Anche le mance vanno tassate come reddito di lavoro dipendente

Anche le mance date in contanti dai clienti al dipendente vanno considerate come facenti parte del reddito del lavoratore e, per questo, assoggettate ad imposizione fiscale. A dirlo è stata la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 26510 del 30 settembre 2021.

Nel caso di specie, la Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria contro un lavoratore impiegato con mansioni di capo ricevimento presso una struttura alberghiera localizzata in Sardegna. L’uomo, che nel 2007 aveva incassato e versato in banca 77.321 euro di mance, si era visto recapitare un avviso di accertamento dall’Agenzia delle Entrate con cui veniva recuperato a tassazione l’intero importo come reddito di lavoro dipendente percepito e non dichiarato.

Il contribuente aveva visto accogliere le sue istanze in sede di Commissione tributaria regionale. Infatti gli importi percepiti a titolo di mancia erano stati considerati non tassabili perché non rientranti nella generica previsione di reddito di lavoro dipendente di cui all’art. 51 del TUIR nel testo in vigore dal primo gennaio 2004 al 2008, stante la loro natura aleatoria ed in quanto percepite direttamente dai clienti senza alcuna relazione con il datore di lavoro.

Successivamente, l’Agenzia delle Entrate aveva proposto ricorso in Cassazione avverso la sentenza di secondo grado, stavolta vedendosi accolte le proprie motivazioni. Infatti, con l’ordinanza n. 26510 del 30 settembre 2021, i giudici hanno ribadito che l’attuale art. 51, co. 1, del TUIR prevede espressamente che “il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro”. Di fatto, condividendo appieno la linea dell’Amministrazione Finanziaria secondo cui “l’onnicomprensività del concetto di reddito di lavoro dipendente giustifica la totale imponibilità di tutto ciò che il dipendente riceve, anche, quindi, come nel caso in esame, non direttamente dal datore di lavoro, ma sulla cui percezione il dipendente può fare, per sua comune esperienza, ragionevole, se non certo affidamento”, i Giudici affermano che “il nesso di derivazione delle somme che comunque promanino dal rapporto di lavoro ne giustifica, nel citato contesto normativo di riferimento, la totale imponibilità, salvo le esclusioni (e/o deroghe) espressamente previste”.

Nessuna chance quindi per il contribuente, che dovrà pagare le imposte sulle mance percepite in contanti dai clienti.

Giovanni Fanni – Centro Studi CGN
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