pena della reclusione da 1 anno e 6 mesi a 6 anni.

Per la consumazione del delitto in questione è necessario che i documenti o le fatture usate fraudolentemente siano registrati nelle scritture contabili obbligatorie ovvero detenuti ai fini di prova nei confronti dell’Amministrazione finanziaria.

  • Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3 D.lgs. 74/2000).

L’ipotesi de quo ricorre nel caso in cui, al fine di evadere l’Iva o l’imposta sui redditi, nelle dichiarazioni relative a tali imposte, vengano indicati elementi attivi per un elemento inferiore a quello effettivo ovvero elementi passivi fittizi o crediti e ritenute fittizi. A condizione, tuttavia, che:

  • l’imposta evasa, sia essa a titolo di Irpef o di Iva, sia superiore a 30.000 euro;
  • l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione, anche mediante l’indicazione di elementi passivi fittizi, sia superiore al 5% dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione o, in ogni caso, superiore a 1.500.000 euro, ovvero, qualora l’ammontare complessivo dei crediti e delle ritenute fittizie sia superiore al 5% dell’imposta medesima o comunque a 30.000 euro.

La fraudolenza dichiarativa del delitto in questione è specifica dei soggetti obbligati alla tenuta della contabilità richiedendo, per il suo avveramento, una falsa rappresentazione delle scritture contabili ovvero di essersi avvalsi di documenti o altri mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l’accertamento.

La pena è, anche in tal caso, la reclusione da 1 anno e 6 mesi a 6 anni.

  • Dichiarazione infedele (art. 4 D.lgs. 74/2000).

Il delitto di dichiarazione infedele, invece, può essere commesso anche dai soggetti non obbligati alla tenuta delle scritture contabili e si consuma quando, al fine di evadere l’Iva o le imposte sui redditi, in una delle dichiarazioni relative a tali imposte, siano indicati elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi inesistenti.

A condizione che:

  • l’imposta evasa sia superiore a 150.000 euro;
  • l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi inesistenti, sia superiore al 10% dell’ammontare degli elementi attivi indicati o comunque superiore a 3.000.000 euro.

Il legislatore, non ritenendolo un reato ad alta pericolosità sociale, ha previsto la pena della reclusione da uno a tre anni.

  • Omessa dichiarazione (art. 5 D.lgs. 74/2000).

La disposizione sanziona il comportamento di chi, al fine di evadere l’Iva o l’imposta sui redditi, non presenta, pur essendovi obbligato, una delle dichiarazioni relative a dette imposte e l’imposta evasa, con riferimento a ciascuno dei singoli tributi, sia superiore a 50.000 euro. L’omissione non si verifica quando la dichiarazione venga presentata entro 90 giorni dalla scadenza del termine ovvero non sia sottoscritta o redatta su uno stampato conforme.

La pena prevista è la reclusione da un anno e 6 mesi a 4 anni.

Sottocategoria a cui si applica la medesima pena è l’omessa dichiarazione del sostituto d’imposta quando l’ammontare delle ritenute non versate sia superiore a 50.000 euro.

  • Emissione di documenti per operazioni inesistenti (art. 8 D.lgs. 74/2000).

Il delitto di cui in parola si consuma quando un soggetto, pur di consentire a terzi l’evasione dell’imposta, emetta documenti relativi ad operazioni inesistenti. In tal caso è previsto il “cumulo giuridico” ovvero il compimento di un solo reato anche di fronte a l’emissione di più documenti falsi a diversi soggetti nel medesimo periodo d’imposta.

La pena è la reclusione da un anno a 6 mesi a 6 anni.

  • Occultamento o distruzione di documenti contabili (art. 10 D.lgs. 74/2000).

La distruzione, totale o parziale, di documenti o scritture contabili di cui si è obbligati alla conservazione per legge, qualora impedisca la ricostruzione dei redditi, è punita con la reclusione da un anno e 6 mesi a 6 anni.

  • Omesso versamento IVA (art. 10 ter D.lgs. 74/2000).

Nel caso in cui si ometta il versamento dell’Iva dovuta in base alla dichiarazione annuale per un ammontare superiore a 250.000 euro per ciascun periodo d’imposta, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo, la pena è la reclusione da 6 mesi a 2 anni.

  • Indebita compensazione (art. 10 quater D.lgs. 74/2000).

Il delitto in questione è punito differentemente a seconda della tipologia del credito utilizzato indebitamente in compensazione dell’imposta dovuta:

  • se non spettante e superiore a 50.000 euro la pena è la reclusione da 6 mesi a 2 anni;
  • se inesistente e superiore a 50.000 euro la pena è la reclusione da un anno e 6 mesi a 6 anni.
  • Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art. 11 D.lgs. 74/2000).

È prevista la pena della reclusione da 6 mesi a 4 anni per coloro che, al fine di non pagare le imposte sui redditi, gli interessi e le eventuali sanzioni, per un importo complessivo superiore a 50.000 euro, compiano atti fraudolenti su beni propri o altrui, idonei a rendere inattiva la procedura di riscossione coattiva.

Sono soggetti alla medesima pena coloro che, al fine di ottenere per sé o per altri il pagamento parziale di tributi, indicano nella documentazione presentata ai fini della transizione fiscale elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi per un ammontare superiore a 50.000 euro. Qualora l’imposta non versata o pagata parzialmente, comprensiva di sanzioni e interessi, sia superiore a 200.000 euro la pena è la reclusione da un anno a 6 anni.

  • Trasmissione di atti o documenti falsi (art. 11 D.L. 201/2011).

Chiunque esibisce o trasmette atti o documenti falsi o fornisce dati o notizie non rispondenti al vero, a seguito delle richieste effettuate nell’esercizio dei poteri di accesso verifica o ispezione, è punito, anche penalmente, ai sensi dell’art. 76 D.pr. 445/2000 (art. 11 co. 1, D.L. 201/2011).

Qualora sia accertato il compimento di una delle suddette fattispecie è facoltà del Giudice territorialmente competente, ossia il Giudice del luogo in cui il contribuente detiene il domicilio fiscale, di comminare una delle seguenti sanzioni accessorie, spesso maggiormente afflittive delle medesime pene:

  • interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese per un periodo non inferiore a 6 mesi e non superiore a 3 anni;
  • incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione per un periodo non inferiore ad un anno e non superiore a 3 anni;
  • interdizione dalle funzioni di rappresentanza e assistenza in materia tributaria per un periodo non inferiore ad un anno e non superiore a cinque anni;
  • interdizione perpetua dall’ufficio di componente di commissione tributaria;
  • pubblicazione della sentenza a norma dell’art. 36 del codice penale.

Infine, in caso di condanna, è ordinata la confisca dei beni che costituiscono il prodotto o il prezzo del comportamento fraudolento, salvo che appartengano a persona estranea al reato. La confisca non opera per la parte che il contribuente si sia impegnato a versare all’erario.

Giuliano Marin – Centro Studi CGN