Il concetto di residenza fiscale

L’art.2, commi 1 e 2 del TUIR stabilisce la soggettività passiva IRPEF dei contribuenti e asserisce che sono considerati “soggetti passivi d’imposta le persone fisiche, residenti e non residenti nel territorio dello Stato. Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del Codice civile”.

La residenza fiscale viene riconosciuta quando, per la maggior parte del periodo dell’anno e cioè per più di 183 giorni, il soggetto soddisfa almeno uno sei seguenti requisiti:

  •  è iscritto nelle anagrafi della popolazione residente;
  •  ha fissato in Italia il proprio domicilio (il centro vitale dei propri interessi);
  •  ha stabilito in Italia la propria residenza (la dimora abituale).

Pertanto, la soggettività passiva d’imposta prescinde dall’età, dal sesso, dallo stato civile o dalla cittadinanza; ciò che rileva è la residenza. In particolar modo, per i soggetti residenti vale il principio secondo il quale devono essere tassati in capo ad un determinato soggetto tutti i redditi percepiti, indipendentemente dallo Stato in cui sono stati prodotti. Si ricorda che, in caso di morte della persona fisica, il periodo da considerare al fine di stabilire la sua residenza in Italia è quello che decorre tra l’inizio dell’anno e il momento del decesso.

Per ottenere l’iscrizione nell’Anagrafe della popolazione residente è necessario stabilire la propria residenza o il proprio domicilio in un Comune del territorio dello Stato. La cancellazione dall’anagrafe deve essere espressamente richiesta dalle persone fisiche che hanno stabilito la propria dimora abituale all’estero e che sono tenute all’iscrizione all’Anagrafe Italiana dei Residenti all’Estero (AIRE). Secondo quanto stabilito dalla Circolare n. 304/E/I/2/705 del 2 dicembre 1997, “la cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente e l’iscrizione all’AIRE non costituisce elemento determinante per escludere la residenza o il domicilio dello Stato, ben potendo, questi ultimi, essere desunti con ogni mezzo di prova, anche in contrasto con le risultanze dei registri anagrafici”.

È d’obbligo l’individuazione e la distinzione dei concetti di “domicilio” e di “residenza”:

  •  è detto domicilio il luogo in cui una persona ha stabilito la sede principale dei propri affari e dei propri interessi morali, familiari o sociali;
  •  è detta residenza, concettualmente, la permanenza stabile in un determinato luogo, con l’intenzionalità di rimanervi.

Ad esempio, un soggetto iscritto all’AIRE che lavora all’estero è considerato residente in Italia se la famiglia continua a risiedervi. In questo caso, infatti, la famiglia è considerata, relativamente al soggetto , l’elemento che permette il mantenimento in Italia dei legami familiari ed il centro dei propri interessi patrimoniali e sociali.

Si riassumono quali devono essere gli elementi da considerare per la determinazione della residenza fiscale, indipendentemente dalla presenza fisica del contribuente nello Stato italiano

La residenza, così come definita dal Codice civile, è il luogo in cui una persona ha la sua dimora abituale. Pertanto, sarà caratterizzata da due elementi:

  •  l’elemento oggettivo della stabile permanenza in un determinato luogo;
  •  l’elemento soggettivo della volontà a rimanervi.

È da segnalare, inoltre, che per abituale dimora non è necessaria la continuità e/o la definitività, così come stabilito dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 5292/1985. Pertanto, anche in caso di assenze, anche per lunghi periodi e per vari motivi (studio, lavoro, svago, ecc.), la residenza non viene meno.

Per quanto concerne, invece, il concetto di domicilio fiscale, sono da considerare la presenza nel territorio dello Stato italiano di:

  •  eventuale disponibilità  di un’abitazione permanente, anche tenuta a disposizione;
  •  presenza della famiglia;
  •  accreditamento di propri proventi, anche conseguiti all’estero;
  •  possesso di beni, anche mobiliari;
  •  partecipazione a riunioni d’affari;
  •  titolarità di cariche sociali;
  •  sostenimento di spese alberghiere, iscrizioni a circoli o a clubs;
  • organizzazione della propria attività direttamente o tramite soggetti che operano nel territorio dello Stato.

Come specificato dall’Agenzia delle Entrate, ai fini dell’accertamento della residenza fiscale del soggetto è necessario reperire ogni elemento concreto a comprova di eventuali legami familiari o affettivi presenti in Italia, gli interessi economici che tale soggetto ha in essere in Italia e la sua volontà  o il suo interesse affinché eventuali suoi capitali rientrino nello Stato italiano. Deve inoltre essere accertata anche la volontà del soggetto di voler, in futuro, rientrare ed abitare in Italia.

Tali accertamenti trovano applicazione soprattutto in caso di doppia residenza nel corso del periodo d’imposta.

È con la Risoluzione n. 471/2008 che l’Agenzia interviene specificando: “…. ai fini della normativa italiana – e, dunque, anche di quella convenzionale, che rinvia sul punto alle norme interne – non è possibile considerare un soggetto residente limitatamente ad una frazione dell’anno d’imposta…”.

È il caso, ad esempio, del soggetto che trasferisce la residenza all’estero nella seconda metà dell’anno. In questo caso, al fine di stabilirne la residenza, è necessario valutare la sua situazione per tutto il periodo d’imposta. Pertanto, se il trasferimento è intervenuto dopo che il soggetto ha maturato i requisiti per la residenza in Italia, egli continua ad essere tassato nello Stato anche per i redditi prodotti nel secondo periodo dell’anno, durante il quale è residente estero, fatte salve le Convenzioni bilaterali.

Ed ancora, nel caso in cui un cittadino lavori tutta la settimana in un Paese estero e rientri in Italia solo nel week end, egli è considerato residente in Italia, centro dei suoi interessi sociali, per il solo fatto che vi rientra sistematicamente, con conseguente tassazione nello Stato italiano.

Come indicato nell’art.2 comma, 2-bis del TUIR, “si considerano altresì residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati nelle anagrafi della popolazione residente ed emigrati in Stati o territori avente un regime fiscale privilegiato, individuati con decreto del Ministero delle finanze da pubblicare sulla Gazzetta Ufficiale”.

Gli Stati e i territori aventi regime fiscale privilegiato sono stati individuati con il Decreto Ministeriale del 14 maggio 1999 e con il Decreto Ministeriale del 27 luglio 2010 (c.d. Paesi Black List).

L’Agenzia delle Entrate provvederà ai dovuti controlli sulla residenza del soggetto, anche a mezzo di verifiche incrociate con le autorità estere. L’onere della prova è in capo al soggetto stesso. Egli dovrà dimostrare l’insussistenza in Italia del concetto di dimora abituale, come precedentemente esposto.

Rita Martin – Centro Studi CGN