Bonus edili: utilizzo diretto, sconto in fattura o cessione del credito?

È stato approvato, con il provvedimento dell’8 agosto 2020, il modello di Comunicazione unitamente alle istruzioni che consentirà di fruire dal prossimo 15 ottobre dell’opzione per lo “sconto in fattura” o la “cessione del credito d’imposta” relativa alla detrazione per bonus edili, cioè delle spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio, di efficienza energetica, di riduzione del rischio sismico, di installazione di impianti fotovoltaici e di colonnine di ricarica.

La Comunicazione deve essere inviata entro il 16 marzo dell’anno successivo a quello in cui sono state sostenute le spese che danno diritto alla detrazione. Analizziamone gli aspetti salienti con evidenza dei profili di convenienza tra utilizzo diretto, sconto in fattura e cessione del credito.

Il Decreto Rilancio (Legge 77/2020) ha previsto lo sconto immediato in fattura e la cessione del credito non solo per gli interventi agevolati con il superbonus 110%, ma anche per quelli rientranti nell’ecobonus tradizionale, nel bonus ristrutturazioni e nel bonus facciate.

La super detrazione del 110% di cui si parla insistentemente in questo periodo è un beneficio fiscale che arriva a coprire interamente il costo dei lavori con possibilità di recupero in 5 anni delle spese ammesse all’agevolazione sostenute dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021. Con riferimento alle spese sostenute nel 2020, la prima rata della detrazione fiscale sarà fruita nel Modello 730/2021 o Modello Redditi/2021 da presentare il prossimo anno e terminerà nel Modello 730/2025 o Modello Redditi/2025 riferiti all’anno d’imposta 2024, in cui troverà collocazione l’ultima delle 5 quote.

Il contribuente potrebbe non ricorrere ad impegni finanziari personali se si guarda a uno degli aspetti di maggiore interesse dell’istituto giuridico in argomento concernente la possibilità di optare, in luogo dell’utilizzo diretto della detrazione, alternativamente:

a) per un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, fino a un importo massimo pari al corrispettivo stesso (per esempio euro 100), anticipato dai fornitori che hanno effettuato gli interventi e da questi ultimi recuperato sotto forma di credito d’imposta, di importo pari alla detrazione spettante (pari a 110 euro), con facoltà di successiva cessione del credito ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari;

b) per la cessione del credito d’imposta di pari ammontare, con facoltà di successiva cessione ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari.

Uno degli aspetti su cui puntare l’attenzione è rappresentato dalla scelta più conveniente tra detrazione in dichiarazione, sconto in fattura o cessione del credito.

Per ogni 100 euro il contribuente ne detrae 110 in cinque anni, quindi l’utilizzo diretto garantirebbe al contribuente un interesse del 2% annuo. Si tratta di una buona redditività netta di una locazione media, garantita dallo Stato e incassabile ogni anno, a luglio, direttamente in pensione o nello stipendio con il modello 730 oppure portata in detrazione dall’Irpef nel modello Redditi. Potrebbe rivelarsi un buon investimento che presuppone disponibilità di mezzi finanziari oltre che una capienza Irpef in modo da rendere effettivo il beneficio fiscale.

L’ottenimento dello sconto in fattura, invece, è subordinato alla volontà dell’impresa che facoltativamente può aderire o meno alla richiesta del committente. Laddove l’impresa manifesti la propria volontà in tal senso, lo sconto in fattura rappresenta una scelta di sicuro interesse rispetto all’utilizzo diretto della detrazione fiscale in dichiarazione, in quanto consente al contribuente di non sostenere, in tutto o in parte, esborsi finanziari; mentre nel caso dell’utilizzo diretto, il contribuente, oltre ad assumere impegni finanziari, dovrà attendere 5 anni prima di rientrare nell’investimento fatto, anche se beneficerà dell’intero 110%.

L’altra opzione è rappresentata dalla cessione del credito, in tutto o in parte, per l’importo corrispondente alla detrazione spettante alla stessa impresa che esegue i lavori oppure agli istituti di credito e altri intermediari finanziari con possibilità a loro volta di successive cessioni. In questi casi il contribuente deve procedere con i necessari bonifici e solo successivamente potrà cedere il credito all’impresa (con facoltà di accettare o meno) a un istituto di credito/intermediario finanziario disposto a prendersi il credito che si intende cedere. L’impresa, a sua volta, potrà cedere agli operatori economici specializzati il credito d’imposta senza accumulare crediti eccessivi che potrebbero portare a fenomeni di sofferenza finanziaria, soprattutto in caso di eccedenza di quei crediti rispetto ai versamenti fiscali e contributivi, posto che il credito di imposta in questione è utilizzabile con la stessa ripartizione in quote annuali con la quale sarebbe stata utilizzata la detrazione ed esclusivamente in compensazione. È il caso di evidenziare che la quota dei crediti d’imposta che non è utilizzata entro il 31 dicembre dell’anno di riferimento non può essere utilizzata negli anni successivi, né richiesta a rimborso ovvero ulteriormente ceduta.

Quando l’impresa non accetta la cessione del credito d’imposta, il contribuente potrebbe trovarsi in difficoltà poiché dovrà sostenere le spese degli interventi e solo successivamente trovare un istituto di credito/intermediario finanziario disposto a prendersi il credito che si intende cedere.

Da un punto di vista documentale, contrariamente a quanto affermato dal Direttore dell’Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini durante l’audizione presso la Commissione parlamentare di vigilanza sull’anagrafe tributaria, il visto di conformità da parte dei professionisti abilitati relativo alla sussistenza dei requisiti sarà necessario nelle sole ipotesi di sconto in fattura o cessione del credito, lasciando fuori il caso dell’utilizzo diretto della detrazione da parte del contribuente. Il punto è stato chiarito anche nella Circolare dell’Agenzia delle Entrate che lo prevede nelle ipotesi appena indicate derubricando di fatto le affermazioni del Direttore a indicazione di massima e di carattere generale.

Nicolò Cipriani – Centro Studi CGN