Affitti brevi: cedolare secca o partita IVA?

Con la Legge di Bilancio 2021 (Legge n. 178/2020) il Governo ha definito nuove regole sugli affitti brevi. Potranno optare per il regime della cedolare secca soltanto i proprietari immobiliari che affittano al massimo quattro immobili per ciascun periodo d’imposta. Oltre tale soglia subentra la presunzione di imprenditorialità e l’attività viene considerata automaticamente attività d’impresa, con conseguente obbligo di apertura della partita IVA.

La misura è finalizzata a garantire una corretta concorrenza e a limitare la diffusione selvaggia di affitti brevi. Da un lato si è registrata la soddisfazione degli albergatori che da tempo attendevano che si ponesse un freno alla concorrenza forte dei proprietari di private abitazioni, dall’altro lato va ora gestita la situazione dei proprietari immobiliari che si trovano improvvisamente a dover scegliere che strada intraprendere: limitare gli affitti a quattro unità abitative oppure non porsi limiti e avventurarsi in una nuova attività imprenditoriale? Quali sono i costi che dovranno sostenere e cosa cambierà rispetto alla gestione immobiliare che avevano avuto sino ad ora?

Iniziamo a tranquillizzare chi ci legge: aprire partita IVA potrebbe addirittura diventare conveniente. Chi apre la partita IVA con codice ATECO 55.20.51 in regime forfettario come start-up corrisponde al fisco un’imposta sostitutiva del 5% sui redditi conseguiti. Il coefficiente di redditività è del 40%; pertanto una attività di affittacamere che incassa 60.000 euro annui viene tassata dal fisco nel seguente modo:

(60.000 x 40%) x 5% = 1.200 euro.

Anche sul versante contributivo le notizie suono buone. Gli affittacamere sono soggetti alla contribuzione INPS in rapporto al reddito prodotto e non sono tenuti al pagamento della quota fissa come tutti i commercianti. Inoltre esiste la possibilità di rivolgere istanza all’INPS per richiedere la riduzione del 35% come contribuente forfettario. Pertanto, l’attività di cui sopra avrebbe il seguente carico previdenziale:

(60.000 x 40%) x 24,09% = 5.782 euro (con la possibilità di richiedere la riduzione del 35%).

Dai numeri riportati è evidente come l’opzione di aprire la partita IVA per i proprietari immobiliari sia assolutamente da considerare con serietà, a discapito della scelta del regime della cedolare secca con aliquota al 21% che, nonostante il grande successo mediatico, spesso risulta meno conveniente.

Giovanni Fanni – Centro Studi CGN
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