Bonus 600 euro per professionisti: i requisiti per farne richiesta alle Casse

Col decreto Cura Italia è stata prevista l’istituzione di un fondo per quei professionisti, iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria, che sono stati duramente colpiti dalla pandemia in atto. È ora, infatti, possibile presentare la domanda per ricevere un bonus di 600 euro.

Sabato 28 marzo è stato firmato, ma solo dal 1° aprile è stato reso pubblico, il decreto attuativo dell’art. 44 del Decreto Legge n. 18 del 17 marzo 2020. Si tratta di un documento contenente criteri e modalità per accedere al “Fondo per il reddito di ultima istanza” rivolto a professionisti iscritti, obbligatoriamente, agli Albi professionali e alle relative Casse di previdenza. Proprio queste ultime, e non gli istituti pubblici, dovranno occuparsi dell’erogazione del credito. Ma andiamo per ordine.

Il bonus consiste in una somma erogata una tantum di importo pari a 600 euro per il mese di marzo. A tal fine lo Stato ha stanziato 200 milioni e, già dalle prime stime, è emerso che non basteranno ad indennizzare tutti gli aventi diritto. Dal momento che le domande saranno considerate secondo l’ordine cronologico di trasmissione (e fino ad esaurimento fondi), è una vera e propria gara a chi arriva prima.

Quali sono i requisiti per beneficare del bonus?

Un primo discrimine ha carattere reddituale. Nello specifico, possono fare domanda coloro che nel 2018 hanno percepito un reddito complessivo:

  • inferiore a 35.000 euro, se hanno subito una limitazione all’attività professionale attraverso i provvedimenti emanati per contenere il contagio da Covid-19;
  • compreso tra 35.000 euro e 50.000 euro, se hanno chiuso la partita IVA tra il 23 febbraio 2020 e il 31 marzo 2020 o se vi è stata una riduzione almeno del 33% del reddito per il primo trimestre 2020, secondo le logiche del principio di cassa, rispetto allo stesso trimestre del 2019.

Quindi, a priori, sono esclusi i professionisti che nel 2018 hanno avuto un reddito complessivo superiore a 50.000 euro. Viene da chiedersi se il legislatore abbia considerato che, nel 2019, lo stesso reddito potrebbe essersi drasticamente ridotto. Restano, inoltre, incerte le sorti dei professionisti che abbiano aperto partita IVA nel corso del 2019, in tal senso il dettato è fumoso.

In secondo luogo, si precisa che sono estromessi i pensionati; nessuna specifica in merito alle pensioni di reversibilità e indirette, che sembrerebbero far decadere, al pari delle altre, il diritto al credito. Infine, la terza categoria di esclusi: non si è ammessi al bonus se si è beneficiato di altre misure di sostegno. La non cumulabilità si riferisce, nello specifico, a reddito di cittadinanza, cassa integrazione ordinaria e in deroga, assegno ordinario, oltre alle varie indennità previste dal decreto Cura Italia, ad esempio per i co.co.co.

Come chiedere il bonus?

Come anticipato, la domanda va rivolta alla propria Cassa professionale di appartenenza dal 1° al 30 aprile 2020; le richieste tardive non verranno considerate. L’onere di predisporre la modulistica e definire le modalità di ricezione delle domande è in capo al singolo ente previdenziale, che ha anche il compito di erogare il bonus, verificata la spettanza.  Il decreto attuativo indica quali documenti presentare, vale a dire: l’autocertificazione attestante il possesso di tutti i requisiti di cui sopra, copia del codice fiscale e del documento identificativo in corso di validità e gli estremi del conto corrente bancario o postale per l’accredito.

Infine, la Cassa deve occuparsi anche della trasmissione dati agli enti pubblici, ossia deve fornire:

  • all’Agenzia entrate e all’INPS l’elenco dei soggetti a cui è stato erogato il bonus, per le dovute verifiche;
  • al MEF un report settimanale del numero di istanze presentate e di quelle accolte, per monitorare le risorse.

Non mancano, quindi, le incombenze in capo agli enti previdenziali. Si tratta sia di un cospicuo anticipo di somme di denaro, per elargire i bonus, che di un notevole sforzo per mettere in piedi una grande macchina organizzativa. È necessario, infatti, l’impiego di notevoli risorse e mezzi (quindi investimenti e dispendio di ulteriori soldi) per gestire tutto il processo, senza considerare l’inconsistente preavviso dato.

Una riflessione è d’obbligo. Questo incarico, conferito alle Casse, è sicuramente un sollievo per la macchina pubblica, attualmente in palese difficoltà, ma dimostra, a caro prezzo per gli enti privati, tutti i limiti di un sistema obsoleto, non al passo coi tempi.

Giulia Zanotto –  Centro Studi CGN