Detrazione IVA e principio di neutralità

La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 23179 del 20/08/2021, si è pronunciata in tema di diritto alla detrazione IVA e principio di neutralità.

Nella specie, una Società agricola aveva impugnato, innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale, una cartella di pagamento, con cui veniva recuperato a tassazione, in esito a controllo automatizzato, il credito IVA, relativo all’anno 2007, portato in detrazione nella denuncia del 2008, in quanto la contribuente, nell’anno 2007, aveva presentato la dichiarazione annuale IVA oltre il termine di 90 giorni (esattamente il 91° giorno).

La CTP rigettava il ricorso, mentre i giudici di secondo grado, aderendo alla tesi sostenuta dalla contribuente, secondo cui l’omessa presentazione della dichiarazione IVA non comportava la perdita della detrazione allorquando il credito d’imposta fosse comunque riconoscibile, riformavano la decisione.

L’Agenzia Entrate proponeva infine ricorso per Cassazione, osservando che, non avendo la contribuente presentato la dichiarazione IVA nell’anno in cui era stato realizzato il credito d’imposta, essa non poteva portare in detrazione quel credito nell’anno successivo, dovendo presentare, nei termini e con le prescritte modalità, apposita domanda di rimborso.

Secondo la Suprema Corte la censura era infondata.

Evidenziano i giudici di legittimità che la neutralità dell’imposizione sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, l’eccedenza d’imposta, che risulti da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e sia dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, va riconosciuta dal giudice tributario se il contribuente abbia rispettato tutti i requisiti sostanziali per la detrazione.

E, quindi, rileva la Corte, nel giudizio d’impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato non può essere negato il diritto alla detrazione se sia dimostrato, in concreto, che si tratti di acquisti compiuti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati ad operazioni imponibili.

Nella stessa ottica, del resto, la Corte di Giustizia, nella causa C-895/19, decisa con recente sentenza del 18/3/2021, ha affermato che il diritto spettante ai soggetti passivi di detrarre dall’IVA di cui sono debitori l’IVA dovuta o assolta per i beni da essi acquistati e per i servizi da essi ricevuti a monte costituisce un principio fondamentale del sistema normativo comunitario.

Tale diritto costituisce parte integrante del meccanismo dell’IVA e, in linea di principio, non può essere soggetto a limitazioni, laddove il principio di neutralità dell’imposta esige che la detrazione a monte sia accordata se i requisiti sostanziali sono soddisfatti, persino qualora taluni requisiti formali siano stati disattesi dal soggetto passivo.

L’Amministrazione finanziaria, una volta che disponga delle informazioni necessarie per dimostrare che i requisiti sostanziali sono stati soddisfatti, non può dunque imporre, riguardo al diritto del soggetto passivo di detrarre l’imposta, condizioni supplementari.

In conclusione, afferma la Cassazione, il contribuente può portare in detrazione l’eccedenza d’imposta anche in assenza della dichiarazione annuale finale (e fino al secondo anno successivo a quello in cui è sorto il diritto), purché essa risulti dalle dichiarazioni periodiche e siano rispettati i requisiti sostanziali per poter fruire della detrazione (ossia, che gli acquisti siano stati effettuati da un soggetto passivo, che quest’ultimo sia parimenti debitore dell’IVA attinente a tali acquisti e che i beni di cui trattasi siano utilizzati ai fini di proprie operazioni imponibili).

Giovambattista Palumbo