Sustainability Due Diligence: doveri di monitoraggio rigoroso degli impatti socio-ambientali

Che cosa si intende per sustainability due diligence? Perché è una delle iniziative chiave del Green Deal per l’Europa? In che modo contribuisce alla promozione di condotte aziendali sostenibili e attente alla tutela dell’ambiente e dei diritti umani?

Sul tema della sostenibilità, l’attività legislativa dell’Unione Europea si sta sviluppando lungo 3 differenti assi, con risultati concreti e di imminente applicazione alle imprese:

  1. obblighi di rendicontazione per le imprese e la loro catena del valore (informativa di sostenibilità disciplinata dalla CSRD, applicazione a partire dal 1.1.2024);
  2. disciplina dei comportamenti che le imprese sono tenute a rispettare nell’esercizio dell’attività d’impresa (modalità d’uso e di smaltimento degli imballaggi in plastica disciplinata dalla proposta di regolamento 2022/0396);
  3. governo dei fattori di rischio riconducibili alla sfera della sostenibilità per le imprese e la loro supply chain (requisiti obbligatori di due diligence che le imprese devono attuare in aderenza alla proposta di direttiva CSDDD – Corporate Sustainability Due Diligence Directive).

Lo scorso 25 aprile la Commissione Affari Legali del Parlamento Europeo ha adottato la propria posizione sulla Direttiva sulla Corporate Sustainability Due Diligence, rimettendo al Parlamento Europeo in seduta plenaria un testo rafforzato sotto il profilo della tutela dei diritti umani e dell’ambiente.

Quest’ultimo asse di sviluppo dell’azione legislativa, pur essendo ancora in fase di determinazione, rappresenta l’ulteriore spinta alle imprese affinché si dotino di adeguati strumenti per identificare, monitorare e valutare i fattori di rischio ambientale e sociale (compreso il grande tema dei diritti umani) riconducibili allo svolgimento delle attività economiche lungo la supply chain.

In sostanza, il tema della dovuta diligenza per i temi di sostenibilità sta diventando uno dei pilastri sui quali si fonda l’identificazione e la gestione degli impatti dell’attività d’impresa sulle variabili ambientali, sociali e di buona governance (ESG), in quanto esplicitamente richiamato dai GRI (gli Standard di rendicontazione della Global Reporting Initiative, in vigore dal 1° gennaio 2023) e dalla CSRD – Direttiva UE 2022/2464.

Come si evince dalla lettura della proposta, le imprese sono chiamate ad adottare strumenti e tecniche risk-specific per monitorare gli impatti negativi, effettivi e potenziali, sull’ambiente e sulla dimensione sociale, da estendere alla catena del valore.

Nello specifico dovranno consentire di:

  1. identificare l’impatto negativo che l’attività d’impresa può generare;
  2. integrare le conclusioni nelle sue valutazioni per guidare l’azione;
  3. monitorare le politiche attuate per verificarne l’efficacia;
  4. comunicare esternamente le misure adottate come esempio di azione.

Le imprese devono anche impegnarsi nell’adozione di un approccio di buona diligenza, che richiede:

  1. l’introduzione delle pratiche di buona diligenza all’interno delle politiche aziendali;
  2. il riconoscimento degli impatti e la loro distinzione in effettivi e potenziali;
  3. l’adozione di strumenti e tecniche per prevenire l’impatto negativo riconosciuto come potenziale;
  4. la riduzione o l’eliminazione dell’impatto effettivo;
  5. la messa a punto di una procedura di reclamo per la potenziale non conformità;
  6. la revisione periodica delle buone prassi e delle politiche adottate;
  7. la diffusione al pubblico dell’effetto delle modifiche apportate al sistema di politiche, strumenti e tecniche per il presidio della dovuta diligenza;

Si precisa che le imprese che operano all’interno del settore finanziario rientrano esplicitamente tra i soggetti obbligati e che il dovere di buona diligenza si estende agli amministratori. Questi ultimi sono obbligati a pianificare, eseguire e verificare periodicamente le azioni di due diligence e di modificare la strategia aziendale adattandola in funzione degli impatti negativi monitorati e delle misure di controllo adottate.

La proposta rientra all’interno del filone delle iniziative di stampo normativo e para-normativo che si propongono di indirizzare le imprese ad adottare buone pratiche per contribuire allo sviluppo sostenibile e alla transizione economica e sociale.

La proposta prevede che la mancata osservanza di un adeguato dovere di diligenza sull’impresa e sulla catena del valore potrà comportare l’applicazione di sanzioni e multe, che saranno proporzionate ed efficaci, svolgeranno una funzione di deterrenza per evitare il ripetersi della non conformità e potranno avere una veste monetaria se correlate al fatturato.

Tuttavia l’elemento che la differenzia è il previsto regime di responsabilità civile in caso di mancato rispetto degli obblighi, che potrebbe concretizzarsi in eventuali richieste di risarcimento. La mancata osservanza può esporre le imprese a responsabilità qualora non riescano a prevenire e mitigare un fattore di rischio, ovvero a interrompere un rapporto commerciale con un fornitore inadempiente.

Ciò è significativo soprattutto nell’ambito dei gruppi di imprese, in quanto le azioni non diligenti da parte delle sedi legali e operative non proteggeranno più le società madri dalla responsabilità civile in caso di contenzioso, con la possibilità per il danneggiato di intentare azioni legali a scopo risarcitorio nei tribunali dell’UE.

Filippo Zanin – Professore Associato di Economia Aziendale, Università degli Studi di Udine