Avviso bonario e computo dei 30 giorni per la sua definizione

L’istanza di autotutela non sospende il termine e la mancata definizione entro 30 giorni comporta l’applicazione della misura piena delle sanzioni. È questo quanto stabilito dalla Corte di Cassazione.

Con ricorso proposto alla Commissione tributaria provinciale di Milano, un contribuente impugnava la cartella di pagamento recante l’iscrizione a ruolo delle maggiori sanzioni derivanti dal ritardato pagamento degli importi di cui alla comunicazione di irregolarità notificatagli nel corso del 2011, ai sensi dell’articolo 36bis, comma 3 del D.P.R. n. 600 del 1973. Il ricorrente, nel merito, deduceva che il ritardato pagamento (avvenuto cinque giorni dopo la scadenza del termine di 30 giorni prescritto dalla legge al fine di godere della riduzione delle sanzioni al 10%) era stato determinato dal comportamento dell’Amministrazione finanziaria, la quale, in violazione del principio di leale collaborazione sancito dall’art. 10 della legge n. 212 del 2000, non aveva fornito alcuna risposta a un’istanza presentata in autotutela relativa alla comunicazione di irregolarità. In aderenza al principio di leale collaborazione, secondo il contribuente, l’Amministrazione finanziaria avrebbe dovuto emettere un provvedimento, anche eventualmente negativo, in riscontro all’istanza di autotutela del contribuente.

L’Agenzia delle entrate, al contrario, riteneva di non aver violato alcun principio sancito nello Statuto del contribuente, evidenziando che “nessun obbligo giuridico di provvedere grava sull’Amministrazione finanziaria in caso di presentazione da parte del privato di un’istanza di autotutela”. In altri termini, secondo l’Agenzia, la mancata risposta dell’Amministrazione alla istanza di autotutela del privato non può determinare alcuna nullità dell’atto impositivo, né è idonea ad incidere sui termini previsti dalla legge per il pagamento delle imposte.

Contrariamente a quanto ritenuto dalla Commissione tributaria regionale che aveva in qualche modo dato ragione al contribuente, i giudici della Suprema corte, con sentenza 14 novembre 2019, n. 29650, hanno evidenziato che gli uffici dell’Agenzia delle entrate hanno correttamente applicato l’art. 2, del D.Lgs. n. 462 del 1997, a mente del quale per “le somme che, a seguito dei controlli automatici, ovvero dei controlli eseguiti dagli uffici, effettuati ai sensi degli articoli 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1972, n. 633, … l’iscrizione a ruolo non è eseguita, in tutto o in parte, se il contribuente o il sostituto d’imposta provvede a pagare le somme dovute … entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione, prevista dai commi 3 dei predetti articoli 36-bis e 54-bis, ovvero della comunicazione definitiva contenente la rideterminazione in sede di autotutela delle somme dovute, a seguito dei chiarimenti forniti dal contribuente o dal sostituto d’imposta. In tal caso, l’ammontare delle sanzioni amministrative dovute è ridotto ad un terzo…“.

Dal tenore letterale di quanto previsto dal suddetto articolo 2, si può evincere che il legislatore, con riferimento alle somme dovute a seguito di controlli automatici o formali, prevede l’attivazione della riscossione coattiva sulla base della mera rilevazione dell’irregolarità, pur essendo consentito al contribuente di attivarsi presso gli uffici competenti per fornire eventuali chiarimenti volti a dimostrare l’infondatezza totale o parziale della pretesa finanziaria.

Nel caso in cui il contribuente eserciti tale facoltà, tuttavia, va detto che non si realizza alcuna sospensione del termine di 30 giorni, decorrente dal ricevimento della comunicazione d’irregolarità, concesso al contribuente per effettuare il pagamento evitando l’iscrizione a ruolo ed usufruendo della riduzione ad un terzo dell’ammontare delle sanzioni. Tale sospensione opera soltanto nel caso in cui l’amministrazione finanziaria, a seguito dei chiarimenti forniti dal contribuente, ridetermini in sede di autotutela l’importo delle somme dovute e, in tal caso, decorrerà un nuovo termine dalla relativa comunicazione.

Ne deriva che, se la presentazione di una istanza in autotutela non è seguita da una comunicazione con cui vengono determinate nuovamente le somme dovute, il contribuente non può ritenersi dispensato dall’onere di pagare entro il termine di legge, decorrente dalla comunicazione d’irregolarità, al fine di usufruire della riduzione della sanzione, attesa l’autonomia del procedimento di riscossione coattiva da quello introdotto dalla richiesta di provvedere in autotutela.

Secondo la Corte di cassazione, quindi, il potere di autotutela, che peraltro è discrezionale, non è idoneo a ingenerare in capo al contribuente il legittimo affidamento in una risposta, né in senso sfavorevole, né tantomeno in senso favorevole. Di conseguenza, il principio espresso dalla Suprema corte comporta che, nel caso in cui il contribuente solleciti il potere di autotutela e fornisca chiarimenti volti per dimostrare l’infondatezza della pretesa finanziaria, non opera nessuna sospensione del termine di 30 giorni, che decorre dal ricevimento della comunicazione d’irregolarità. Si ricorda tuttavia che tale principio opera in senso contrario soltanto se, a seguito dei chiarimenti forniti dal contribuente in sede di autotutela, l’Agenzia delle entrate ridetermini l’importo delle somme dovute; in tal caso, infatti, il termine dei 30 giorni decorre dalla nuova comunicazione.

Da ultimo, i giudici della Suprema corte hanno messo in evidenza che la mancata risposta dell’Amministrazione non può comportare nemmeno violazione del principio di collaborazione e buona fede previsto dall’articolo 10, legge n. 212/2000 poiché, sottolinea la Corte, nel caso di cui trattasi, l’istanza di autotutela è stata presentata dal contribuente solo 2 giorni prima della scadenza del termine di 30 giorni dalla comunicazione di irregolarità; pertanto, sottolineano ancora i giudici, il contribuente, visto il breve lasso di tempo, non avrebbe potuto confidare in una risposta dell’Amministrazione entro un termine utile per usufruire della riduzione della sanzione.

Stante quanto sopra, quindi, si può concludere che la mancata risposta dell’Agenzia delle entrate a un’istanza presentata in autotutela dal contribuente non può gravare sul termine di 30 giorni previsto dall’articolo 2, comma 2, D.lgs. n. 462/1997, salvo il caso in cui a seguito dell’istanza siano stati rideterminati le somme dovute.

Massimo D’Amico – Centro Studi CGN