Informativa di sostenibilità: un’opportunità strategica per le PMI

L’Unione Europea ha da tempo avviato un processo di riforme per raggiungere una posizione di leadership nell’ambito della transizione green rispetto agli altri governi e istituzioni mondiali.

L’impegno per l’obiettivo dichiarato della neutralità climatica da raggiungere entro il 2050 ha generato un duplice effetto:

  • l’emanazione delle misure strutturali dell’Industrial Green Deal;
  • la definizione del percorso della Sustainable Finance da parte dell’EBA (European Banking Authority) rivolto agli intermediari creditizi e finalizzato a definire nuove regole per l’erogazione delle diverse forme tecniche di finanziamento alle imprese.

In sostanza la duplice azione indirizzata verso l’economia reale e la finanza d’azienda mira alla creazione di un sistema economico, finanziario e industriale coerente con gli obiettivi generali della sostenibilità ambientale, della responsabilità sociale e dell’etica nella conduzione del business.

Rendicontazione di sostenibilità: una nuova frontiera

Con l’approvazione e la pubblicazione avvenuta in Gazzetta Ufficiale UE il 16.12.2022 della Direttiva n. 2022/2464 riguardante la rendicontazione societaria in tema di sostenibilità (Corporate Sustainability Reporting Directive – CSRD), si definisce un nuovo obbligo in capo a determinate categorie di imprese: la trasparenza verso l’esterno relativamente a un corpo minimo di informazioni e dati di carattere non finanziario.

Se si aggiunge che la collocazione di tali informazioni e dati sarà all’interno di una sezione specifica della Relazione sulla Gestione, appare evidente che la “forza” del provvedimento normativo sta proprio nella creazione di una connessione tecnica e procedurale tra il tradizionale bilancio civilistico e l’informativa di sostenibilità.

Si vuole quindi indirizzare la comunicazione non finanziaria entro il corpo tecnico del bilancio civilistico, uniformando così le diverse modalità attraverso le quali le imprese hanno finora gestito, su base volontaria, la disclosure delle informazioni di carattere non economico-finanziario.

Quali aziende saranno coinvolte?

L’introduzione del dettato normativo della CSRD (gli stati membri hanno l’obbligo di recepire la Direttiva entro 18 mesi dalla sua pubblicazione) allargherà notevolmente il perimetro delle imprese che saranno coinvolte nella predisposizione dell’informativa di sostenibilità rispetto ai parametri dell’attuale NFRD (Non-Financial Reporting Directive).

Come noto, le disposizioni si applicheranno a partire dal 2026 con riferimento all’esercizio amministrativo 2025 per le grandi imprese non quotate, ossia per le imprese che, alla data di chiusura del bilancio, anche su base consolidata, abbiano superato almeno due dei seguenti criteri dimensionali:

  • 250 numero medio di dipendenti;
  • 20 milioni di euro di stato patrimoniale;
  • 40 milioni di euro di ricavi netti.

Si stima che il numero di imprese direttamente coinvolte passerà da 11.700 circa a quasi 50.000 imprese, di cui almeno 4.000 soltanto in Italia. Tuttavia, considerato che l’ambito tematico della rendicontazione interesserà l’intera catena di fornitura, il numero di imprese che dovrà “attrezzarsi” per gestire questo nuovo flusso informativo in materia di sostenibilità sarà decisamente più ampio.

La nuova sfida per imprese e professionisti

Questa implicazione pone le imprese (in particolare le PMI che contribuiscono in modo determinante alla strutturazione di diverse catene di fornitura) e i professionisti di fronte a una nuova sfida: come impostare, e non solo rendicontare, percorsi virtuosi in tema di sostenibilità e fattori ESG.

La sfida, infatti, va ben oltre l’adempimento normativo della sola rendicontazione in quanto, coerentemente con i principi ispiratori riassunti all’inizio, riguarderà proprio la messa in atto di un percorso strutturato e di medio-lungo termine lungo il quale le imprese dovranno impegnarsi per realizzare concretamente la transizione sostenibile.

Appare evidente che le imprese, in particolare le PMI della filiera produttiva, necessiteranno di un adeguato supporto per definire in modo consapevole, razionale e efficiente nell’allocazione delle risorse i termini fondamentali della transizione.

I cinque elementi di novità

Oltre a questo, ci sono ulteriori cinque elementi di novità sul piano tecnico, che sono:

  1. l’obbligo di Assurance. L’informativa di sostenibilità prevista dalla CSRD sarà assoggettata alla “limited assurance”, con l’obiettivo di evolvere verso la “reasonable assurance”, applicata al bilancio civilistico. La revisione sarà effettuata da un accreditato “statutory auditor”.
  2. La digitalizzazione dell’informativa di sostenibilità. L’informazione in materia di sostenibilità e fattori ESG dovrà essere obbligatoriamente resa in formato digitale utilizzando il linguaggio XHTML e il linguaggio di marcatura XBRL. Ciò implicherà l’impiego di “tags” (etichette digitali).
  3. Uno standard unico di rendicontazione. Ai fini di garantire un’adeguata comparabilità nel tempo e nei confronti dell’informativa divulgata da imprese del medesimo settore industriale, le imprese saranno tenute ad adottare un unico standard di rendicontazione identificato nel corpo dei principi europei di rendicontazione in materia di sostenibilità, denominati ESRS (European Sustainability Reporting Standard). Con la precisazione che per le PMI saranno introdotti degli standard specifici, in modo da tener conto delle loro caratteristiche distintive.
  4. Il modello per la gestione dei rischi aziendali. Il presidio dei rischi aziendali è destinato a estendersi fino a ricomprendere i rischi climatici e ambientali, nei confronti dei quali sono previste forme di rendicontazione specifiche finalizzate a evidenziare la consistenza e l’efficacia del modello di gestione.
  5. La valutazione della value chain. L’informativa di sostenibilità dovrà includere anche le informazioni sugli impatti materiali, sui rischi e sulle opportunità collegate alle attività svolte a monte (upstream) e a valle (downstream) della catena del valore che emergeranno dall’attività di due diligence e dall’analisi di materialità (come descritto anche nella proposta della nuova direttiva sulla Corporate Sustainability Due Diligence).

Filippo Zanin – Professore Associato di Economia Aziendale, Università degli Studi di Udine