Prestito dei soci: per la Cassazione la ritenuta si applica anche su interessi non erogati

La Corte di Cassazione, con tre ordinanze depositate il 31 luglio scorso (n. 20625/20626/20627), dispone che le società di capitali che ricevono somme di denaro dai propri soci a titolo di mutuo hanno sempre l’obbligo di operare la ritenuta d’acconto sugli interessi dovuti, indipendentemente dalla effettiva erogazione degli stessi.

L’Agenzia delle Entrate aveva emesso avviso di accertamento dopo aver riscontrato un finanziamento fruttifero in contanti alla società da parte del socio accomandatario e legale rappresentante, senza applicazione della relativa ritenuta fiscale.

La stessa Cassazione ha precisato che la società beneficiaria del mutuo da parte del socio ha sempre l’obbligo di effettuare la ritenuta d’acconto sugli interessi dovuti, non solo nel caso in cui la corresponsione degli stessi sia effettivamente avvenuta, ma anche quando essa sia soltanto presunta dalla Legge.

Ne consegue che la società che ha ricevuto il finanziamento dai propri soci è obbligata ad effettuare la ritenuta d’acconto sugli interessi corrispettivi dovuti (art. 26, D.P.R. n. 600/1973).

Ciò in considerazione di due fattori principali:

  • il carattere normalmente oneroso del contratto di mutuo, così come stabilito dall’art. 1815 codice civile che così recita: “salvo diversa volontà delle parti, il mutuatario deve corrispondere gli interessi al mutuante”;
  • la presunzione di percezione degli interessi per capitali dati a mutuo sancita dal comma 2 dell’articolo 45 del DPR 917/1986, il quale dispone che “per i capitali dati a mutuo gli interessi, salvo prova contraria, si presumono percepiti alle scadenze e nella misura pattuite per iscritto. Se le scadenze non sono stabilite per iscritto gli interessi si presumono percepiti nell’ammontare maturato nel periodo di imposta. Se la misura non è determinata per iscritto gli interessi si computano al saggio legale”.

Sarà pertanto onere del contribuente dimostrare la mancata percezione di interessi attivi sulle somme concesse e, se del caso, fornire la prova contraria in merito alla gratuità dell’operazione posta in essere.

In tal senso, con le tre ordinanze, la stessa Corte segue l’orientamento già definito con la precedente n. 3819/2018.

Anche in quest’ultima ordinanza, la Corte di Cassazione ha affermato il principio secondo il quale, salvo prova contraria, il finanziamento fatto dai soci alla società si presume fruttifero, ossia produttivo di interessi in favore dei soci. Pertanto la società è tenuta ad operare la ritenuta d’acconto a prescindere dall’effettivo pagamento degli interessi.

Inoltre la Sentenza della Corte di Cassazione n. 8747/2008 aveva affermato che la semplice indicazione degli interessi passivi nel bilancio della società rappresentava essa stessa ragione per cui scattasse l’obbligo di operare la ritenuta d’acconto, a prescindere dalla materiale erogazione degli stessi.

Fabrizio Tortelotti