Fair value: quando è necessario accantonare apposite riserve?

I principi IAS/IFRS definiscono il fair value come il “corrispettivo al quale un’attività può essere scambiata o una passività estinta in una libera transazione tra parti consapevoli e disponibili”. L’utilizzo di questo criterio di valutazione potrebbe comportare la rilevazione anticipata di utili, rispetto all’effettiva realizzazione degli stessi, con la possibilità che, trattandosi di valori solo stimati, non trovino poi effettiva realizzazione monetaria.

I medesimi principi IAS/IFRS trattano le plusvalenze derivanti dall’applicazione del fair value in maniera differente. Nello specifico:

  • in caso di immobilizzazioni materiali ed immateriali e di strumenti finanziari “disponibili per la vendita”, le plusvalenze vengono imputate ad apposita riserva;
  • gli immobili detenuti a fini di investimento, le attività biologiche e gli strumenti finanziari detenuti ai fini di trading vengono direttamente imputati a conto economico, concorrendo a determinare l’utile d’esercizio.

Il codice civile prescrive però la possibilità di iscrivere in bilancio soltanto gli utili effettivamente realizzati (principio di realizzazione, art. 2423-bis n.2), il che risulta essere in parziale discordanza con la definizione di fair value.

È per questo motivo che il legislatore italiano ha introdotto il d.lgs. 38/2005, che prevede, tra le altre, l’impossibilità di distribuire le riserve createsi in diretta contropartita di attività iscritte al fair value. Il medesimo decreto legislativo prescrive l’accontamento di riserve anche per la seconda categoria sopra menzionata.

La normativa configura così diverse tipologie di riserve, che impattano sul patrimonio netto in maniera differente: nel primo caso infatti in contropartita alle plusvalenze da fair value si iscrive una riserva indisponibile, nel secondo caso, invece, i plusvalori confluiscono nel risultato d’esercizio, il quale verrà poi accantonato ad apposita riserva indisponile per l’importo della plusvalenza stimata.

Di seguito vengono forniti due esempi di quanto sopra riportato.

Nell’esercizio X l’impresa ha acquistato strumenti finanziari classificati nella categoria “disponibili per la vendita” rilevati inizialmente per 100. Alla chiusura dell’esercizio X il fair value dei suddetti strumenti finanziari è pari a 106.

L’impresa effettua la seguente contabilizzazione:

Nell’esercizio X l’impresa ha acquistato strumenti finanziari detenuti ai fini di trading rilevati inizialmente per 100. Alla chiusura dell’esercizio X il fair value dei suddetti strumenti finanziari è pari a 106. Si consideri inoltre che l’impresa chiude con un utile d’esercizio pari a 50.

L’impresa, al momento della destinazione degli utili, effettua la seguente contabilizzazione:

(*) In nota integrativa deve essere esplicitamente annotato il vincolo di indistribuibilità

Il medesimo d.lgs. 38/2005 prescrive che le riserve da fair value “si riducono in misura corrispondente all’importo delle plusvalenze realizzate anche attraverso l’ammortamento o alla parte divenuta insussistente per effetto della svalutazione”.

Pertanto, finché i valori non risulteranno effettivamente realizzati, non sarà possibile svincolare le riserve indisponibili, questo anche a maggior tutela degli stakeholder.

Infatti, come precisato nel Framework-IAS, il bilancio d’esercizio dev’essere funzionale a fornire un’informazione rilevante per le scelte degli investitori nel capitale di rischio.

Martina Bianchet – Centro Studi CGN